Chiusi dentro scarpe troppo strette, trascurati e a volte ignorati, difficilmente i piedi sono al centro della nostra attenzione. Eppure sono fondamentali per la nostra salute. Avete mai pensato che il peso del nostro corpo grava tutto sulla superficie plantare? Uno dei fastidi più tipici di questa zona sono i calli: ma che cosa sono e come si curano definitivamente? Ospite della trasmissione Il mio medico, in onda su Tv2000, il professor Luca Avagnina, podoiatra, ci spiega i trattamenti più innovativi per eliminare definitivamente questo disturbo non solo estetico .
Professore, innanzitutto che cos’è un callo?
«Un callo, il cui termine medico corretto sarebbe ipercheratosi, è un ispessimento della pelle, che fino a un certo punto è assolutamente fisiologico quale naturale sistema di difesa contro un’aggressione meccanica o un iperutilizzo della cute stessa o di parte di essa in una determinata zona, dopodiché la stessa difesa diventa patologica e inizia una sintomatologia dolorosa e progressivamente sempre più estesa e profonda rispetto alla pelle sana, prendendo anche il nome di discheratosi».
Calli, duroni e verruche sono la stessa cosa?
«Bisogna differenziare tra il cosiddetto “callo” che è una lesione circoscritta ma molto profonda, da un cosiddetto “durone” che risulta più ampio ma meno profondo. I “calli” sono quelli più tipici delle dita, mentre i duroni sono più caratteristici della zona plantare anteriore sotto la zona dei metatarsi. Le verruche invece sono una patologia tutta a sé stante, in quanto di origine virale e non meccanica, che però hanno in comune con i calli e i duroni la formazione di ipercheratosi, per cui spesso vengono confuse con essi alla semplice vista. La diagnosi differenziale è clinica e qualsiasi bravo podoiatra è in grado di effettuarla con una semplice visita podologica».
Ma perché si formano questi ispessimenti tanto fastidiosi?
«Come già detto prima, l’origine è per il 90 per cento di tipo meccanico, cioè un’anomala pressione perpetuata per troppo tempo o a causa di calzature strette in punta o non adatte al proprio piede, o per difetti di postura o di camminata. Certe aree vengono troppo sollecitate e si difendono formando cheratina, fino però al punto che, non potendo più sopportare tali pressioni, diventano esse stesse patologiche e dolorose, per “avvisarci” che forse dovremmo cambiare qualcosa o prendere dei provvedimenti. Diverso è se l’origine è virale o dipendente da altre cause sistemiche dove solo un podoiatra può effettuare una diagnosi corretta».
Se notiamo questo tipo di ispessimento della pelle che cosa dovremmo fare, ma anche che cosa dovremmo evitare?
«La prima cosa da fare è notare dove sono localizzati e se tali ispessimenti si accentuano con qualche tipo particolare di calzature rispetto ad altre, e in questo caso ovviamente eliminarle o almeno ridurne l’uso a poche occasioni. In particolare, quando si sa di dover stare molto tempo in piedi o peggio ancora di dover fare lunghe camminate anche solo in città. Da evitare tutti i cheratolitici o i cosiddetti “callifughi” che possono risultare molto dannosi in certe situazioni come, ad esempio, per pazienti anziani o diabetici o reumatici, perché possono aggredire anche la pelle sana o creare addirittura lesioni e ulcere molto pericolose. Da evitare anche i cosiddetti “pedicure” effettuati da estetiste non laureate in podoiatria, perché come già detto, oltre a non risolvere il problema in quanto agiscono solo sull’effetto e non sulla causa - e tra l’altro senza neanche mai trovare una soluzione definitiva - soprattutto non sono in grado di capire la vera origine della lesione, che può anche risalire a malattie sistemiche che, se tardivamente diagnosticate, possono divenire invalidanti e ritardare in maniera pericolosa il ricorso alle corrette terapie che sono necessarie».
Allora vediamo quali sono i trattamenti più innovativi per questo disturbo non solo antiestetico, ma che può causare anche conseguenze più gravi...
«Esistono inizialmente trattamenti incruenti che prevedono la semplice rimozione attraverso strumenti podoiatrici indolori, come la turbina e la successiva loro protezione attraverso ortesi digitali in silicone fatte su misura, definite tecnicamente “ortoplastie” per quello che riguarda i calli delle dita, o la prescrizione e realizzazione di speciali plantari sempre su misura definiti più correttamente “podortotici”, per ciò che concerne i duroni. Inoltre, il podoiatra prescriverà specifici farmaci locali in crema o gel per il riequilibrio del normale ricambio cellulare che si era alterato o per curare i virus o le altre cause della discheratosi in base alla diagnosi effettuata. Se questi non hanno successo, oggi ricorriamo alla chirurgia podoiatrica mininvasiva che con piccolissimi forellini di soli 3 millimetri agisce con piccoli tagli sulla parte ossea eccedente o sulle strutture molli adiacenti, come tendini o capsule articolari».
Dopo la rimozione che cosa avviene? Possiamo tornare a camminare subito?
«Se viene effettuato un semplice trattamento podologico di rimozione, protezione, e rigenerazione cutanea, il beneficio deve essere in genere immediato. Se si è dovuti ricorrere invece a un intervento podoiatrico, grazie a queste nuove tecniche che non prevedono né chiodi, né viti, e neanche fili metallici, il carico e la ripresa della camminata è comunque immediato. Se, tuttavia, si sono dovute effettuare delle piccole osteotomie, ci vorrà sempre il tempo di consolidazione del callo osseo fisiologico di circa quattro settimane prima di poter rimettere le proprie calzature».
Che cosa sono le ortesi e a che cosa servono?
«Le ortesi come accennato possono essere digitali o plantari a seconda di dove si è manifestata la ipercheratosi patologica. Non dobbiamo pensare che un podortotico possa risolvere i calli digitali né che un’ortoplastia possa curare i duroni plantari. Né bisogna lasciarsi ingannare dalle pubblicità di cosiddetti “plantari” già preconfezionati con poteri miracolosi su tutte le patologie relative alla schiena, anche se venduti in negozi di sanitari o in televisione, che altro non sono che semplici solette più o meno simili a quelle già esistenti in molte calzature “con plantare”. Ricordo che un “plantare” è un vero dispositivo medico su misura che solo un podoiatra su propria prescrizione, o un tecnico ortopedico su prescrizione di un podoiatra o di altro medico può effettuare. Tutti gli altri sono considerati semplici “solette”, destinate solo a chi non ha nessuna patologia conclamata in atto».
Ci sono casi per i quali è necessaria la chirurgia?
«La chirurgia è un validissimo strumento in più nelle mani di un bravo podoiatra per tutti quei casi dove non si tratta soltanto di un problema “funzionale” meccanico legato all’uso di calzature scorrete o a difetti di postura o errata deambulazione. Quando, per cause ereditarie o acquisite, si siano ingenerate delle deformità ossee importanti, solo modificandone la forma con la chirurgica si può agire definitivamente sulla vera causa. Ribadisco, però, ancora una volta, che la chirurgia mininvasiva è da preferire rispetto alla chirurgia tradizionale. Purtroppo nel nostro Paese la praticano ancora in pochi, specie in ambito sanitario nazionale tradizionale, per questo tipo di patologie avampodaliche e in particolar modo digitali».
Abbiamo già detto che una delle soluzioni più efficaci proviene anche dalla scelta delle calzature. A che cosa dovremmo fare attenzione?
«Dovremmo imparare a riconoscere il nostro tipo di piede: greco, egiziano o quadrato e la nostra “formula” metarsale, se prevede un alluce più lungo o più corto degli altri metatarsi vicini, e da questo imparare a scegliere le scarpe più adatte al nostro piede. Non dobbiamo pensare che comperando un numero o mezzo in più il nostro problema si risolva, in quanto per ogni numero in più aumentiamo di 6 millimetri la lunghezza della scarpa, ma guadagniamo solo 1,5 millimetri in più in larghezza. Ecco perché alcune aziende di calzature più illuminate e attente alla salute dei consumatori, prevedono nella loro offerta, a parità di numero, una taglia small, medium o large, proprio per adattarla al massimo alle differenti forme di avampiedi nella specie umana».