Il liturgista don Silvano Sirboni
Nella parrocchia San Martino di Rebbio (Como) la mattina di Natale i fedeli presenti alla messa hanno ascoltato i versetti del Vangelo ma anche, a fine celebrazione, quelli del Corano che annunciano la nascita di Cristo. A leggerli, come informa il sito della parrocchia, Nour Fayad, rappresentante dell'associazione culturale Assirat che si prende cura della comunità libanese musulmana sciita in Italia. Dopo, ha preso la parola il presidente dell'associazione, Abdul Aziz Hamze, che ha letto un messaggio d’auguri. «In questo giorno santo si celebra la nascita del Messia, Gesù, figlio di Maria. Che la pace sia su entrambi», ha detto. Da alcuni anni, il parroco di Rebbio don Giusto della Valle mette a disposizione della comunità musulmana uno spazio per la preghiera e per eventi culturali. Abbiamo chiesto al liturgista don Silvano Sirboni un parere sulla decisione di leggere il Corano sia pure alla fine della celebrazione eucaristica all’interno di una chiesa cattolica. L’iniziativa, spiega Sirboni, è una «ventata di aria non inquinata dall'odio e da quello scontro religioso che, purtroppo, sta innalzando muri che non aiutano a costruire ponti e che non risolvono i gravi problemi dell'immigrazione di massa, ma acuiscono le divisioni, avvelenano gli animi e alimentano quegli estremismi che strumentalizzano la religione per giustificare guerre e orribili atrocità che di santo non hanno proprio niente».
Nulla da eccepire quindi neanche dal punto di vista liturgico? «La presenza dei rappresentanti dell’associazione», risponde, «è stata liturgicamente corretta perché collocata al termine del rito eucaristico cristiano, come pure i due interventi e la lettera di auguri. Testi molto rispettosi della fede e dell'identità cristiana». Per Sirboni, l’iniziativa va nella direzione auspicata da papa Francesco: «Dal punto di vista di quel rispetto reciproco che non rinuncia alla propria identità, ma neppure al dialogo è stato certamente un fatto positiva la presenza in chiesa dell'Associazione culturale che si prende cura della comunità musulmana libanese», chiarisce. «È sorprendente e significativo che questo dialogo interreligioso sia addirittura oggetto della Bolla di indizione del Giubileo straordinario della Misericordia. Vale la pena di riportarlo al di sopra di tutte le altre considerazioni. “La misericordia possiede una valenza che va oltre i confini della Chiesa. Essa ci relaziona all'Ebraismo e all'Islam, che la considerano uno degli attributi più qualificanti di Dio... L'Islam, da parte sua, tra i nomi attribuiti al Creatore pone quello di Misericordioso e Clemente. Questa invocazione è spesso sulle labbra dei fedeli musulmani, che si sentono accompagnati e sostenuti dalla misericordia divina perché le sue porte sono sempre aperte. Questo anno giubilare vissuto nella misericordia posssa favorire l'incontro con queste religioni e con le altre nobili tradizioni religiose; ci renda più aperti al dialogo per meglio conoscerci e comprenderci; elimini ogni forma di chiusura e di disprezzo ed espella ogni forma di violenza e di discriminazione” (Misericordiae Vultus, 23)». Per questo, conclude Sirboni, «la comunità cristiana di Rebbio sembra che si sia inserita correttamente, senza sbavature, in questo contesto giubilare».