Le parole che Papa Francesco ha rivolto a Comunione e Liberazione nel del primo centenario della nascita di don Luigi Giussani possono segnare un tornante decisivo della storia di questo movimento ecclesiale, soprattutto alla luce di passaggi delicati della sua storia nella stagione seguita alla morte del Fondatore (2005).
Si è infatti assistito, soprattutto negli ultimi anni, a un logorante "conflitto delle interpretazione" sul "carisma" di questa realtà ecclesiale, soprattutto alla luce di alcune direttive dell’autorità ecclesiastica pensate per garantire una conduzione ordinata e istituzionalmente corretta dei movimenti.
In questo scenario è decisivo il richiamo di Francesco: «Non sono per niente facili i periodi di transizione, quando il padre fondatore non è più fisicamente presente» (Ibid.). La storia della Chiesa offre non pochi esempi di come il cammino di un’opera ecclesiale dopo la scomparsa del Fondatore incontri sempre qualche momento di difficoltà: la vicenda drammatica del movimento francescano ne è una illustrazione emblematica, addirittura già rilevabile negli anni in cui il Santo di Assisi era ancora in vita.
Le fatiche di questi anni non sono dunque un unicum di questo movimento; resta il fatto che «non sono mancati seri problemi, divisioni, e certo anche un impoverimento nella presenza di un movimento ecclesiale così importante come Comunione e Liberazione, da cui la Chiesa, e io stesso, spera di più, molto di più. I tempi di crisi sono tempi di ricapitolazione della vostra straordinaria storia di carità, di cultura e di missione; sono tempi di discernimento critico di ciò che ha limitato la potenzialità feconda del carisma di don Giussani; sono tempi di rinnovamento e rilancio missionario alla luce dell’attuale momento ecclesiale, come pure delle necessità, delle sofferenze e delle speranze dell’umanità contemporanea. La crisi fa crescere. Non va ridotta al conflitto, che annulla. La crisi fa crescere» (Ibid.).
Se si cercano le ragioni di un evidente impoverimento della presenza di questo movimento, una possibile risposta si può trovare in una assolutizzazione della figura del carisma: per anni al centro dell’attenzione è stata un’enfasi - certo in qualche modo rassicurante, ma alla fine retorica - sulla perfetta continuità nella guida di Comunione e Liberazione di chi è succeduto a don Giussani. Questo fenomeno ha prodotto la ricerca di una astratta “ortodossia” nella lettura dei testi del Fondatore, che non poteva che generare divisioni, polemiche, alla fine un’autoreferenzialità diffusa in non pochi aspetti della vita delle comunità.
D’altra parte nel nome stesso del movimento è esplicita l’intuizione originale donata a don Giussani (carisma) per cui la forma di vita cristiana (Comunione) ha come sua ragion d’essere la missione nel mondo (Liberazione)
Viene allora da chiedersi se una minore fecondità missionaria di questo movimento non sia dipesa, in questi anni, da un singolare errore di prospettiva: si è continuamente affermata “la fedeltà al carisma”, ma non sempre si è stati vigilanti sul suo contenuto originale, da trasmettere integralmente.
Il carisma di don Giussani è inseparabile da un impeto missionario messo in campo sempre, dovunque e comunque: «Da vero apostolo, quando vedeva che nei ragazzi si era accesa questa sete, non aveva paura di presentare loro la fede cristiana. Ma senza mai imporre nulla. Il suo approccio ha generato tante personalità libere, che hanno aderito al cristianesimo con convinzione e passione; non per abitudine, non per conformismo, ma in modo personale e in modo creativo. Don Giussani aveva una grande sensibilità nel rispettare l’indole di ognuno, rispettare la sua storia, il suo temperamento, i suoi doni. Non voleva persone tutte uguali e non voleva nemmeno che tutti imitassero lui, che ognuno fosse originale, come Dio lo ha fatto. E infatti quei giovani, crescendo, sono diventati, ciascuno secondo la propria inclinazione, presenze significative in diversi campi, sia nel giornalismo, nella scuola, nell’economia, nelle opere caritative e di promozione sociale» (Ibid.).
Come Francesco ha ricordato, nella vita della chiesa è ben nota una polarità tra carisma ed istituzione. In questi anni è sembrato che il movimento di Comunione e Liberazione sia stato attraversato da una inedita polarizzazione tra carisma e presenza nel mondo.
In estrema sintesi si può dire che con l’Udienza del 15 ottobre, il Papa ha invitato il movimento a congedarsi da una inutile e logorante “disputa sul carisma”, per assumere fino in fondo la sua stessa ragione d’essere «la passione per l’uomo e la passione per Cristo come compimento dell’uomo» (Ibid.).
Lasciarsi provocare da questa correzione può accompagnare il movimento a lasciarsi sfidare dalle circostanze del tempo presente che, con urgenza non certo minore rispetto agli anni in cui don Giussani ha vissuto e operato, chiedono una presenza operosa della comunità cristiana in ogni ambiente della nostra società.
Gilfredo Marengo