Dobbiamo conoscere bene noi stessi per non essere ingannati nella ricerca del vero bene Papa Francesco continua la catechesi sul discernimento spiegando che c’è una consolazione autentica e una fallace. Quella autentica ci guida verso Dio, l’altra verso noi stessi. Ma per riconoscere la vera consolazione dobbiamo esercitarci su alcuni criteri come quelli indicati da Sant’Ignazio di Loyola.
«Se nei pensieri tutto è buono, il principio, il mezzo e la fine, e se tutto è orientato verso il bene, questo è un segno dell’angelo buono. Può darsi invece che nel corso dei pensieri si presenti qualche cosa cattiva o distrattiva o meno buona di quella che l’anima prima si era proposta di fare, oppure qualche cosa che indebolisce l’anima, la rende inquieta, la mette in agitazione e le toglie la pace, la tranquillità e la calma che aveva prima: questo allora è un chiaro segno che quei pensieri provengono dallo spirito cattivo». Il Pontefice spiega come capire, ad esempio, se il principio è orientato al bene. e sottolinea che se, «ad esempio, ho il pensiero di pregare, e noto che si accompagna ad affetto verso il Signore e il prossimo, invita a compiere gesti di generosità, di carità: è un principio buono». Però può anche accadere, «come in convento» che quel pensiero mi venga per evitare un altro incarico che mi è stato dato. Per esempio, mi viene voglia di pregare quando devo lavare i piatti o pulire la casa. «Ma la preghiera non è una fuga dai propri compiti, al contrario è un aiuto a realizzare quel bene che siamo chiamati a compiere, qui e ora. E quindi prima lava i piatti e poi vai a pregare».
Sul mezzo, invece, dobbiamo vedere «ciò che segue quel pensiero. Rimanendo nell’esempio precedente, se comincio a pregare e, come fa il fariseo della parabola, tendo a compiacermi di me stesso e a disprezzare gli altri, magari con animo risentito e acido, allora questi sono segni che lo spirito cattivo ha usato quel pensiero come chiave di accesso per entrare nel mio cuore e trasmettermi i suoi sentimenti. Se vado a pregare e mi viene in mente come il fariseo quella preghiera e prego per sentirmi un pavone davanti a Dio», per esempio, questo è un chiaro segno di uno spirito cattivo.
«E poi», dice il Papa, «c’è la fine. La fine è un aspetto che abbiamo già incontrato, e cioè: dove mi porta quel pensiero? Ad esempio, può capitare che mi impegni a fondo per un’opera bella e meritevole, ma questo mi spinge a non pregare più perché sono indaffarato, mi scopro sempre più aggressivo e incattivito, ritengo che tutto dipenda da me, fino a perdere fiducia in Dio. Qui evidentemente c’è l’azione dello spirito cattivo. io mi metto a pregare, poi nella preghiera mi sento onnipotente perché sono l'unico o l'unica che sa fare e non c'è più quello spirito buono».
Dobbiamo analizzare «bene il principio, la metà e la fine» perché «lo stile del nemico, quando parliamo del nemico parliamo del diavolo, che esiste, è di presentarsi in maniera subdola, mascherata: parte da ciò che ci sta maggiormente a cuore e poi ci attrae a sé, a poco a poco: il male entra di nascosto, senza che la persona se ne accorga. E con il tempo la soavità diventa durezza: quel pensiero si rivela per come è veramente».
Per questo dobbiamo fare l'esame di coscienza perché «quanto più conosciamo noi stessi, tanto più avvertiamo da dove entra il cattivo spirito, le sue “password”, le porte d’ingresso del nostro cuore, che sono i punti su cui siamo più sensibili, così da farvi attenzione per il futuro. Ognuno di noi ha punti più sensibili e più deboli e da lì entra il cattivo spirito che ci toglie dalla strada giusta».
Dobbiamo riflettere sulle nostre giornate. «L’esame di coscienza quotidiano è la fatica preziosa di rileggere il vissuto sotto un particolare punto di vista. Accorgersi di ciò che capita è importante, è segno che la grazia di Dio sta lavorando in noi, aiutandoci a crescere in libertà e consapevolezza. La consolazione vera è una sorta di conferma del fatto che stiamo compiendo ciò che Dio vuole da noi, che camminiamo sulle sue strade, cioè nelle strade della vita, della gioia, della pace. Il discernimento, infatti, non verte semplicemente sul bene o sul massimo bene possibile, ma su ciò che è bene per me qui e ora: su questo sono chiamato a crescere, mettendo dei limiti ad altre proposte, attraenti ma irreali, per non essere ingannato nella ricerca del vero bene». E infine il Papa invita ad «andare avanti nel capire cosa succede nel mio cuore e per questo ci vuole l'esame di coscienza per sapere cosa è successo non nei giornali, ma nel mio cuore. Il mio cuore è cresciuto? Cosa è successo nel mio cuore? Cercare la radice del mio sbaglio. Imparare a leggere nel libro del nostro cuore, cosa è successo durante la giornata . Fatelo, sono due minuti, ma vi farà bene, ve lo assicuro».