Più che la Casa Bianca, quella di Donald Trump è la casa dei bianchi. Brutti, sporchi e cattivi. Possibilmente razzisti, nazisti e antisemiti. Il presidente americano continua a lisciare il pelo alla frangia più estremista e inguardabile del suo elettorato e, con nuove dichiarazioni sugli episodi di violenza che nei giorni scorsi hanno sconvolto Charlottesville, Trump torna a mettere sullo stesso piano i suprematisti bianchi con gli antirazzisti.
Charlottesville, in Virginia, nei giorni scorsi ha ospitato un raduno dei suprematisti bianchi che protestavano per la rimozione di una statua del generale Robert Lee, protagonista della guerra civile americana e comandante degli stati confederati e schiavisti. Il raduno “Unite the Right”, che ha raccolto diversi movimenti dell’estrema destra americana, è stato contestato da gruppi di attivisti antirazzisti accorsi nella città della Virginia di lunga tradizione progressista (i suoi elettori hanno votato all’80 per cento per Hillary Clinton).
Gli scontri hanno provocato diversi feriti e sabato sono degenerati quando un’auto si è schiantata contro la folla provocando la morte di Heather Heyer, una donna di 32 anni contestatrice del raduno, e il ferimento di altre 19 persone. L’omicida alla guida, James Alex Field, 20 anni, arrestato, ha legami con movimenti di estrema destra.
Di fronte a questi fatti gravissimi, Trump ha reagito su Twitter con una dichiarazione molto tiepida (“Non c’è posto per questo tipo di violenze in America: dobbiamo essere uniti!”), senza alcuna condanna esplicita di chi era chiaramente dalla parte del torto, cioè i suprematisti bianchi.
Messo sotto pressione dall’opinione pubblica, dalle poche persone più avvedute del suo staff, da molti esponenti del partito repubblicano, lunedì Trump ha finalmente condannato i gruppi razzisti definendo “ripugnanti” organizzazioni come il Ku Klux Klan e quelle di ispirazione neo nazista.
Ma il vero Trump è tornato allo scoperto martedì, in una bizzarra, confusa e nervosa conferenza stampa che si è svolta davanti agli ascensori nell’atrio lussuoso della Trump Tower, il grattacielo costruito dal palazzinaro newyorchese nel cuore di Manhattan. Incalzato dalle domande, Trump ha messo da parte ogni prudenza ripetendo che anche l’estrema sinistra condivide la responsabilità per la violenza a Charlottesville, ma “nessuno vuole dirlo”. “C’era un gruppo cattivo da una parte e dall’altra parte c’era un altro gruppo molto violento”, ha detto Trump. Trump ha aggiunto che fra chi marciava contro l’abbattimento della statua di Lee c’erano “molte brave persone”.
Parole dolci come il miele per le orecchie di David Duke, ex leader del Ku Klux Klan, che su Twitter ha cinguettato: “Grazie presidente Trump per l’onestà e il coraggio di dire la verità circa Charlottesville e per la condanna dei terroristi di sinistra”.
Le parole di Trump hanno scatenato una nuova tempesta sulla Casa Bianca, non solo negli Stati Uniti, ma anche nel resto del mondo. Scrive la BBC: “Se le prime dichiarazioni di Trump su Charlottesville avevano scatenato un incendio, martedì il presidente ha gettato sul fuoco un secchio di kerosene e si è messo a danzare attorno alle fiamme”. In Israele il quotidiano “Haaretz” titola che “in un giorno di infamia Trump ha rivelato il suo vero cuore oscuro”. L’editorialista Chemi Shalev scrive: “Chi sta appoggiando Trump, dal suo vice Pence, al capo di gabinetto Kelly al premier israeliano Netanyahu, resterà insozzato dalle turpitudini eruttate dalla sua bocca”. Ovviamente in Israele c’è molta preoccupazione per lo spazio che negli Stati Uniti stanno prendendo i movimenti di ispirazione neo nazista e perciò chiaramente anti semiti. “Il peggio”, scrive il quotidiano progressista israeliano, “deve ancora arrivare”. Intanto sulla prima pagina del quotidiano francese “Le Monde” il vignettista Plantu raffigura un Trump gesticolante con i cappucci del Ku Klux Klan che gli coprono i polpastrelli.
Il “New York Times” ricorda che negli ultimi 16 anni i suprematisti bianchi si sono resi responsabili di 49 omicidi e rappresentano il più sanguinario gruppo estremista attivo negli Stati Uniti. I suprematisti bianchi hanno sempre rappresentato un’ala estrema dell’elettorato repubblicano, ma in passato tutti i presidenti, da Reagan ai Bush padre e figlio, hanno condannato l’ideologia razzista dei suprematisti. Quando nel 1991 David Duke, ex leader del Ku Klux Klan, si candidò nelle elezioni per il governatore della Louisiana, l’allora presidente George Bush gli spezzò le gambe definendolo un “ciarlatano bugiardo” che non poteva avere spazio sulla scena politica a causa delle sue idee razziste e intolleranti..
Ma erano altri tempi. Invece in questi giorni capita anche , è successo ieri a Washington, che venga imbrattato con scritte oscene il Lincoln Memorial, il solenne monumento dedicato al presidente che abolì la schiavitù. Nell’America di Trump tira davvero una brutta aria.