Sono una laureanda in Scienze della formazione primaria. Sembra che nessuno si accorga di quanto sta succedendo con l’articolo 4 del Decreto dignità e di quali saranno le conseguenze di un concorso non selettivo che esclude la maggior parte dei laureati (non riusciamo a maturare i due anni di servizio per accedervi). Un concorso non selettivo che non può garantire insegnanti di qualità per una scuola di qualità. Davanti a tutto ciò siamo sempre più avviliti, sembrano inutili i 5 anni di studio, i tanti esami e tirocini, le lezioni sulla qualità della scuola. Non vogliamo una guerra tra diplomati e laureati, ma pari opportunità e un trattamento equo!
LIVIA
— Cara Livia, comprendo bene le tue ragioni. Chi non sarebbe amareggiato al posto tuo: sei una studentessa che sta per concludere un ciclo di studi frutto di passione e impegno, con la speranza di poter presto realizzare il tuo sogno di diventare maestra e vedi sempre più lontano l’ingresso in aula a tutto vantaggio di chi non ha fatto alcun percorso accademico. Ho ascoltato in Rete le parole di protesta che il 30 luglio avete pronunciato davanti a Montecitorio sostenuti dai professori di Pedagogia della Società italiana di ricerca didattica ed educativa, che hanno espresso il loro dissenso di fronte a un concorso straordinario previsto appunto dall’articolo 4 del Decreto dignità, al quale potranno sì partecipare i laureati in Scienze della formazione primaria, ma soltanto a condizione che abbiano svolto, nel corso degli ultimi otto anni, almeno due anni di supplenza presso le scuole statali. Difficile per chi ha concluso da poco il suo percorso di studi. Requisito certo, invece, dell’altra categoria a cui è riservato il concorso straordinario: i diplomati magistrali entro l’a.s. 2001/2002. Un concorso che è appunto straordinario: prevede una prova orale non selettiva che darà 30 punti al massimo e una valutazione titoli che ne garantisce fino a 70. Nessuna vera selezione, dunque. Ma chi sono, da vicino, i diplomati magistrali, anche loro più volte in protesta negli ultimi tempi? Non hanno una laurea, certo, ma hanno prole al seguito. Perché se per quindici anni viene consentito di insegnare con un diploma dichiarato abilitante, un quarantenne magari i figli li fa pure e si illude anche di poterli mantenere in futuro. In Italia non c’è un bianco o un nero, ma spesso tante sfumature di grigio. Forse è questo il reale problema, in primo luogo della scuola italiana: un susseguirsi di ministri e di riforme, un’incertezza costante, percorsi affrontati con angoscia fin dal principio perché si cammina con il terrore che ogni più splendida promessa sia destinata imprevedibilmente via via a trasformarsi in miraggio.