Il terrorismo non ha niente a che fare con la religione. Papa Francesco lascia il Kazakhstan, parlando ai capi delle religioni mondiali e tradizionali al termine dei giorni di visita e lavoro, sottolineando, come afferma «la Dichiarazione del nostro Congresso» che «l’estremismo, il radicalismo, il terrorismo e ogni altro incentivo all’odio, all’ostilità, alla violenza e alla guerra, qualsiasi motivazione od obiettivo si pongano, non hanno nulla a che fare con l’autentico spirito religioso e devono essere respinti nei termini più decisi possibili: condannati, senza “se” e senza “ma”». I giorni di lavoro sono stati vissuti in un momento difficile, «su cui grava, oltre alla pandemia, l’insensata follia della guerra. Ci sono troppi odi e divisioni, troppa mancanza di dialogo e comprensione dell’altro: questo, nel mondo globalizzato, è ancora più pericoloso e scandaloso», afferma il Pontefice. In Kazakhstan è arrivato con il motto “Messaggeri di pace e unità», al plurale, precisa, perché bisogna agire e camminare insieme. «Non possiamo andare avanti collegati e separati, connessi e lacerati da troppe disuguaglianze». Questo evento, ispirato dalla Giornata di Preghiera per la pace nel mondo convocata nel 2002 da Giovanni Paolo II ad Assisi, per riaffermare il contributo positivo delle tradizioni religiose al dialogo e alla concordia tra i popoli dopo quanto accaduto l’11 settembre 2001, ha portato nella capitale kazaka, dal 2003 ogni tre anni, grandi personalità da tanti Paesi del mondo. E oggi, in occasione del Congresso numero sette, questo incontrarsi è provvidenziale, spiega il Papa, perché «il terrorismo di matrice pseudo-religiosa, l’estremismo, il radicalismo, il nazionalismo ammantato di sacralità fomentano ancora timori e preoccupazioni nei riguardi della religione».
Insieme, nella Dichiarazione, i leader - che celebranno l'VIII Congresso nel 2025 - hanno affermato anche «che il mutuo rispetto e la comprensione devono essere considerati essenziali e imprescindibili nell’insegnamento religioso». Inoltre occorre un legame sano tra politica e religione, «distinzione, non confusione né separazione». Richiama il simbolo del Paese, l’aquila che vola nel cielo blu per dire «“No” alla confusione, per il bene dell’essere umano, che ha bisogno, come l’aquila, di un cielo libero per volare, di uno spazio libero e aperto all’infinito che non sia limitato dal potere terreno. Una trascendenza che, d’altro canto, non deve cedere alla tentazione di trasformarsi in potere, altrimenti il cielo precipiterebbe sulla terra, l’oltre divino verrebbe imprigionato nell’oggi terreno, l’amore per il prossimo in scelte di parte».
La Dichiarazione condanna le persecuzioni - «quante persone ancora oggi sono perseguitate e discriminate per la loro fede» - ricorda il Pontefice. E chiede «con forza ai governi e alle organizzazioni internazionali competenti di assistere i gruppi religiosi e le comunità etniche che hanno subito violazioni dei loro diritti umani e delle loro libertà fondamentali, e violenze da parte di estremisti e terroristi, anche come conseguenze di guerre e conflitti militari».
Ma la libertà religiosa non può essere un concetto astratto. Per questo sono importanti momenti come questo Congresso cui la Santa Sede ha aderito fin dall’inizio e vi ha partecipato attivamente. «La via del dialogo interreligioso», spiega Francesco, «è una via comune di pace e per la pace, e come tale è necessaria e senza ritorno. Il dialogo interreligioso non è più solo un’opportunità, no, è un servizio urgente e insostituibile all’umanità».
Il punto comune su cui convergere è sempre l’umanità. «Tutte le vie della Chiesa conducono all’uomo», aveva detto Giovanni Paolo II visitando questo Paese. «Vorrei dire oggi che l’uomo è anche la via di tutte le religioni», aggiunge Francesco. «Sì, l’essere umano concreto, indebolito dalla pandemia, prostrato dalla guerra, ferito dall’indifferenza!» E allora «si guardi al bene dell’essere umano più che agli obiettivi strategici ed economici, agli interessi nazionali, energetici e militari, prima di prendere decisioni importanti».
Il Papa chiede di proteggere i bambini, i giovani, gli anziani, le famiglie. Di fondare le proprie scelte sulla trascendenza e la fratellanza. «La trascendenza, l’Oltre, l’adorazione. È bello che ogni giorno milioni e milioni di uomini e di donne, di varie età, culture e condizioni sociali, si riuniscono in preghiera in innumerevoli luoghi di culto. È la forza nascosta che fa andare avanti il mondo. E poi la fratellanza, l’altro, la prossimità: perché non può professare vera adesione al Creatore chi non ama le sue creature. Questo è l’animo che pervade la Dichiarazione del nostro Congresso», dice Francesco. E sottolinea, della Dichiarazione, tre parole: pace, donna, giovani.
«La prima è la sintesi di tutto, l’espressione di un grido accorato, il sogno e la meta del nostro cammino: la pace! Beybitşilik, mir, peace!
La pace è urgente perché qualsiasi conflitto militare o focolaio di tensione e di scontro oggi non può che avere un nefasto “effetto domino” e compromette seriamente il sistema di relazioni internazionali». Le religioni, consapevoli che la pace non è semplice assenza di guerra, devono fare di tutto perché si combattano ingiustizie e disuguaglianze. «Noi, che crediamo nel Creatore di tutti, dobbiamo essere in prima linea nel diffondere la convivenza pacifica. La dobbiamo testimoniare, predicare, implorare. Perciò
la Dichiarazione esorta i leader mondiali ad arrestare ovunque conflitti e spargimenti di sangue, e ad abbandonare retoriche aggressive e distruttive», sottolinea Francesco. E implora:
«Vi preghiamo, in nome di Dio e per il bene dell’umanità: impegnatevi per la pace, non per gli armamenti! Solo servendo la pace il vostro nome rimarrà grande nella storia».
La seconda parola, donna, è legata alla prima. Perché «se manca la pace è perché mancano attenzione, tenerezza, capacità di generare vita». È per questo che senza il coinvolgimento pieno delle donne non si arriverà alla pace. «Alle donne vanno affidati ruoli e responsabilità maggiori. Quante scelte di morte sarebbero evitate se proprio le donne fossero al centro delle decisioni! Impegniamoci perché siano più rispettate, riconosciute e coinvolte».
E infine, i giovani, «messaggeri di pace e di unità di oggi e di domani. Sono loro che, più di altri, invocano la pace e il rispetto per la casa comune del creato. Invece, le logiche di dominio e di sfruttamento, l’accaparramento delle risorse, i nazionalismi, le guerre e le zone di influenza disegnano un mondo vecchio, che i giovani rifiutano, un mondo chiuso ai loro sogni e alle loro speranze».
Vanno superate le «religiosità rigide» e vanno invece formate le nuove generazioni su principi di accoglienza e convivenza rispettosa tra religioni e culture. «Diamo in mano ai giovani opportunità di istruzione, non armi di distruzione! E ascoltiamoli, senza paura di lasciarci interrogare da loro. Soprattutto, costruiamo un mondo pensando a loro!».