Assenza giustificata di due giorni, per le studentesse di un liceo artistico ravennate, in caso di dismenorrea: cioè ciclo mestruale doloroso. La notizia mi lascia di stucco sia come insegnante che come donna.
Da insegnante di lungo corso, che ha insegnato per oltre trent’anni in istituti scolastici superiori, prevalentemente femminili, non riesco a capire la logica, la ragione che ha spinto un consiglio di istituto ad introdurre la possibilità, alle studentesse che restassero a casa per forti dolori mestruali, di non vender conteggiate tali assenze sul monte ore annuale.
Non è che voglia sottovalutare e minimizzare una patologia nota, che determina a volte una condizione fisica incompatibile con il normale svolgimento delle attività di studio o di lavoro, ma credo che, come si è sempre fatto, quando proprio non si sta bene si resta a casa e magari ci si fa certificare dal dottore la ragione di tale assenza. Vale la pena ricordare che il limite massimo di assenze consentite per il superamento dell’anno scolastico è pari al 25% di ore calcolato sul monte ore annuo, che a spanne corrisponde a circa 40 giorni di lezione. Quindi, anche se per ogni mese di scuola una studentessa si assentasse per 2 giorni, non si dovrebbe affatto preoccupare per la validità del suo anno.
Se è vero, come ha dichiarato il dirigente dell’istituto, che “la promozione delle competenze di cittadinanza, che costituisce uno degli obiettivi formativi delle scuole, passa anche attraverso il recepimento delle legittime istanze degli studenti messi nelle condizioni di appurare come i problemi possano, essere gestiti attraverso un processo democratico che si realizza all’interno degli organi collegiali", credo che tra le tante istanze che gli studenti presentano ogni giorno ce ne sono sicuramente di più urgenti rispetto al congedo mestruale.
Come donna ho paura che aprire la strada al congedo mestruale possa avere un effetto boomerang in tema di parità dei diritti. Questa iniziativa infatti porrebbe di nuovo l’accento sull'essere noi donne, anche per ragioni fisiche, il sesso debole e bisognoso di protezione quasi paterna.
Se, poi, dal mondo della scuola ci si dovesse spostare al mondo del lavoro, il congedo mestruale potrebbe rafforzare la mentalità secondo cui è meglio assumere un uomo invece che una donna, creando ulteriori alibi per lasciare a casa le donne. Insomma un passo indietro sulla strada dei diritti e della parità: pensateci bene ragazze!