Sfollati in fuga da Goma, capoluogo del Nord Kivu. In copertina: un gruppo di ribelli armati.
Un’inchiesta internazionale sui massacri a Beni, in Nord Kivu, nell’Est della Repubblica Democratica del Congo. È quanto richiedono La Rete Pace per il Congo e i religiosi congolesi, membri dei Consigli Generali di diverse Congregazioni presenti a Roma, attraverso una petizione lanciata da Avaaz nei giorni scorsi (il link: Une enquete internationale sur les massacres de Ben).
La popolazione del territorio di Beni è vittima, da anni, di continui massacri, documentati da foto e liste pubblicate nei rapporti degli organismi internazionali che operano nella zona, e da un’invasione di bande armate che stanno mettendo in atto un vero e proprio genocidio.
Recentemente sono state scoperte tre fosse comuni con più di 185 corpi. Dall’ottobre 2014, oltre 850 fra uomini, donne e bambini sono stati uccisi a colpi di machete, scure, coltello, zappa. Altre hanno subito torture di ogni tipo. Si contano, inoltre, più di 1.500 persone sequestrate, tra cui tre sacerdoti Assunzionisti rapiti il 19 ottobre 2012.
Non solo. Le bande attaccano sistematicamente il tessuto economico dei villaggi distruggendo i campi, bruciando le mercanzie, demolendo i dispensari sanitari. Non si salvano neanche le scuole, che vengono rase al suolo. Le modalità dei crimini sono atroci. Per terrorizzare e segnare in modo indelebile le menti, gli assalitori compiono azioni-simbolo, come la decapitazione o, con un esempio ancora più raccapricciante, bagnando un bambino piccolo col sangue dei suoi genitori trucidati sotto i suoi occhi.
Le conseguenze di questi abomini sono altrettanto devastanti: le popolazioni abbandonano i villaggi e le coltivazioni per concentrarsi nelle città, senza risorse economiche e in assenza di infrastrutture di accoglienza; gli sfollati, in maggioranza vedovi o orfani, sono vittime della fame e delle malattie; i bambini non vanno più a scuola; sentimenti negativi come l’odio e il sospetto prendono il sopravvento e la pacifica convivenza che caratterizzava questo territorio è, ormai, distrutta. Impotenti e ferite nella loro umanità, le persone si sentono abbandonate dalle autorità qualificate per proteggerle, che hanno definitivamente perso ogni credibilità.
Militari dell'esercito regolare.
A cosa servono queste stragi? Perché vengono presi di mira contadini poveri? Perché questi gruppi, già (sembra) identificati, non sono oggetto di un processo giudiziario serio o di un attacco militare efficace da parte di coloro che ne hanno il mandato? Dove si finanziano e tengono la logistica? Perché le forze armate delle Nazioni Unite presenti sul territorio non intervengono per proteggere la popolazione? Chi ne trae profitto?
Solo un’inchiesta internazionale, seria e neutrale ‒ sostengono gli autori della petizione ‒ può rispondere a tutte queste domande e imporre soluzioni efficaci per porre fine a questo dramma.
L'appello
Massacri nel Nord-Kivu (RD Congo)
Un dramma umano e sociale che continua e del quale non si parla abbastanza!
Situazione generale
Mentre spunta il 2016, l’attenzione e la tensione politiche sono concentrate sui temi delle elezioni e del dialogo intercongolese!
Questa «vigilanza» politica rischia di dimenticare un dramma umano che imperversa nel nostro amato paese, la Rdc. Gli abitanti del territorio di Beni nella provincia del Nord Kivu han vissuto un Natale 2015 sanguinoso! Più di 10 persone sono state uccise nel villaggio di Malolu a 15 Km da Beni... alcune sono state decapitate… due bruciate vive. La notte del 26 dicembre tre altre persone sono state uccise nella parrocchia di Paida a 4 km dal centro della città. E le uccisioni continuano…
Scopo di questi appunti è far conoscere il massacro che perdura costantemente da anni e di cui non si parla abbastanza per ragioni dissimulate…
Noi vogliamo riferire dei fatti senza troppo qualificarli, per smuovere le coscienze di chi ha il potere e il dovere di mobilitarsi e mettere fine a tutto questo.
Ciò che diciamo in questo documento non è nuovo, è stato già detto da chi vive questa realtà e dagli organismi operanti nelle zone che subiscono le uccisioni e le distruzioni programmate.
Se i gruppi che eseguono tali macabre azioni sono spesso indicati, è stupefacente che nessuno di loro rivendichi o motivi le proprie azioni.
Perché prendono di mira dei contadini poveri ?
Che messaggio comunicano agendo così ?
Tante domande senza risposta….
Fino ad oggi, oltre alle persone uccise, si contano più di un migliaio di persone sequestrate, delle quali non rimane traccia alcuna, tra di loro tre sacerdoti Assunzionisti rapiti il 19 ottobre 2012.
Più di 750 persone sono state uccise violentemente, alcune decapitate, altre sventrate, altre hanno subito torture di ogni tipo. Le foto e le liste pubblicate nei diversi rapporti, testimoniano con eloquenza queste atrocità.
Bisogna avere il coraggio di guardare queste immagini per non chiudere gli occhi davanti alle sofferenze che subiscono queste popolazioni innocenti.
Constatazioni sul modo di operare le distruzioni delle infrastrutture
Gli assalitori quasi sistematicamente attaccano il tessuto economico:
- Distruggendo i campi
- Bruciando le mercanzie commerciali.
Mirano le strutture sanitarie:
- Distruggendo i dispensari sanitari
- Rapendo o uccidendo il personale sanitario
Distruggono le strutture scolastiche:
- Bruciando le scuole
- Uccidendo insegnanti e studenti
Per terrorizzare e segnare in modo indelebile le menti, gli assalitori sono violenti e fanno azioni-simbolo, come la decapitazione. Un esempio ancora più raccapricciante: bagnare un bambino piccolo col sangue dei suoi genitori decapitati sotto i suoi occhi.
A cosa serve questa crudeltà, se non a terrorizzare la popolazione che vede militari nei dintorni ma sa di essere permanentemente vulnerabile?
Tutti questi fatti sono documentati anche presso gli organismi internazionali e nazionali operanti nella zona.
Le conseguenze constatate:
- Le popolazioni sono costrette ad abbandonare i villaggi e le coltivazioni per concentrarsi nelle città senza risorse economiche e senza infrastrutture di accoglienza.
- Gli sfollati, in maggioranza diventati vedovi, vedove o orfani, sono vittime della fame e delle malattie nelle città dove sono rifugiati.
- I bambini non sono più scolarizzati
- L’odio aumenta a dismisura nella situazione ingiusta e subita nell’impotenza totale. Le popolazioni sono ferite nella loro umanità, si sentono abbandonate dalle autorità qualificate per proteggerle, si sentono vittime di altri che cercano di espropriarle dei loro beni naturali (dignità, terra e beni).
- In tali condizioni, la pacifica coabitazione che caratterizzava questo territorio è seriamente distrutta.
Le autorità politiche e militari sono percepite senza alcuna credibilità; i loro discorsi sono sovente contraddetti dalla realtà dei fatti, che il popolo vive nel quotidiano, vittima di atrocità inumane. Ad esempio, all’inizio del novembre 2014, subito dopo la visita del Presidente della Repubblica che aveva promesso una maggiore sicurezza per la popolazione, furono commessi i massacri riportati nelle immagini allegate.
Ultimo esempio ciò che è avvenuto la notte tra il 23 e il 24 dicembre, il giorno dopo la partenza del Presidente che aveva promesso di mettere fine alle sofferenze del popolo.
Attese e domande per suscitare il vostro impegno…
- Come qualificare queste uccisioni ?
- A cosa servono ?
- Chi ne trae profitto ?
- Perché sono colpite in modo permanente popolazioni di una sola etnia?
- Perché le strutture distruttrici di questi uomini, già apparentemente identificate, non sono oggetto di un processo giudiziario serio o di un attacco militare efficace da parte di coloro che ne hanno il mandato?
- Dove si finanziano e tengono la logistica?
- Perché le forze negative, presentate come «ribelli» dei paesi vicini, se la prendono con gli autoctoni e non molestano mai i loro veri nemici?
- Perché non è percettibile la presenza delle forze armate delle Nazioni Unite per proteggere le popolazioni civili, né dei sofisticati mezzi di difesa come droni ecc. di cui sono dotate?
Considerazioni finali
Solo un’inchiesta internazionale, seria e neutrale, può rispondere a tutte queste domande, spiegare l’accanimento constatato sulle popolazioni indifese e imporre soluzioni efficaci per porre fine a questo dramma.
Ancora una volta, noi Congolesi della RD Congo, membri dei Consigli Generali di diverse Congregazioni presenti a Roma, facciamo nostro il grido di dolore di queste popolazioni massacrate. Ecco perché, con tutti coloro che si mobilitano accanto alle vittime, indirizziamo un appello ad ogni persona che può sostenere efficacemente la nostra voce, al fine di sensibilizzare chi può decidere a livello nazionale e internazionale sul dramma umano vissuto in tutto il paese, in particolare all’Est.
A nome dei religiosi congolesi, membri dei Consigli generali a Roma:
P. Emmanuel Kahindo Kihugho, (emekahi@yahoo.fr )
Sr Micheline Kenda, (michekend@yahoo.fr )
P. Rigobert Kyungu, (kyungusj@yahoo.fr )
«Il mondo è pericoloso, non tanto a causa di coloro che fanno il male ma a causa di coloro che guardano e lasciano fare!» (A. Einstein)