Consolo non era soltanto il celebre scrittore conosciuto in tutto il mondo, ma anche un acuto cronista giudiziario e un raffinato giornalista della Terza pagina. Dalla sua brillante penna non nacquero soltanto romanzi di successo come Retablo, Lo Spasimo di Palermo, L’olivo e l’olivastro, I sorrisi dell’ignoto marinaio, Le pietre di Pantalica, ma anche numerosi elzeviri, resoconti giudiziari, reportage e commenti.
Ad un anno esatto dalla sua morte, lo scrittore siciliano sarà ricordato con l’attesa pubblicazione dei suoi principali articoli. Dal 24 gennaio, infatti, sugli scaffali delle librerie si troverà il volume di Vincenzo Consolo Esercizi di cronaca (pubblicato dalla casa editrice Sellerio).
Nato nel 1933, a Sant’Agata di Militello, in provincia di Messina, all’età di 30 anni Consolo si trasferì a Milano, dove intraprese l’attività giornalistica, collaborando con la pagina culturale del quotidiano L’Ora di Palermo, diretto all’epoca da Vittorio Nisticò. Nei suoi primi anni milanesi, Consolo si occupò di presentazioni editoriali, dibattiti e tematiche sociali. Alla fine degli anni Sessanta, i suoi articoli descrissero le storie degli immigrati meridionali residenti a Quarto Oggiaro, la vita mondana dei locali notturni milanesi e alcuni episodi di cronaca nella “Milano a mano armata”, come un omicidio nei pressi della rinomata discoteca Derby.
Consolo si occupò anche delle opere di Leonardo Sciascia e di Federico De Roberto, degli spettacoli di Jannacci e delle mostre di Renato Guttuso. Nei suoi articoli furono evocati noti personaggi dell’epoca, dal poeta Lucio Piccolo al reporter Cesare Zavattini, dal primo presidente della Commissione parlamentare antimafia Donato Pafundi allo scrittore Michele Pantaleone.
Alla metà degli anni Settanta, Consolo tornò in Sicilia e, sempre per il
quotidiano L’Ora, descrisse importanti eventi dell’epoca, dalla
ricostruzione delle zone terremotate del Belice al sequestro
dell’imprenditore Luigi Corleo (discendente del celebre filosofo Simone
Corleo e parente acquisito dei potenti e discussi esattori Salvo di
Salemi).
In particolare, Consolo seguì - con quotidiani resoconti giudiziari -
il processo contro il cosiddetto “Mostro di Marsala”, cioè il
personaggio accusato per il sequestro di tre bambine siciliane, avvenuto
in provincia di Trapani nell’autunno del 1971. Il taglio degli articoli
su tale vicenda non era meramente tecnico e cronachistico, ma letterario e narrativo.
I lettori del quotidiano L’Ora furono affascinati dal suo ritratto della
città di Trapani, sede del processo: “Trapani ha l’aspetto e la fragile
trasparenza di una città lagunare, allungata com’è su una lingua di
terra in mezzo al mare e con tutti gli specchi d’acqua delle saline
alle sue spalle. Ha una luce tagliente che solo le numerose palme e le
volte dei suoi palazzi barocchi riescono a modulare e mitigare. Una
città bella, comunque. La più bella della Sicilia secondo lo scrittore
Fernandez. Una città chiara e ventosa”.
Di enorme impatto letterario anche la descrizione del processo: “Si ha
la sensazione di sentire un racconto di Poe o di altro narratore noir, o
il racconto lontano dei misfatti di Gilles de Rais. Si prova cioè la
sensazione di una separazione tra i fatti e le parole, ed è sempre così
quando i fatti vengono assunti dalle parole, vengono narrati o
rappresentati”.
Negli anni siciliani, tra un articolo sui dipendenti regionali e un
reportage sulle terre devastate dal sisma, Consolo si dedicò anche agli
ultimi ritocchi per il suo primo capolavoro, frutto di accurato e lungo
impegno: Il Sorriso dell’ignoto marinaio, pubblicato dalla casa
Editrice Einaudi nel 1976.
Nel volume Esercizi di Cronaca sono contenuti curiosi retroscena sull’amicizia tra lo scrittore e il giudice Giangiacomo Ciaccio Montalto, ucciso dalla mafia il 25 gennaio 1983. Simbolica anche la data di pubblicazione del libro, a cavallo tra il primo anniversario della morte di Consolo e il trentennale dell’uccisione del giudice Ciaccio Montalto.
Vincenzo Consolo conobbe il pubblico ministero Giangiacomo Ciaccio Montalto nel 1975, quando il magistrato rappresentava l’accusa nel processo contro il “mostro di Marsala” e lo scrittore siciliano era l’inviato speciale del quotidiano L’Ora di Palermo. Il pm Ciaccio Montalto era tormentato dall’idea che il sequestro delle tre innocenti bambine (uccise a Marsala nel 1971) coinvolgesse complici e mandanti insospettabili, oltre all’imputato principale.
Nei suoi resoconti per il quotidiano L’Ora, Vincenzo Consolo raccontò i tormenti di Ciaccio Montalto e le versioni della difesa, facendo infuriare uno degli avvocati di parte civile. La direzione de L’Ora intervenne per tutelare il suo prestigioso inviato. Da quel momento iniziò un rapporto di sincera stima e di amicizia tra il giudice e il giornalista.
Giangiacomo Ciaccio Montalto invitò a cena, nella sua villa di Valderice, lo scrittore, pregandolo di non parlare con nessuno di quell’incontro. Come narrato nel libro Esercizi di Cronaca, Consolo partì con la sua “sgangherata Dyane” e si avventurò nelle sperdute campagne della provincia di Trapani. All’epoca non esistevano gli strumenti tecnologici come satellitari o google maps. Pertanto, Consolo seguì la mappa scritta a penna dal giudice Ciaccio Montalto e finalmente trovò l’abitazione isolata di Valderice. “Vi erano ad attendermi il magistrato e la moglie, una giovane e bella insegnante di lettere, che aveva, negli occhi, l’ansia contenuta, l’apprensione inconfessata per il marito”, scrisse Consolo.
Il giudice Ciaccio Montalto raccontò la sua storia familiare e
personale, a partire dalle vicende del nonno, fondatore dei Fasci
Siciliani in provincia di Trapani. Tra una discussione letteraria e un
commento riguardante le vicende di cronaca, Ciaccio Montalto confidò a
Consolo i suoi timori derivanti dalla sua attività giudiziaria: “Ho
ricevuto telefonate e lettere anonime di minacce. Lei ora non scriva
niente di questo. Lo scriverà solo se dovesse succedermi qualcosa”.
iangiacomo Ciaccio Montalto fu ucciso dalla mafia
proprio nelle campagne di Valderice. Era il 25 gennaio del 1983.
All’indomani di quell’ennesimo delitto eccellente, Vincenzo Consolo
scrisse un appassionante articolo pubblicato dal quotidiano Il
Messaggero.
L’incipit del pezzo fu accorato e dolente: “Quando si apprende della
morte improvvisa di un amico o di un conoscente che noi sapevamo in
pericolo, oltre al dolore, si prova un senso di colpa per non avergli
ricordato abbastanza quel pericolo, non avergli gridato che stava
camminando sull’orlo di un precipizio, non avergli porto la mano per
tirarlo al di qua, in una zona di sicurezza e di protezione. Questo ho
provato stamattina, sentendo alla radio della morte violenta del giudice
Giangiacomo Ciaccio Montalto”.
Dopo avere ricordato l’amicizia nata nelle aule del Palazzo di Giustizia
di Trapani, Consolo concluse con un commiato: “Ed io non posso non
ricordarlo qui, con parole povere e inadeguate, non posso non ricordare i
suoi acuti occhi dietro le lenti, la sua testa nera capelluta, la sua
parola tagliente, il suo sorriso ironico e umano, la sua espressione
onesta di siciliano giusto….”.
Il sacrificio di Ciaccio Montalto fu rievocato anche nelle pagine del
romanzo L’olivo e l’olivastro, pubblicato da Mondadori nel 1994 e
dedicato all’amata Sicilia di Consolo.