La Libia di oggi è come la Gallia di Giulio Cesare, un paese diviso in tre parti: una, la Cirenaica, la comanda il generale Khalifa Haftar; l’altra, la Tripolitania, la difende il primo ministro Fayez al-Sarraj, la terza l’abitano le milizie in cerca di alleanze a seconda delle convenienze del momento.
Intanto si combatte ferocemente il de bello libico. In Libia è la terza guerra civile dopo quelle del 2011 e del 2014. Le ostilità sono cominciate quando il 4 aprile l’Esercito Nazionale Libico guidato da Haftar, signore della Cirenaica, ha lanciato l’offensiva all’assalto di Tripoli, la capitale . L’avanzata di Haftar, che nei primi giorni sembrava trionfale, è rallentata, anche perché in soccorso delle forze governative fedeli ad al-Sarraj sono arrivate le brigate di Misurate, ago della bilancia nel braccio di ferro fra il premier e il generale.
Una intera compagnia delle forze di Haftar (un trentina di militari) si è consegnata con uomini e mezzi 25 chilometri a su di Tripoli. Tuttavia Haftar non si dà per vinto, anzi le sue forze armate hanno lanciato cinque missili Grad su un quartiere vicino al fronte di Tripoli. Il missile ha centrato un’abitazione causando alcuni feriti.
Il conflitto sta mettendo in mezzo i civili. Il bilancio provvisorio. diffuso dall’Organizzazione mondiale della sanità, è di 147 morti, 614 feriti e 18 mila sfollati.
La comunità internazionale, ancora una volta, si trova impotente e divisa. Fayez al-Sarraj ha un potere fragile e molti lo considerano più il sindaco di Tripoli che un leader politico di un paese da unificare. Sarraj guida il “governo di accordo nazionale” dalla primavera del 2016 e ha il sostegno delle Nazioni Unite e dell’Unione Europea, Italia compresa.
Nel fronte europeo restano divergenze fra Italia e Francia. Parigi ha sostenuto Haftar soprattutto per il suo impegno contro il terrorismo, anche con il “sostegno tecnico” delle forze armate francesi. Ma negli ultimi giorni il sostegno francese al generale sembra essersi molto raffreddato.Giovedì 11 aprile il governo francese ha sottoscritto il documento voluto da Federica Mogherini, Alto Rappresentante dell’Unione Europea per la politica estera, nel quale Haftar veniva messo sotto accusa con queste parole: “L’attacco dell’Esercito Nazionale Libico contro Tripoli e la successiva escalation mettono in pericolo i civili, compresi gli immigrati e i rifugiati, e ostacola il processo di pace guidato dalle Nazioni Unite”.
L’Italia ha avviato un giro di consultazioni con il vicepremier del Qatar, Mohammed Al Thani, e Ahmed Maitig, numero due del Consiglio presidenziale. Nei giorni scorsi il quotidiano “la Repubblica” aveva dato la notizia di una missione segreta di Haftar a Roma. Intanto il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha creato una “gabinetto di crisi” con i ministri degli esteri e della difesa, anche per arginare le uscite polemiche e spesso inappropriate di Salvini e Di Maio su un tema delicato di politica internazionale non di loro competenza.
Lo scenario libico è complicato per l’entrata in gioco di altre potenze regionali. Haftar ha il sostegno di Egitto, Arabia Saudita ed Emirati Arabi. Questi ultimi due stati sono da tempo in rotta con il Qatar (accusato di sostenere il terrorismo), così non sorprende trovare i qatarini dalla parte di al-Sarraj.
Oggi il premier libico, in una intervista al Corriere della Sera e a Repubblica, ha invitato la comunità internazionale a non mandare aiuti al generale Haftar e a “fare presto” perché il peggioramento della situazione in Libia potrebbe spingere “800 mila migranti e libici a invadere l’Italia e l’Europa”.