«L’Italia
deve ravvivare la lotta contro il traffico degli esseri umani,
specialmente il continuo sfruttamento della prostituzione di donne e
ragazze straniere».
È questo il messaggio dell’avvocato Joy Ngozi Ezeilo, nigeriana e
relatrice
speciale delle Nazioni Unite sul traffico di esseri umani, al termine
della sua recente visita in Italia. Su invito del Governo, ha
incontrato istituzioni e Ong a Venezia, Torino, Palermo, Napoli,
Caserta e Castel Volturno, per fare il punto sulla situazione
italiana in vista di un report da inviare all’Onu nel 2014.
«Ho
parlato»,
spiega Joy Ezeilo, «con
numerose vittime dello sfruttamento lavorativo e sessuale. Come, ad
esempio, una ventunenne mia connazionale arrivata in aereo dalla
Nigeria, passando per Turchia, Serbia, Ungheria e Slovenia, prima di
entrare in Italia in treno. Non solo era sfruttata, ma per andare in
Europa il padre aveva dovuto dare in garanzia il loro terreno per un
debito di 60 mila euro. La giovane si muoveva tra Torino, Milano e
Parigi per vendere il suo corpo per ripagare il debito, fino a
quando, dopo un controllo casuale in Italia, ha beneficiato
dell’assistenza. Tuttavia, la ragazza ha dovuto mentire ai
genitori, a loro volta minacciati dai trafficanti, che continuavano a
chiedere di inviare i soldi».
La relatrice dell’Onu
riconosce che, per quanto riguarda lo sfruttamento sessuale, quella
italiana è «una
buona legislazione».
Da
quindici anni, il fiore all’occhiello del nostro ordinamento per
tutelare le vittime è l’articolo 18 del Testo Unico Immigrazione
del 1998, che prevede la possibilità di rilascio di uno speciale
permesso di soggiorno allo straniero sottoposto a violenza o a grave
sfruttamento, quando vi sia pericolo per la sua incolumità per
effetto del tentativo di sottrarsi ai condizionamenti di
un’associazione criminale o delle dichiarazioni rese in un
procedimento penale.
Secondo l’avvocato
Francesca Nicodemi dell’Asgi (Associazione per gli Studi Giuridici
sull’Immigrazione, una delle realtà incontrate dalla relatrice
dell’Onu), «come
spesso succede in Italia, il problema talvolta è l’applicazione».
Spiega: «Persistono
nella prassi notevoli difficoltà al rilascio del permesso di
soggiorno, dalla valutazione discrezionale dei requisiti da parte
delle Questure al fatto che le stesse spesso non ricevono le domande
di permesso in assenza di una formale denuncia contro i propri
sfruttatori, prediligendo il percorso giudiziario a quello sociale».
Negativa è invece la
valutazione sul reato di clandestinità: «La
criminalizzazione del migrante irregolare introdotta da questa e
altre norme del Pacchetto sicurezza ha avuto l’effetto di rendere
più vulnerabili e ricattabili le vittime di tratta, indebolendo la
lotta allo sfruttamento».
Nelle sue
raccomandazioni al Governo italiano, l’avvocato Ezeilo ha
sottolineato come «in
Italia servirebbe una strategia nazionale per combattere la tratta»,
e come «la
mancanza di un approccio coordinato tra tutti gli attori diminuisce
l’efficacia delle misure prese»;
in questa direzione, non aiuta «l’assenza
di un sistema statistico complessivo».
«C’è
invece bisogno»,
ha aggiunto,
«di
un approccio guidato dalle leggi e dagli standard internazionali e
basato sulle “5P” (protezione, processo, pena, promozione della
cooperazione internazionale e partnership), le “3R” (riparazione,
recupero e reinserimento) e le “3C” (efficienza, cooperazione e
coordinamento)».
Secondo l’Asgi,
potrebbe facilitare un quadro sistemico la direttiva europea 2011/36,
non ancora recepita dall’Italia nonostante il termine di attuazione
scadesse ad aprile. «Proprio
nella direttiva»,
dice Francesca Nicodemi, «vi
è una buona definizione del crimine della tratta, che si diversifica
con il tempo. A
quella a scopo sessuale, anch’essa oggetto nel corso degli ultimi
anni di continue trasformazioni sotto il profilo delle rotte,
dell’organizzazione delle reti criminali e delle modalità di
coercizione esercitate sulle vittime, si sono aggiunte altre forme di
sfruttamento. Sono diventati oggi più evidenti i fenomeni del grave
sfruttamento nell’ambito del lavoro, in particolare in alcuni
settori produttivi, dello sfruttamento connesso ad attività illecite
o mediante l’impiego nell’accattonaggio. Ancora molto poco
visibili ma sicuramente esistenti, inoltre, le vicende di tratta a
scopo di adozioni illegali internazionali e dei matrimoni forzati».
È
d’accordo su questo punto la Relatrice dell’Onu, che sottolinea
come la tratta non debba essere intesa solo come sfruttamento
sessuale, richiamando l’Italia a una maggior attenzione al
crescente sfruttamento lavorativo: «Ricordo
con emozione la faccia traumatizzata di una giovane donna asiatica,
sfruttata in una fabbrica, dove cuciva tutto il giorno. Era vittima
dell’inganno e della coercizione del suo cosiddetto fidanzato, la
cui violenza l’ha portata a perdere la vista e a subire ferite alle
mani fino a doversi sottoporre a un intervento».
In
questo senso, per l’Asgi un
approccio corretto al fenomeno del traffico è quello in parte messo in atto dalla Procura e dalla Polizia di Bologna, che in
un’indagine penale sul traffico di minori non accompagnati
provenienti dal Bangladesh ha utilizzato l’articolo 18, normalmente
utilizzato per lo sfruttamento sessuale, rilasciando un permesso di
soggiorno a fronte della collaborazione di alcuni giovani
(dichiarazione della vera età e indicazione dei trafficanti). In
questo modo i giovani stranieri sono sottratti al traffico e offrono
un aiuto agli organi di polizia per combattere il traffico, svelando
la rete e l’organizzazione.
Proprio sui minori
immigrati, sia la relatrice dell’Onu che l’Asgi hanno invece
rinnovato la preoccupazione che nelle indagini l’accertamento
dell’età viene quasi sempre effettuato ovunque con una semplice
radiografia del polso. Esame, questo, che la comunità scientifica
internazionale e nazionale ritiene inidoneo ad accertare l’età di
una persona.