Non renderci complici delle schiavitù contemporanee e non voltare lo sguardo da chi è privato della libertà e della dignità. Lo scrive il Papa nel messaggio per la prossima giornata della pace che si celebra il primo gennaio. Intitolato “Non più schiavi, ma fratelli” contiene un appello a contrastare la “ globalizzazione dell’indifferenza” e a diventare “artefici di una globalizzazione della solidarietà e della fraternità” che possa ridare “ speranza” per costruire insieme “prospettive nuove”, perché “cessino le guerre, i conflitti e le tante sofferenze provocate sia dalla mano dell’uomo sia da vecchie e nuove epidemie e dagli effetti devastanti delle calamità naturali”.
Bergoglio denuncia lo “sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo”, definito “abominevole fenomeno” che “conduce a calpestare i diritti fondamentali dell’altro e ad annientarne la libertà e dignità”. Si riferisce al racconto della Genesi, allo scontro tra Caino e Abele e spiega che oggi esso si traduce nel “rifiuto della comunione” e nella “cultura dell’asservimento” che portano al “rifiuto dell’altro”, al “maltrattamento delle persone”, alla “violazione della dignità e dei diritti fondamentali” e alla “istituzionalizzazione di diseguaglianze”.
Papa Francesco riassume i volti classici della schiavitù fino a quando “l’evoluzione positiva della coscienza umana” ha permesso di capire che essa è un reato. Eppure “ malgrado la comunità internazionale abbia adottato numerosi accordi al fine di porre un termine alla schiavitù in tutte le sue forme e avviato diverse strategie per combattere questo fenomeno, ancora oggi milioni di persone – bambini, uomini e donne di ogni età – vengono private della libertà e costrette a vivere in condizioni assimilabili a quelle della schiavitù”. E’ la schiavitù del lavoro nell’industria manifatturiera, nelle miniere, dove in molto Paesi gli standard e le norme non son o conformi ai minimi internazionali, dove manca la tutela giuridica del lavoratore. Ma è schiavitù anche quella a cui sono costretti i migranti “abusati fisicamente e sessualmente” e poi “detenuti in condizioni a volte disumane”.
Bergoglio sottolinea che spesso sono le “circostanze sociali, politiche ed economiche” che spingono “alla clandestinità”, mentre quelli che cercano di restare nella legalità sono costretti ad accettare di “vivere e lavorare in condizioni indegne,
specie quando le legislazioni nazionali creano o consentono una dipendenza strutturale del lavoratore migrante rispetto al datore di lavoro, ad esempio condizionando la legalità del soggiorno al contratto di lavoro”.
E questo è davvero “lavoro schiavo”.
Poi c’è la prostituzione, soprattutto quella minorile, delle “schiave sessuali” e delle “donne forzate a sposarsi” o di quelle “vendute in vista del matrimonio” o di quelle “trasmesse in successione ad un familiare alla morte del marito senza che abbiano il diritto di dare o non dare il proprio consenso”. Ma c’è anche il traffico di organi, i bambini e gli adulti arruolati come soldati o destinati all’accattonaggio, a diventare corrieri della droga.
Il Papa fa un riferimento anche a chi è stato rapito da gruppi terroristici. Le cause sono la povertà, la mancanza della scuola sulle quali agiscono le reti criminali che usano anche come mezzi di adescamento le tecnologie informatiche. Bergoglio torna anche a denunciare la corruzione nelle istituzioni statali che permette tutto ciò. Chiede più impegno e soprattutto meno indifferenza. Ricorda quanto fanno contro la tratta molte organizzazioni religiose, “specialmente femminili”, lavoro “silenzioso”, ma “enorme”, che “richiede coraggio, pazienza e perseveranza, merita apprezzamento da parte di tutta la Chiesa e della società”. Ma non basta. Il Papa chiede maggior impegno “ a livello istituzionale”, con legislazioni “sulle migrazioni, sul lavoro, sulle adozioni, sulla delocalizzazione delle imprese e sulla commercializzazione di prodotti realizzati mediante lo sfruttamento del lavoro” più “rispettose della dignità della persona”: “Sono necessarie leggi giuste, incentrate sulla persona umana, che difendano i suoi diritti fondamentali e li ripristinino se violati, riabilitando chi è vittima e assicurandone l’incolumità, nonché meccanismi efficaci di controllo della corretta applicazione di tali norme, che non lascino spazio alla corruzione e all’impunità”. E chiede anche che venga riconosciuto “il ruolo della donna nella società, operando anche sul piano culturale e della comunicazione”.
Alle imprese chiede più “responsabilità sociale”, ma essa vale anche “per il consumatore”: “ Ciascuna persona dovrebbe avere la consapevolezza che acquistare è sempre un atto morale, oltre che economico”. E domanda: “Chiediamoci come noi, in quanto comunità o in quanto singoli, ci sentiamo interpellati quando, nella quotidianità, incontriamo o abbiamo a che fare con persone che potrebbero essere vittime del traffico di esseri umani, o quando dobbiamo scegliere se acquistare prodotti che potrebbero ragionevolmente essere stati realizzati attraverso lo sfruttamento di altre persone. Alcuni di noi, per indifferenza, o perché distratti dalle preoccupazioni quotidiane, o per ragioni economiche, chiudono un occhio. Altri, invece, scelgono di fare qualcosa di positivo, di impegnarsi nelle associazioni della società civile o di compiere piccoli gesti quotidiani – questi gesti hanno tanto valore! – come rivolgere una parola, un saluto, un “buongiorno” o un sorriso, che non ci costano niente ma che possono dare speranza, aprire strade, cambiare la vita ad una persona che vive nell’invisibilità, e anche cambiare la nostra vita nel confronto con questa realtà”.