Una Chiesa in cammino verso le periferie e in ascolto del Vangelo e dei poveri. Una Chiesa che prende a modello il profeta Giona, chiamato a Ninive, e si mette in strada per annunciare, prima di tutto, la misericordia sorprendente di Dio.
Questo il ritratto del mondo missionario italiano emerso dal convegno nazionale conclusosi oggi a Sacrofano (Roma), al quale hanno partecipato 880 delegati in sala e un centinaio i missionario collegati via web nel mondo.
Una Chiesa in cammino verso le periferie e una più matura consapevolezza della propria chiamata a un respiro autenticamente universale, come richiamato dal Papa nel suo intervento sabato mattina durante l’udienza generale. Una Chiesa capace di ascolto non solo del grido dei poveri – un’urgenza imprescindibile, rilanciata dal padre della Teologia della liberazione, Gustavo Gutierrez nel suo discorso ieri pomeriggio -, ma pure delle tante espressioni dell’unica fede, che in ogni cultura e continente prende una forma specifica.
E’ un popolo, quello missionario, che conosce fatica e stanchezze, al cui interno aumentano i capelli bianchi e, non di rado, serpeggia la sfiducia; un popolo che, tuttavia, non intende arretrare di fronte al compito affidatogli da Bergoglio: “Vi esorto – ha detto con forza papa Francesco - a non lasciarvi rubare la speranza e il sogno di cambiare il mondo con il Vangelo, con il lievito del Vangelo, cominciando dalle periferie umane ed esistenziali”.
Ma una Chiesa in cammino e in ascolto è anche quella a cui il mondo missionario cerca ogni giorno di dare forma, pur facendo i conti con i tanti ritardi e limiti del proprio operare e del contesto in cui siamo immersi.
La parola del Papa è stata una bussola, per indicare la direzione del futuro: “Una Chiesa missionaria – ha detto con forza papa Francesco - non può che essere “in uscita”, che non ha paura di incontrare, di scoprire le novità, di parlare della gioia del Vangelo. A tutti, senza distinzioni. Non per fare proseliti, ma per dire quello che noi abbiamo e vogliamo condividere senza forzare verso tutti, senza distinzione”.
Durante l’ultimo giorno del Convegno missionario nazionale sono risuonate diverse voci che hanno rimarcato l’urgenza di un rinnovamento pastorale più deciso nella direzione della missione, prendendo come riferimento e orizzonte la “missione ad gentes”.
Se ne è fatto voce, ad esempio, padre Carlo Uccelli, saveriano, che a Piombino anima da anni il “Centro fraternità missionarie”. Nel suo intervento ha presentato un documento, stilato insieme a molti altri delegati, che auspica “la formazione di piccole comunità cristiane in tutte le diocesi”, che suggerisce di “collocare al primo posto la Parola di Dio, mettendola con fiducia in mano ai laici in modo che si incarni nella vita”. Inoltre, raccomanda di “fare la scelta preferenziale per i poveri” e di “valorizzare i fidei donum di ritorno dai Paesi di missione”.
Il missionario, infine, ha indicato la necessità di “una formazione diversa dei preti, per dare un volto meno clericale al loro ministero nelle parrocchie”.
Nel convegno è rimasta forse un po’ in ombra la narrazione delle nuove direzioni di impegno degli istituti missionari italiani, che negli ultimi anni sembrano scommettere in maniera più decisa sull’immensa Asia. Dopo la Corea del Sud e la Mongolia, ad esempio, i missionari della Consolata hanno da poco aperto una piccola presenza a Taiwan. I saveriani di recente hanno messo piede in Thailandia. Il Pime sogna di tornare in quella Birmania (oggi Mynmar) dove ha servito la causa del Vangelo per 140 lunghi anni e con la cui Chiesa locale ha mantenuto un legame molto stretto.
In ogni caso, come ha sottolineato don Alberto Brignoli, dell’Ufficio della Cooperazione missionaria tra le Chiese, tra gli organizzatori dell’evento insieme a Missio, l’evento di Sacrofano avrà ripercussioni feconde nella vita quotidiana della Chiesa italiana, in cammino verso il prossimo appuntamento nazionale di Firenze (novembre 2015) e verrà “tenuto in caldo” per portare altri frutti.