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domenica 15 settembre 2024
 
Conventi e gastronomia
 
Benessere

Conventi e gastronomia, le ricette segrete dei nostri monaci

09/10/2015  In Italia sono molti i luoghi dello spirito dove i religiosi cucinano squisiti “peccati di gola” che rispecchiano, nella scelta degli ingredienti e nella preparazione, l’armonia della loro vita semplice. Ecco un itinerario per scoprirli.

Tra salmi cantati,  fioche candele e l’acuto profumo dell’incenso, ecco spuntare dolci, marmellate, frutta sciroppata, olio d’oliva, vini e digestivi. Oltre a rappresentare meravigliosi spazi di preghiera e riflessione, monasteri e abbazie, eremi e conventi offrono la possibilità di gustare delizie, rigorosamente fatte a mano con prodotti naturali e metodi tratti da antichi ricettari. «Sin dagli esordi del monachesimo, inteso non come eremitaggio solitario, ma inquadrato piuttosto nella vita comunitaria di un monastero, la famosa espressione Ora et labora presupponeva la coltivazione della terra, l’allevamento del bestiame e la pratica dell’apicoltura », ricostruisce Pietro Tarallo, scrittore e autore di numerosi saggi, guide e reportage. «Mettendo a frutto terreni abbandonati o boschivi, i monaci hanno presidiato prodotti del luogo e di stagione su cui si è poi basata la loro cucina».

Proprio nei luoghi dove la moderazione e la rinuncia hanno sempre rappresentato un segno tangibile di distacco dalle abitudini dei laici, i religiosi si sono rivelati apprezzati arte ci di ricette e leccornie, spesso segretissime. Il viaggio inizia a Nord, nel Trentino Alto Adige, dove è raffinatissima la produzione di vini. In particolare, a Varna (Bolzano), l’Abbazia di Novacella (www.abbazianovacella.it) sfrutta il clima fresco e i terreni ricchi di minerali per sviluppare i tipici bianchi della Valle Isarco (Sylvaner, Müller Thurgau, Kerner, Gewürztraminer, Veltliner), ma anche i rossi (Lagrein, Kalterersee, Pinot Nero, Moscato Rosa). Tutti i vini possono essere degustati nella cantina dell’abbazia, accompagnandoli con ottimo speck, salsicce affumicate, formaggio e pane tipico.

Non bisogna allontanarsi molto per raggiungere il Convento di Muri-Gries (www.muri-gries.com), nel cuore di Bolzano, dove la produzione vinicola è altrettanto eccellente e frutto di quella genuinità che rappresenta il tratto distintivo di tutti i monasteri d’Italia. Presto spiegato il motivo: non può che essere purissimo un prodotto destinato a trasformarsi nel “sangue di Cristo”. «Qua e là non mancano neppure liquori, digestivi, amari, elisir e distillati, con aggiunte di erbe silvane e officinali per renderli gradevoli toccasana, curativi, preventivi e tutti al naturale», riprende Tarallo.

Ad esempio, prodotti tra mortai e alambicchi, sembrano frutto di misteriose formule alchemiche il delizioso Amaro Ottanta ottenuto dalle erbe silvane, il Gin dry a base di bacche di ginepro e il tonico digestivo preparato con le gemme di abete proposti dalla liquoreria dell’Abbazia di Vallombrosa (www.monaci.org), in Toscana. Bisogna spostarsi invece nel Lazio per degustare l’Amaro Centerbe, le Gocce imperiali e il Trisulty brandy della Certosa di Trisulti, in provincia di Frosinone, oppure l’Eucalittino, la prelibata Crema nocciola e la nuovissima birra aromatizzata all’eucalyptus dell’Abbazia delle Tre fontane di Roma (www.abbaziatrefontane.it).

Gioia vera per il palato

  

I golosi possono trovare il paradiso nel Monastero di Santo spirito, ad Agrigento (www.monasterosantospiritoag.org), dove le monache preparano con un metodo antico gli amaretti di pistacchio, i biscotti ricci e il famoso couscous dolce, prodotto con grano macinato in terza rottura, mandorle e pistacchi. Risalendo lo Stivale, è obbligatoria una tappa al Monastero di Santa Lucia, a Trevi (www. monasterosantalucia.it), in cui le Benedettine sfornano la squisita “pannocchia”, una torta a base di farina di granoturco, crema e un segretissimo cocktail di liquori. E poi via libera alle pasterelle e ai savoiardi del Monastero di Santa Caterina, a San Severino Marche (Macerata); alle “sbreghe” dell’Abbazia di Santa Maria in Sylvis di Sesto al Reghena (Pordenone), ovvero biscotti secchi e croccanti a base di mandorle; alle marmellate macrobiotiche con zucchero di canna e materie prime del frutteto sperimentale del Monastero di San Biagio della Madonna della Fiducia di Mondovì, in provincia di Cuneo (www.monasterosanbiagio. com).

Cioccolato, che passione

«Non ha nulla da invidiare ai migliori e sofisticati chocolatiers francesi e svizzeri la cioccolata dell’Abbazia di Nostra Signora del Santissimo Sacramento, a Frattocchie, in provincia di Roma (www.trappisti. org)», suggerisce Tarallo. «Da oltre sessanta ore di concaggio e dal cacao più sopraƒ no, nasce un cioccolato fondente da intenditori, che oggi non è più prodotto dai padri. Purtroppo hanno dovuto cedere il loro laboratorio ai maestri pasticceri che vi lavoravano, ma tutto continua nel segno della tradizione».

Fra le altre leccornie comuni a gran parte delle comunità monastiche c’è poi il miele, alla cui produzione si dedicano da sempre frati, monaci e suore. In Brianza, l’Abbazia di San Benedetto in Seregno ha addirittura aperto l’apiario al pubblico per visite guidate e proietta   lmati e diapositive sul mondo delle api. Ma nei grossi pentoloni cuociono a fuoco lento anche marmellate, gelatine, succhi di frutta e sciroppi.

Squisite sono le confetture preparate dalle monache del Carmelo di Sant’Elia, a Sanremo, che propongono una miscela di arance dolci, amare, limoni e cedri, tutti del loro agrumeto; ma gli aromi della natura si sprigionano dalle cucine di tante altre comunità, sempre più aperte verso la realtà esterna e i suoi “peccati di gola”.

 
 
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