Tra salmi cantati, fioche candele
e l’acuto profumo dell’incenso,
ecco spuntare dolci, marmellate,
frutta sciroppata, olio
d’oliva, vini e digestivi. Oltre
a rappresentare meravigliosi spazi di
preghiera e riflessione, monasteri e abbazie,
eremi e conventi offrono la possibilità
di gustare delizie, rigorosamente
fatte a mano con prodotti naturali e metodi
tratti da antichi ricettari.
«Sin dagli esordi del monachesimo,
inteso non come eremitaggio solitario,
ma inquadrato piuttosto nella vita comunitaria
di un monastero, la famosa
espressione Ora et labora presupponeva la coltivazione della terra, l’allevamento
del bestiame e la pratica dell’apicoltura
», ricostruisce Pietro Tarallo,
scrittore e autore di numerosi saggi,
guide e reportage. «Mettendo a frutto
terreni abbandonati o boschivi, i monaci
hanno presidiato prodotti del luogo
e di stagione su cui si è poi basata la loro
cucina».
Proprio nei luoghi dove la moderazione
e la rinuncia hanno sempre rappresentato
un segno tangibile di distacco
dalle abitudini dei laici, i religiosi si
sono rivelati apprezzati arte ci di ricette
e leccornie, spesso segretissime.
Il viaggio inizia a Nord, nel Trentino Alto Adige, dove è raffinatissima la
produzione di vini. In particolare, a
Varna (Bolzano), l’Abbazia di Novacella
(www.abbazianovacella.it) sfrutta il
clima fresco e i terreni ricchi di minerali
per sviluppare i tipici bianchi della
Valle Isarco (Sylvaner, Müller Thurgau,
Kerner, Gewürztraminer, Veltliner),
ma anche i rossi (Lagrein, Kalterersee,
Pinot Nero, Moscato Rosa). Tutti i vini
possono essere degustati nella cantina
dell’abbazia, accompagnandoli con
ottimo speck, salsicce affumicate, formaggio
e pane tipico.
Non bisogna allontanarsi molto per
raggiungere il Convento di Muri-Gries
(www.muri-gries.com), nel cuore di
Bolzano, dove la produzione vinicola è
altrettanto eccellente e frutto di quella
genuinità che rappresenta il tratto distintivo
di tutti i monasteri d’Italia. Presto
spiegato il motivo: non può che essere
purissimo un prodotto destinato a
trasformarsi nel “sangue di Cristo”.
«Qua e là non mancano neppure liquori,
digestivi, amari, elisir e distillati,
con aggiunte di erbe silvane e officinali per renderli gradevoli toccasana,
curativi, preventivi e tutti al naturale»,
riprende Tarallo.
Ad esempio, prodotti
tra mortai e alambicchi, sembrano frutto
di misteriose formule alchemiche il
delizioso Amaro Ottanta ottenuto dalle
erbe silvane, il Gin dry a base di bacche
di ginepro e il tonico digestivo preparato
con le gemme di abete proposti dalla
liquoreria dell’Abbazia di Vallombrosa
(www.monaci.org), in Toscana.
Bisogna spostarsi invece nel Lazio
per degustare l’Amaro Centerbe,
le Gocce imperiali e il Trisulty brandy
della Certosa di Trisulti, in provincia
di Frosinone, oppure l’Eucalittino,
la prelibata Crema nocciola e la nuovissima
birra aromatizzata all’eucalyptus
dell’Abbazia delle Tre fontane di Roma
(www.abbaziatrefontane.it).
Gioia vera per il palato
I golosi possono trovare il paradiso nel
Monastero di Santo spirito, ad Agrigento
(www.monasterosantospiritoag.org),
dove le monache preparano con un metodo
antico gli amaretti di pistacchio, i
biscotti ricci e il famoso couscous dolce,
prodotto con grano macinato in terza
rottura, mandorle e pistacchi. Risalendo
lo Stivale, è obbligatoria una tappa al Monastero di Santa Lucia, a Trevi (www.
monasterosantalucia.it), in cui le Benedettine
sfornano la squisita “pannocchia”,
una torta a base di farina di granoturco,
crema e un segretissimo cocktail
di liquori. E poi via libera alle pasterelle
e ai savoiardi del Monastero di Santa Caterina,
a San Severino Marche (Macerata);
alle “sbreghe” dell’Abbazia di Santa
Maria in Sylvis di Sesto al Reghena (Pordenone),
ovvero biscotti secchi e croccanti
a base di mandorle; alle marmellate
macrobiotiche con zucchero di canna
e materie prime del frutteto sperimentale
del Monastero di San Biagio della
Madonna della Fiducia di Mondovì, in
provincia di Cuneo (www.monasterosanbiagio.
com).
Cioccolato, che passione
«Non ha nulla da invidiare ai migliori e sofisticati chocolatiers francesi e svizzeri la
cioccolata dell’Abbazia di Nostra Signora
del Santissimo Sacramento, a Frattocchie,
in provincia di Roma (www.trappisti.
org)», suggerisce Tarallo. «Da oltre
sessanta ore di concaggio e dal cacao più
sopra no, nasce un cioccolato fondente
da intenditori, che oggi non è più prodotto
dai padri. Purtroppo hanno dovuto cedere
il loro laboratorio ai maestri pasticceri
che vi lavoravano, ma tutto continua
nel segno della tradizione».
Fra le altre leccornie comuni a gran
parte delle comunità monastiche c’è
poi il miele, alla cui produzione si dedicano
da sempre frati, monaci e suore.
In Brianza, l’Abbazia di San Benedetto
in Seregno ha addirittura aperto
l’apiario al pubblico per visite guidate e
proietta lmati e diapositive sul mondo
delle api. Ma nei grossi pentoloni cuociono
a fuoco lento anche marmellate,
gelatine, succhi di frutta e sciroppi.
Squisite sono le confetture preparate
dalle monache del Carmelo di
Sant’Elia, a Sanremo, che propongono
una miscela di arance dolci, amare, limoni
e cedri, tutti del loro agrumeto;
ma gli aromi della natura si sprigionano
dalle cucine di tante altre comunità,
sempre più aperte verso la realtà esterna
e i suoi “peccati di gola”.