Con l’intervento conclusivo del ministro per la Cooperazione e l’Integrazione Andrea Riccardi martedì 2 ottobre si è chiuso il Forum della cooperazione internazionale che per un paio di giorni ha attirato l’attenzione della città di Milano che lo ha ospitato e dell’intero Paese. Media, istituzioni, autorità nazionali ed internazionali si sono finalmente concentrati su quella che resta una delle materie residuali e delle politiche “cenerentola” dell’Italia, troppo spesso sacrificata sull’altare dei tagli della spesa pubblica e delle diverse spending review che, con nomi diversi, hanno falciato le risorse pubbliche allocate agli aiuti ai Paesi poveri negli ultimi decenni.
Con loro tutti gli operatori, ringraziati dal Presidente della Repubblica Napolitano nel suo video messaggio di apertura come “coloro che operano sul campo, in silenzio e lontano dai riflettori, spesso al prezzo di rilevanti sacrifici personali”, molti dei quali presenti al Forum, e tantissimi altri che hanno idealmente partecipato ai lavori continuando il loro servizio di solidarietà al fianco dei poveri della terra nei Paesi dei Sud del mondo.
Le parole conclusive di Riccardi confermano gli obiettivi posti alla base dei lavori milanesi e fanno eco a quanto ancora affermato dal Presidente Napolitano quando ha scandito come “la cooperazione è sempre stata un imperativo etico di solidarietà, ma oggi, nel XXI secolo della globalizzazione e dell’interdipendenza, è anche un critico investimento strategico nelle relazioni internazionali del Paese e per la tutela e la promozione degli interessi dell’Italia nel mondo …. è politica estera nel senso più nobile e più elevato della parola … è giusto quindi riportare la cooperazione tra le priorità della politica nazionale..:”anche per offrire “larghi spazi alle generazioni più giovani alle quali ha aperto e apre nuovi orizzonti”.
Un filo conduttore ha legato la grande maggioranza degli interventi ascoltati: molti hanno sottolineato come la cooperazione non può essere un’attività fine a se stessa, ma piuttosto un’azione da svolgere dentro un quadro di riferimento ideale, nel massimo del rigore e nell’interesse del nostro Paese perché, come riconosciuto da autorevoli relatori, senza cooperazione un Paese non cresce e non è civile. “Solidarietà e interesse sono due binari che camminano insieme”, ha detto Riccardi, “passione, intelligenza e concretezza” gli ingredienti da lui evocati per una buona cooperazione.
Imperativo etico, quindi, e al tempo stesso via maestra per garantire il
benessere nostro e di tutti gli altri. A condizione che siano messe a
disposizione delle istituzioni competenti e delle migliaia di esperienze
di società civile impegnate nella solidarietà internazionale le risorse
sufficienti per riallineare l’Italia agli standard della comunità dei
donatori e dare gambe alle tante idee ancora emerse nel corso del Forum.
Si può pensare a questa come alla prima necessità in ordine
temporale, senza scuse, né false giustificazioni. Non regge, infatti - è
stato osservato - imputare alla crisi imperante l’impossibilità del
Governo di stanziare fondi alla cooperazione. Qualcuno ha voluto
ricordarlo al viceministro Grilli, anch’egli intervenuto al Forum,
portando ad esempio altri Paesi europei che pur in tempo di crisi hanno
alcuni aumentato, altri mantenuto e altri ancora ridotto in misura
inferiore gli stanziamenti destinati alla cooperazione allo sviluppo; o
citando la Vicepresidente Emma Bonino che ha
evidenziato come il disimpegno economico dell’Italia origina e non si
interrompe fin dalla fine degli anni ’80 quando le casse dello Stato
godevano di ben altra salute.
E’ per questi motivi, tra altri, che fatico a condividere gli
ammiccamenti di alcuni rappresentanti delle Ong verso simili
teorie giustificatorie sostenute alla luce della pari importanza tra quantità e
qualità degli interventi. Ovvio che come si opera e quali politiche
si attuano sono elementi fondamentali per una azione efficace; evidente
che anche su questo terreno occorra continuamente vigilare e
migliorare. Del resto proprio per questo obiettivo il ministro Riccardi
ha voluto un percorso partecipato e articolato per preparare
adeguatamente il Forum di questi giorni.
Ma discutere senza che il Governo inverta con decisione questa annosa
tendenza, corre il forte rischio di cedere alla retorica. Per questo sono condivisibili appieno le parole di
Riccardi quando ha tuonato “io non mollo” e annunciato di voler
riconvocare gli Stati generali della cooperazione “fra due anni, magari
in una città del Sud” dove verificare il mantenimento impegni assunti al
Forum. A partire da quelli enunciati da Grilli circa il progressivo
riallineamento degli stanziamenti, iniziando con un aumento degli
stanziamenti del 10% con la prossima Legge di Stabilità per il 2013 e
proseguendo con quelli assunti da Riccardi per rafforzare il
volontariato di servizio civile e stabilizzare il “5 per mille”. Nel
frattempo, benvenute le proposte conclusive del Ministro per la
Cooperazione e l’Integrazione di voler continuare “in modo virtuale” il
Forum “nutrendo uno spazio di dibattito” e di utilizzare il Tavolo
interistituzionale recentemente istituito dallo stesso Riccardi come una
“consulta permanente”. Il silenzio sulla cooperazione è stato
rotto, ha chiosato Riccardi, e l’Italia non è insensibile ai temi e ai
problemi dei poveri della Terra. La speranza che lo sia anche chi nei prossimi mesi dovrà tradurre in pratica idee e propositi raccolti.
Sergio Marelli, presidente
Comitato italiano sovranità alimentare
Il Forum sulla Cooperazione Internazionale, voluto dal ministro Andrea Riccardi, un risultato l’ha raggiunto di sicuro: quello di far parlare di aiuto allo sviluppo, di ruolo dell’Italia, della necessità di ripartire voltando pagina.
Tre mesi di lunga preparazione, due giorni di intensi dibattiti. Per due giorni – e non avveniva da almeno 20 anni – il tema della cooperazione allo sviluppo è tornato al centro dell’agenda politica italiana, con tutto il mondo del volontariato internazionale schierato, e mezzo governo presente, a partire dal presidente del Consiglio Monti.
Come ha detto lo stesso Riccardi, un dibattito che deve continuare, di cui la “due-giorni” è stato solo il primo momento. C’è da sperare che sia così, perché quello che è mancato è stato l’impegno concreto da parte del Governo: su tutti i nodi principali i ministri che si sono succeduti al microfono non sono andati oltre a generiche promesse di invertire l’attuale rotta, che ci ha portato ad esser il fanalino di coda fra i Paesi donatori.
Sulla nuova legge, sull’aumento di risorse, sulla creazione di un’Agenzia indipendente di gestione, sulla nascita di un Fondo Unico dove far convergere i finanziamenti, sulla necessità che la cooperazione abbia un proprio ministro con precise deleghe (oggi è affidata al ministero degli Affari Esteri), su tutto ciò nessun impegno concreto è stato preso.
Fino a ieri di tutto questo nemmeno se ne parlava. Al Forum di Milano se n’è parlato, e ad alta voce. La sintesi dei risultati del Forum potrebbe essere questa: finalmente si è dato un palcoscenico alla cooperazione italiana. Ma un palcoscenico non basta.
Luciano Scalettari
A poche ore dalla conclusione del Forum sulla Cooperazione Internazionale, le Organizzazioni non governative italiane riprendono subito la parola. Per chiedere fatti concreti.
L’Associazione delle Ong, Cini e Link 2007 hano diffuso un documento, rivolto al Governo, ai parlamentari e a tutte le forze politiche «per dare seguito alle dichiarazioni a favore della cooperazione allo sviluppo che abbiamo ascoltato in questa due giorni di confronto a Milano».
«Il sostegno che Napolitano e Monti hanno manifestato – richiamando il fatto che la cooperazione allo sviluppo è “imperativo etico di solidarietà” e “critico investimento strategico per l’Italia” – non può essere disperso», scrivono le Ong, «e dev’essere rapidamente tradotto in precisi atti di governo e del Parlamento».
«È possibile e necessario», insistono nel testo, «dare attuazione alle disposizioni incluse nel Documento di Economia e Finanza, nel quale il Governo si impegna a riallineare le risorse per l’aiuto allo sviluppo agli standard internazionali. Se – come è stato ribadito in occasione del Forum – la cooperazione è priorità del Paese, il rilancio degli aiuti non può essere ancora rinviato, pena il rischio di vedere ulteriormente ridotta la credibilità del Paese nella lotta alla povertà e lo sviluppo sostenibile».
Più risorse, quindi, e da subito. E la nuova legge, attesa da tanti anni: «È possibile e necessario», sostengono ancora le Organizzazioni non governative, «riformare il sistema della cooperazione per dare sostanza alle affermazioni condivise nel Forum che richiedono che l’aiuto internazionale ai fini dello sviluppo sia rappresentata in maniere forte e diretta nelle attività e decisioni di governo. Abbiamo bisogno di un sistema per la cooperazione all’altezza delle sfide del nuovo secolo».
Infine, il documento – dopo le polemiche legate alla presenza (e alla sponsorizzazione del Forum) da parte dell’Eni – sottolinea che pubblico e privato, profit e non profit, possono collaborare e fare sinergia, ma a condizione che tutti gli attori aderiscano «a quei principi di difesa dei diritti umani e del rispetto delle priorità di sviluppo delle comunità dei Paesi con i quali collaboriamo in spirito di partenariato, come ribadito anche a livello internazionale. I soggetti pubblici e privati devono aderire a questi principi per realizzare una cooperazione internazionale allo sviluppo efficace e moderna».
Una voce parzialmente critica viene dal Presidente dell’Ong milanese Coopi-Cooperazione Internazionale, Claudio Ceravolo: «Come avviene spesso nel nostro Paese», dice, «ancora una volta abbiamo limitato il dibattito a un’ottica “casalinga”: il futuro della cooperazione italiana, la riforma della Legge 49, il taglio dei finanziamenti alle nostre ONG, la perdita di ruolo dell’Italia nelle agenzie internazionali. Tutti problemi enormi e di cui è bene finalmente parlare. Ma bisogna anche saper guardare fuori dai nostri orizzonti».
«Non dimentichiamo», continua Ceravolo, «che al mondo che cambia velocemente bisogna saper dare delle risposte. Per questo, al Forum della Cooperazione, avremmo dovuto dirci non come avrebbe dovuto essere la cooperazione di ieri, se l’Italia non fosse stata inadempiente, ma come dovrebbe essere la cooperazione di domani» di fronte anche alle nuove sfide, che oggi non sono soltanto «i temi della lotta alla povertà, che pure restano sempre prioritari», ma anche le altre emergenze che sono sopraggiunte: «il riscaldamento climatico, la penuria delle risorse energetiche, l’aumento dei prezzi delle derrate alimentari, la crisi finanziaria. Tutti fenomeni che ostacolano considerevolmente le prospettive di sviluppo dei Paesi poveri».
Luciano Scalettari