Il linguaggio è quello solenne dei momenti storici. «I due leader dichiarano solennemente di fronte alle 80 milioni di persone della nostra nazione e al mondo intero che non ci sarà altra guerra nella penisola coreana e che una nuova era di pace è iniziata». Kim Jong-un e Moon Jae-in, durante il primo summit intercoreano svoltosi dopo più di un decennio, hanno firmato una dichiarazione destinata a lasciare il segno. Mentre i leader della Corea del Nord e del Sud si incontravano nel vertice intercoreano svoltosi venerdì 27 aprile, i cattolici della Corea del Sud, nelle diverse diocesi, si sono riuniti in preghiera, invocando la benedizione di Dio e il successo dell'incontro. «È nostro desiderio sincero che d’ora in poi si avvii un dialogo a lungo termine. Il dialogo può aprire le porte alla pace, alla prosperità e alla riconciliazione nella regione», ha dichiarto all'agenzia di stampa Fides padre Ho Chang J M, sacerdote coreano.
Il summit tra il leader nordcoreano Kim Jong-un e il presidente sudcoreano Moon Jae-in si è svolto sul lato meridionale del villaggio di Panmunjom nella zona demilitarizzata dove è stata siglata la tregua della guerra di Corea, nel 1953. Si tratta del terzo summit di questo genere e Kim Jong-un è il primo leader nordcoreano ad attraversare la frontiera per recarsi in territorio sudcoreano dalla fine della guerra, Il vertice si concentrava sulla possibile rinuncia della Corea del Nord alle armi nucleari «Tutto il mondo ha guardato con attenzione e speranza al summit. In Corea del Sud cristiani e persone di altre fedi in Asia sperano che sia decisivo per aprire una meravigliosa opportunità di dialogo», ha affermato padre Ho.
Anche nei diversi Paesi asiatici la preghiera per la pace è stata costante: a Chiang Mai, in Thailandia, la Conferenza cristiana dell'Asia (Cca), organo ecumenico che riunisce leader di diverse confessioni cristiane, ha tenuto ieri una preghiera speciale auspicando un esito positivo del summit.
«Nella nostra fervente preghiera speriamo e chiediamo a Dio che i leader della Corea del Nord e della Corea del Sud trovino soluzioni e strade adeguate per coltivare pace e riconciliazione, basate sull'uguaglianza, il rispetto reciproco, il beneficio reciproco e la coesistenza pacifica», ha osservato in una nota rilanciata da Fides. «È nostra sincera speranza che un incontro intercoreano spiani la strada all'incontro molto atteso tra il leader nordcoreano Kim Jong Un e il presidente degli Stati Uniti Trump», ha affermato Chunakara. «Tutte le comunità cristiane in Asia - conclude - stanno pregando e sostenendo con forza la richiesta, espressa anche dal Consiglio nazionale delle Chiese in Corea (Ncck), di siglare un vero accordo di pace che sostituisca l'accordo di armistizio del 1953».
Un dipinto che raffigura i 103 martiri, vittime delle persecuzioni religiose che hanno insanguinato la Corea nel corso del 1800. Le altre fotografie sono dell'agenzia Ansa (copertina) e dell'agenzia Reuters (sopra).
«Mi sono commosso, guardando in tv i due leader che si incontravano. Poi ho recitato una preghiera, ho ringraziato Dio e ho dato la mia benedizione. Sono davvero felice, perché si apre una nuova era: possiamo dire che Dio compie opere meravigliose e sorprendenti»: con queste parole - messe in evidenza dal sito della Santa Sede Vatican Media, monsignor Lazzaro You Heung-sik, vescovo di Daejeon e presidente della Commissione episcopale per la società ha voluto commentaere l'evento, «Ho invocato anche la protezione della Vergine Maria e dei martiri coreani: a loro affidiamo il futuro di questo cammino verso la pace e la riconciliazione, per il bene del popolo coreano e di tutta l'umanità», ha proseguito il vescovo.
«È stato emozionante. Oggi in Corea», ha sottolineato monsignor Lazzaro, «si respira un'aria di grande ottimismo e di speranza. Quanto sembrava impossibile solo pochi mesi fa, quando si parlava di guerra, oggi si è realizzato. Oggi diciamo al Signore: completa l'opera tua. Siamo fratelli: come coreani siamo un solo popolo». Un grande merito, aggiunge «va attribuito al nostro presidente», Moon Jae-in, 65 anni, uomo di di fede e di dialogo, secondo premier cattolico della Corea del Sud (nome di battesimo: Timothy): «ha creduto molto e ha lavorato alacremente per questo risultato».
«Ora speriamo di avere l'opportunità di aiutare il popolo nordcoreano che soffre povertà e fame. I due obiettivi del disarmo nucleare e della sigla di un vero trattato di pace sono a portata di mano. Non sono solo possibili, ma davvero necessari: sono la via e il giusto frutto concreto dopo questo vertice» prosegue, ricordando che «la pace nella regione richiede anche la volontà politica di attori come Cina e Usa. I cattolici in Corea – ha concluso il vescovo – hanno vissuto questo evento nella preghiera e continueranno ad accompagnare con la preghiera la strada del dialogo e della pace, promuovendo iniziative di scambio e cooperazione con il Nord, per contribuire a creare autentica riconciliazione e fraternità».