Hani Gergi, 37 anni, siriano, direttore di ArabCor.
Dalla sua amata, bellissima e martoriata Siria Hani Gergi ha portato con sé la musica. «Io suono l’oud, uno strumento a corde, fratello dell’occidentale liuto», spiega. «Si tratta di uno strumento fondamentale della tradizionale orchestra araba, insieme ad altri elementi come il flauto arabo (ney), il qanun, le percussioni». Da Aleppo, dove si è laureato in Statistica e Matematica, Gergi è approdato a Milano. Fino al 2023 è stato professore di Lingua araba all’Università Cattolica del Sacro Cuore. E, fin dalla sua fondazione, è direttore del coro degli studenti di lingua araba dell’ateneo, ArabCor, nato nel 2018 per iniziativa di Wael Farouq, docente egiziano di Lingua e letteratura araba alla Cattolica.
«Ho lasciato la Siria il 5 maggio del 2015. Una data impressa nel mio cuore. Andarmene è stata una grande sofferenza, noi siriani siamo profondamente legati alla nostra terra e quando la lasciamo è un’immensa mancanza», racconta Gergi, che è cattolico ed è nato 37 anni fa in uno dei villaggi cristiani della regione nordoccidentale di Idlib, al confine con la Turchia. «Lì, fin da piccolo facevo parte del coro della chiesa cattolica. In seguito con la famiglia ci siamo trasferiti ad Aleppo. E in quella città sono diventato direttore del coro della parrocchia latina, la chiesa di San Francesco d’Assisi».
Il coro in lingua araba, spiega Wael Farouq - primo professore associato di fede islamica all'Università Cattolica di Milano - è nato con l’obiettivo di fornire agli studenti «uno strumento educativo per imparare e amare la lingua attraverso la bellezza della forma musicale, superando lo stereotipo dell’arabo come lingua troppo difficile». Le canzoni aiutano molto a imparare l’accento, la giusta pronuncia delle consonanti e delle vocali arabe. «Partiamo dal principio che la lingua non è un sistema astratto, ma è inserita nel suo patrimonio culturale. Attraverso la musica insegniamo l’arabo come lingua viva». Prosegue: «Il coro non è professionale, è formato da una trentina di studenti e studentesse appassionati di canto e da musicisti: quando i suoi componenti si laureano, escono dal coro e ne arrivano di nuovi. Ogni anno ricominciamo il lavoro da capo con nuovi allievi».
L’esordio di ArabCor è avvenuto al Festival internazionale della lingua e cultura araba all’Università Cattolica nel 2019. Lo scorso aprile il coro si è esibito all'edizione 2024 della rassegna. Ma Arabcor è anche uscito dal perimetro dell’ateneo ed è arrivato fino al Teatro dell’opera di Oslo, nel 2021, per il Bridge Builder Award, un premio assegnato ai costruttori di ponti fra persone, società e nazioni. ArabCor, esperienza unica in Italia, oltre che uno strumento educativo, di certo rappresenta un ponte tra civiltà e tradizioni, tra mondo arabo e Occidente, che aiuta a superare stereotipi e luoghi comuni.
«Non si può pensare di conoscere la lingua araba se non si assaggia un piatto tipico della cucina araba, se non si guarda un film arabo, se non si ascolta la musica araba, se non si incontrano persone arabe», ribadisce il direttore del coro. Riguardo al repertorio di Arabcor, Gergi spiega: «Scelgo canzoni che rappresentano tutto il mondo arabo, brani da Siria, Libano, Iraq, Andalusia araba, e soprattutto dall’Egitto, perché da lì proviene l’80% della nostra tradizione musicale, tant'è vero che molti artisti arabi non egiziani cantano usando il dialetto egiziano. Seleziono canzoni che non contengono il quarto di tono, intervallo tipico della musica araba, perché sarebbe troppo difficile da cantare per chi non ha l’orecchio abituato come noi arabi e da suonare con strumenti occidentali come il pianoforte». E poi, brani popolari della tradizione religiosa musulmana e di quella cristiana.
Immancabile nel repertorio è Fairuz - pseudonimo di Nouhad Haddad -, icona della musica libanese e del Medio Oriente del XX secolo, soprannominata dai libanesi "Nostra ambasciatrice presso le stelle". «È la mia preferita», racconta Gergi. «Non è possibile cominciare la giornata con il caffè senza Fairuz. Nei Paesi arabi la sua voce accompagna e arricchisce ogni momento della nostra vita. Fairuz ha cantato Silent night (Astro del ciel) in arabo, ha cantato per il Venerdì santo, per ogni epoca. Come l’artista egiziana Umm Kulthum prima di lei, Fairuz ha unito il mondo arabo e fatto conoscere la nostra musica nel mondo».
(Foto in alto: ArabCor in concerto nell'Aula Magna dell'Università Cattolica lo scorso 11 aprile al Festival internazionale della lingua e cultura araba)