«Sabato e domenica erano finiti frutta e verdura. Adesso invece la situazione è più tranquilla. Qui, a parte un negoziante che fa il pane fresco, è tutto chiuso, anche la chiesa. Non è mai successo una cosa del genere, è come il primo gennaio alle otto del mattino». Enrico Visigalli, 52 anni, vive a Maleo, tremila anime in piena zona rossa, a soli due chilometri dall’ospedale di Codogno finito nell’occhio del ciclone come possibile “incubatore”, per superficialità o mancato rispetto dei protocolli, del Coronavirus che ha messo in quarantena tutta la Bassa lodigiana. «Speriamo che questa situazione non duri a lungo perché i commercianti e le imprese della zona sono in grossa difficoltà», sospira.
Domenica scorsa Enrico stava festeggiando il suo compleanno quando è arrivata via email la comunicazione dell’Eni di San Donato Milanese, dove lavora come geofisico: «Mi hanno invitato a stare in casa, in quarantena, perché questa zona risultava il primo focolaio del virus in Italia, e a lavorare a distanza utilizzando lo smartworking». Da lunedì l’intera famiglia si è ritrovata chiusa in casa in un paese deserto, quasi surreale. La moglie di Enrico, Antonietta, insegna alla scuola primaria di Maleo, chiusa ovviamente, dove va anche il figlio piccolo, Paolo, 10 anni. Porte sbarrate anche al liceo “Novello” di Codogno frequentato dalla figlia Anna, 17 anni. L’unico che esce per lavorare è il figlio maggiore Giovanni, 22, che lavora in un supermercato di Codogno che ha il servizio panetteria ed è rimasto aperto: «Ovviamente lavora con la mascherina e con tutte le accortezze prescritte dalle autorità», spiega il padre.
La vita in quarantena è complicata? «No, bisogna solo sapersi organizzare. Io la mattina alle sette vado in panetteria a fare la spesa e così evito anche le code. Alle otto e mezza mi metto davanti al computer a lavorare. Quando devo sgranchirmi un po’ le gambe vado a passeggiare sulle strade di campagna che qui non mancano».
Il centro di Maleo "chiuso" per il Coronavirus
«Ci sono infermieri che non tornano più a casa per paura di contagiare i familiari»
Tutta la famiglia Visigalli è stata messa in quarantena obbligatoria anche se nessuno presenta sintomi da far scattare l’allarme: «In un primo momento ci avevano detto che ci avrebbero fatto il tampone anche senza sintomi. Questo almeno era il protocollo. Significava fare i test a tappeto a oltre cinquantamila persone. Adesso invece è cambiato e lo si fa solo a chi ha la febbre. Per la mia famiglia, quindi, quarantena fino all’8 marzo. Lunedì 9, in teoria, dovrei tornare al lavoro e i ragazzi a scuola». In teoria, perché mai come in quest’emergenza si naviga a vista. La vita com’è in questi giorni? «La sera non possiamo andare fuori, niente cinema o locali. Giochiamo a carte e vediamo la Tv», racconta, «noi stiamo bene, non abbiamo problemi. Il problema sono gli anziani, mio padre ha 90 anni, mia madre 86. Stanno bene e non hanno sintomi particolari. Ma se per qualsiasi motivo dovessero aver bisogno di un consulto medico e andare al Pronto soccorso sarebbe un bel guaio perché è tutto bloccato e ogni spostamento deve essere giustificato. L'ospedale di Codogno, il più vicino, adesso è chiuso».
Anche la famiglia Visigalli sarà venuta a contatto con qualcuno dei contagiati. «Molto probabile», dice Enrico, «qui ci conosciamo tutti, Codogno è a due passi, mia moglie è amica di un’infermiera, che non ha nessun sintomo, dell’ospedale dove peraltro sono nati tutti e tre i miei figli. I giornali nei giorni scorsi avevano scritto che la moglie del “paziente 1” (Mattia, il 38enne finito in terapia intensiva, ndr) insegnava nel liceo di mia figlia. Non era vero perché insegna in una scuola media ed era in maternità da ottobre. Però ci siamo preoccupati». Sulle polemiche che hanno investito l’operato dei sanitari di Codogno Visigalli è chiaro: «Ho l’impressione che l’ospedale abbia agito in totale correttezza seguendo tutti i protocolli. Il “paziente 1” non è mai stato in Cina anche se aveva tutti i sintomi del Coronavirus e stava male. Cosa dovevano fare gli infermieri? A Castiglione d’Adda si sono presentati pazienti, anche anziani, con febbre e difficoltà respiratorie e ai medici che gli chiedevano se fossero stati in Cina rispondevano di no. Siamo l’unico paese al mondo dove nessuno è stato in Cina e siamo contagiati. Gli infermieri stanno facendo turni massacranti ed evitano di tornare a casa per non infettare altre persone».
Adesso chi sorveglia Maleo? «Io abito a 20 metri dall’ingresso del paese e ci sono tre militari dell’esercito, ogni automobile o camion che arriva se non ha il diritto a entrare in questa zona viene rispedito indietro. Se deve consegnare alimenti, abiti o medicinali viene fatto passare».
Ma com’è possibile che il contagio si sia sparso a macchia d’olio? «Sabato e domenica la gente andava a fare la spesa a Piacenza e Cremona quando qui i negozi erano già stati chiusi. Forse anche per questo il contagio, partito da Codogno, si è diffuso in tutta la zona».