Se la resilienza è la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, il “Progetto Resilienza” dell'Istituto Sigmund Freud di Milano (650 iscritti alle superiori) è proprio quello di riorganizzare l'attività didattica per gli studenti e farli uscire da una crisi durante l'emergenza coronavirus in un momento in cui morti e malati sono lo scenario che sopratutto i giovani devono affrontare con risvolti psicologici non sempre subito evidenti. C'è «una sofferenza sorda». E così, spiega il direttore Daniele Nappo, con «l'obiettivo di conservare il compito di comunità», mantenere viva la classe, il senso di appartenenza, combattere il rischio di solitudine e di demotivazione».
Cinquanta docenti, segretarie, personale di direzione, tecnici informatici con l'ausilio di psicologi hanno stilato un “modulo di sopravvivenza” che ha prodotto, fra l'altro, 1850 video lezioni, 190 test, 95 ore di counseling. E poi tutto è stato “normalizzato”: ogni tre giorni si svolge un collegio docenti virtuale, vi sono conferenze on-line con famiglie e studenti, sono state prodotte video mappe concettuali, consegnati Pc e Ipad, gli insegnanti di educazione fisica sono diventati animatori digitali. Tutti sono in servizio a tempo pieno, nessuno utilizza ammortizzatori sociali.
«Vogliamo tornare alla normalità, la scuola ci manca, ci manca la quotidianità, ci mancano i compagni e gli insegnanti, ci mancano le relazioni negli abbracci, ci manca la serenità», sottolinea Nappo, «noi come scuola Freud ci siamo. Insieme torniamo ad essere gli studenti che siano stati prima della minaccia del Covid-19. Il nostro compito è “fare scuola”, ma “non a scuola”. Dobbiamo reagire di fronte alla difficoltà del momento, deve nascere un cambiamento, un adattamento e ne usciremo rafforzati, forti e flessibili per rialzarci vincendo con autostima, auto-efficacia e auto-consapevolezza».