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venerdì 11 ottobre 2024
 
Corruzione
 

Corruzione, l'Autorità non basta

10/03/2014  Matteo Renzi ha annunciato il magistrato Raffaele Cantone a capo della neonata Autorità anticorruzione. La sua competenza è una buona notizia, ma avrà bisogno di un Parlamento pronto a dare strumenti più efficaci alle Procure della Repubblica. Diversamente è solo cosmesi.

L’Autorità Nazionale anticorruzione esisteva già, ma era sulla carta, istituita dalla cosiddetta Legge Severino che l’Europa ha già bacchettato come insufficiente. Da ieri sera sappiamo che il ruolo al vertice dell’Autorità verrà affidato al magistrato Raffaele Cantone. La sua storia e il fatto che abbia esperienza in materia, anche sul campo, sono una buona notizia.

Il problema è che l’Autorità al momento è una scatola vuota e non sono pochi, tra quelli che dibattono in tema di giustizia, a chiedersi se non rappresenti l’ennesimo rischio – molto italiano - di mandare una persona capace a far da foglia di fico, più per mettere a tacere la cattiva coscienza della politica che per risolvere davvero un problema che ci riguarda a fondo e che ci affonda, anche economicamente. Nel rapporto transparency 2013 l’Italia sta al 69° posto su 177 Paesi analizzati nel mondo e risulta tra i più corrotti in Europa.

Il presidente del Consiglio ha spiegato così, in Tv, la decisione di partire già mercoledì con il nuovo corso: «Nel mondo siamo percepiti come un Paese corrotto. Per prima cosa, bisogna smettere di rubare e che chi ruba paghi. Ma c'è un passaggio ulteriore: se l'autorità anticorruzione prevista da Monti parte, nei ranking internazionali l'Italia recupera 10 posizioni».

E qui c’è il rischio che caschi l’asinello, perché quelle 10 posizioni saranno una mera operazione cosmetica se non si fa subito anche altro. Se non si danno cioè strumenti efficaci a quelli che sono costituzionalmente deputati a combattere davvero operativamente la corruzione: le Procure della Repubblica e gli agenti da loro coordinati.

Agli agenti servono uomini e mezzi, benzina nelle auto. Alle Procure serve, quantomeno, una riforma della prescrizione che impedisca che l’azione penale contro la corruzione resti il macinare acqua nel mortaio che è ora. Non servirebbe tanto tempo, ma la volontà sì: basterebbe una legge di una riga per fermare la prescrizione all’inizio del processo.

La corruzione è un reato che si individua con difficoltà, spesso quando i fatti sono accaduti da tempo, e i processi per corruzione – complice la legge ex Cirielli e il fatto che la pena per il falso in bilancio è troppo bassa per consentire le intercettazioni – sono destinati a morire prima di andare a sentenza. Un lavoro inutile, costoso e destinato a dar l’idea che a casa nostra rubacchiare per i colletti bianchi sia sinonimo di farla franca.

Sono problemi che Raffaele Cantone conosce benissimo e rileva da tempo, ma che non potrà risolvere da solo: avrà bisogno di un Parlamento e di un Governo decisi a metterne in pratica i suggerimenti tecnici, diversamente l’Autorità rischia di rivelarsi inutile, quand’anche armata dei migliori uomini e delle migliori intenzioni. O di diventare persino dannosa se dovesse tradursi in una burocratizzazione ulteriore, come già accade con l'Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, che non ha dimostrato finora di  semplificare il lavoro delle Direzioni distrettuali antimafia, anzi.

 

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