Il 14 marzo è stato dato il primo via libera dell'Unione europea alla cosiddetta direttiva sulle “case green” per l'efficienza energetica degli edifici (Energy Performance of Building Directive).
Il sì dell’Europarlamento in plenaria è arrivata con 343 voti favorevoli, 216 voti contrari e 78 astenuti. L'approvazione non permette, tuttavia, ancora l'entrata in vigore del provvedimento della Commissione. Il testo, ora, sarà oggetto del negoziato finale tra Consiglio Ue e esecutivo europeo prima di tornare in Plenaria. L'entrata in vigore della direttiva, quindi, non è scontata. Ora si aprirà, infatti, il cosiddetto “trilogo” con il Consiglio e la Commissione europea per arrivare alla versione definitiva della nuova direttiva, che solo una volta in vigore dovrà essere applicata dagli Stati membri.
Il testo che aveva già ottenuto il via libera in commissione Industria, Ricerca ed Energia, lo scorso 9 febbraio, andrà a costituire il mandato del Parlamento per i negoziati con il Consiglio europeo e la Commissione.
Ma cosa prescrive, nel dettaglio, la direttiva? Che tutti i nuovi edifici siano a “emissioni zero” a partire dal 2028. Per i nuovi edifici occupati, gestiti o di proprietà delle autorità pubbliche la scadenza è fissata al 2026. Tutti i nuovi edifici per cui sarà tecnicamente ed economicamente possibile dovranno, inoltre, dotarsi di pannelli solari entro il 2028, mentre per gli edifici residenziali sottoposti a ristrutturazioni importanti la data limite è il 2032.
L’obiettivo della direttiva è di intervenire prima di tutto sul 15% degli edifici più energivori, che andranno così collocati dai diversi Paesi membri nella classe energetica più bassa, cioè la G. In Italia si tratta di circa 1,8 milioni di edifici residenziali (sul totale di 12 milioni, secondo l’Istat). Le classi energetiche sono 10, dalla A alla G, ma la A è suddivisa in 4 sottoclassi, dalla A1 alla A4 la migliore. Per determinare la classe di appartenenza di un edificio si calcola la prestazione energetica globale derivante dai consumi di energia non rinnovabile. La classificazione energetica sta indicata nell’attestato di prestazione energetica (Ape), redatto da un certificatore abilitato. (L’Ape è obbligatorio quandosi mette in vendita la casa, quando la si affitta e quando la si ristruttura per chiedere agevolazioni fiscali).
Secondo la maggioranza del Parlamento, gli edifici residenziali dovranno raggiungere, come minimo, la classe di prestazione energetica E entro il 2030, e D entro il 2033. Per gli edifici non residenziali e quelli pubblici il raggiungimento delle stesse classi dovrà avvenire rispettivamente entro il 2027 (E) eil 2030 (D).
Per prendere in considerazione le differenti situazioni di partenza in cui si trovano i parchi immobiliari nazionali, nella classificazione di efficienza energetica, che va dalla lettera A alla G, la classe G dovrà corrispondere, come detto, al 15% degli edifici con le prestazioni energetiche peggiori.
Il testo prevede che gli interventi di miglioramento delle prestazioni energetiche debbano essere effettuati al momento di un ingresso di un nuovo inquilino, oppure al momento della vendita o della ristrutturazione dell’edificio.
Bruxelles ha stabilito che i vari piani nazionali di ristrutturazione che verranno varati per rispettare le nuove norme prevedano forme di aiuto economico per facilitare l’accesso alle sovvenzioni e ai finanziamenti.
Gli Stati membri dovranno allestire punti di informazione e programmi di ristrutturazione neutri dal punto di vista dei costi. Non solo: i regimi finanziari dovranno prevedere un premio cospicuo per le cosiddette ristrutturazioni profonde, in particolare nel caso degli edifici con le prestazioni peggiori, e sovvenzioni e sussidi mirati destinati alle famiglie in difficoltà economica.
Ed eccoci, infine, alle deroghe: la nuova normativa non si applica ai monumenti, e i Paesi Ue avranno la facoltà di escludere anche edifici protetti in virtù del loro particolare valore architettonico o storico, edifici tecnici, quelli utilizzati temporaneamente, chiese e luoghi di culto. Gli Stati membri potranno inoltre estendere le esenzioni anche a edifici dell'edilizia sociale pubblica in cui le ristrutturazioni comporterebbero aumenti degli affitti non compensati da maggiori risparmi sulle bollette energetiche.
Il testo è stato approvato con i voti di socialisti, verdi, liberali e una parte del Ppe, che si è spaccato in tre tronconi, tra favorevoli, contrari e astenuti. Tra gli italiani hanno votato contro tutti i partiti di governo, favorevoli la delegazione del Pd, dei Verdi e del M5S. Mentre Azione-Italia Viva si è astenuta.
In Italia il 74% degli immobili è stato realizzato prima dell’entrata in vigore della normativa completa sul risparmio energetico e la sicurezza sismica. L’Ance (Associazione nazionale costruttori edili) riporta che, ad oggi, su 12,2 milioni di edifici residenziali oltre 9 milioni «non sono in grado di garantire le performance energetiche indicate dalle nuove normative e soprattutto nei tempi brevi previsti» dalla proposta di Direttiva europea sull’efficienza energetica.
Inoltre, secondo un monitoraggio Enea-CTI, nel 2020 gli attestati di prestazione energetica riferiti agli edifici sono per il 75,4% in classi inquinanti (E, F, G), con la classe G a rappresentare il 35,3%. L’applicazione rigorosa della direttiva energetica entro breve termine richiederebbe quindi in Italia la ristrutturazione di due edifici su tre.
(fonti: Corriere della sera e Rai)