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domenica 28 maggio 2023
 
CHIEDILO A CREDERE
 
Credere

Cosa mi spinge ad amare gli altri?

08/12/2022  Il nostro amore non è inconscio, ma richiede di diventare sempre più cosciente in noi

Ho ricevuto una mail da un lettore, Bruno, che condivide una riflessione sulla sua esperienza dell’amore cristiano e che termina con una domanda: «Ho capito con il tempo che nella mia natura c’è uno stimolo ad avvicinarmi all’altro e ad amarlo (nel senso di agape), proprio perché sono amato da Gesù e perché riproduco inconsciamente il suo amore per me. Allo stesso tempo però sperimento carenze affettive che risalgono a tempi remoti… ed è qui che sento che il mio amore sembra meno interessato». Da qui la sua domanda: «Cosa mi muove? L’amore di Dio è alla base? O è il mio bisogno di essere amato dall’altro? O tutti e due?».

Caro Bruno, penso che la tua domanda sia quella di molti (se non di tutti noi). Mi permetto, però, una prima rettifica. Sebbene condivida la tua lettura dell’amore “riflesso” che viviamo, non lo collocherei al livello inconscio, ma a un livello più profondo. Mi spiego: l’amore di Cristo in noi non è inconscio, ma è il cuore del Vangelo ed è un amore – come spiega Paolo – «effuso nei nostri cuori per lo Spirito Santo che ci è stato donato» (Rm 5,5). Giovanni, dal suo canto, ci ricorda che come credenti in Gesù, «noi amiamo perché lui ci ha amati per primo» (1Gv 4,19). Quindi, non è un amore inconscio, ma un amore che richiede di diventare sempre più cosciente in noi. È il cuore del Vangelo. Anche quando eravamo lontani e peccatori, Dio ci ha amato e ha dato suo figlio per noi. I nostri “no” sono stati ricambiati dal suo “sì” in Gesù, incarnato, crocifisso e risorto. Veniamo ora alla domanda: cosa ci muove nell’amare gli altri? Vorrei evocare una distinzione importante tra eros e agape, che i cristiani ereditano dalla cultura greca e che può essere illuminante per il nostro proposito: eros, l’amore passionale (l’amore di bisogno, possiamo dire) e agàpe, ovvero l’amore oblativo. Questi due amori non si contraddicono necessariamente. Anzi, con realismo, dobbiamo dire che in noi coesistono e si completano. Il mio bisogno degli altri mi risveglia ai volti, alle persone. Ma, allo stesso tempo, l’agàpe, effusa nel nostro cuore, ci insegna ad andare oltre noi stessi per amare gli altri oltre il nostro interesse. Il realismo cristiano non oppone la nostra natura umana alla nostra vocazione divina, perché – come insegnava san Tommaso d’Aquino – la grazia presuppone la natura e la porta alla perfezione. Eros e agape hanno una lunga storia insieme e meritano che ci torniamo sopra la prossima volta.

 
 
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