Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
venerdì 13 settembre 2024
 
 

Cosa rischia l'Italia

15/10/2010  Alla Settimana sociale il prof. Diotallevi scuote i delegati: un Paese lacerato. Nessuna impunità al potere. Attenti al falso federalismo, che moltiplica piccoli statalismi.

L’Italia è la vera posta in gioco. E allora se perde l’Italia cosa accade? La domanda del professor Luca Diotallevi inchioda la platea dei 1200 delegati della Settimana sociale dei cattolici a Reggio Calabria. Mette in fila una serie di analisi e di questioni che oggi scuotano il Paese e a cui bisognerà dare una risposta. La Settimana sociale serve a questo. Il professore, vicepresidente del comitatao che ha organizzato la Settimana, osserva che nessun Paese europeo vive oggi le lacerazioni e le divaricazioni dell’Italia: tra territori e tra generazioni. Scatta un’ovazione quando denuncia che “stiamo illudendo i giovani promettendo loro qualsiasi cosa come un diritto”, ma allo stesso tempo li stiamo “derubando”, privandoli del “diritto di giocarsi alla pari i loro talenti”. Poi passa al debito pubblico, le cui dimensioni sono tali da rendere “impraticabili i vecchi trucchi” del ricorso all’inflazione. Diotallevi non fa alcun nome ma ricorda che se c’è “qualche vincolo esterno” anche a impedire il ricorso ai vecchi trucchi “forse converrà pensarci sue volte prima di biasimarlo”. Il riferimento è alla polemica sul ruolo dell’Unione e della Banca centrale europea più volte criticata da alcuni esponenti di governo, che vogliono mani libere. E anche qui scattano gli applausi.

 Poi c’è l’analisi del potere con parole altrettanto severe: “Ogni volta che un potere o un sistema di potere si fa assoluto ed autonomo la dignità della persona umana è messa radicalmente a repentaglio”. Per cui “nessuna dinamica istituzionale può pretendere autonomia assoluta, né l’esercizio di alcun potere può sottrarsi a specifiche forme di responsabilità e ad un efficace regime di imputabilità”. La soluzione proposta è ragionare attorno ad una crescita che non ha certo bisogno di “dirigismo”, ma di “cooperazione e di sinergie”. Insomma il Paese non può crescere che insieme, un’avvertimento che la Chiesa italiana ripete da decenni, ma sembra sempre inascoltato. Invece è così, per cui il Sud deve essere questione nazionale e il federalismo non deve trasformarsi nella moltiplicazione di tanti “microstatalismi”. Anche su questo passaggio la platea dei delegati applaude con convinzione.

 


 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo