Alice Rohrwacher.
La cattiva notizia è che i giurati del 67° Festival di Cannes, guidati da Jane Campion, hanno pensato bene (come spesso fanno le giurie) di non premiare registi e attori che hanno avuto già tanti riconoscimenti. Niente da fare così per i fratelli Dardenne né per Marion Cotillard, meravigliosa protagonista del loro Due giorni, una notte. E nessuna traccia nel Palmarès di The search di Michel Hazanavicius (cinque Oscar per The artist). Eppure, questi sono stati i due più bei film di quest'anno sulla Croisette e la nostra idea di spettatori appassionati, prima ancora che critici, è che siamo certi che il pubblico li premierà.
La buona notizia è che, in questa ricerca di novità, il Grand Prix (ovvero il secondo riconoscimento per importanza del festival) è andato alla nostra Alice Rohrwacher: evidentemente Le meraviglie non aveva colpito soltanto noi per il suo fascino arcaico e poetico. E' stata Sophia Loren a consegnarle il premio, accolta dalla platea di star del Grand Théatre Lumière con una standing ovation che ha dato una forte connotazione italiana al galà di quest'anno (tra le più fotografate anche Monica Bellucci, elegantissima, tra gli interpreti della pellicola della Rohrwacher). “Grazie”, ha mormorato impacciata per l'emozione la giovane regista. “Ci tengo a ringraziare tutte le belle persone che mi hanno aiutato a fare questo film, perché lo abbiamo fatto insieme”.
Si può concordare anche sul Prix du Jury (medaglia di bronzo) a Mommy dell'enfant prodige canadese Xavier Dolan: la sua visione rock'n'roll del travagliato rapporto tra una madre vedova e il suo psicotico figlio adolescente è senz'altro originale e talentuosa. E bene il premio per la regia assegnato all'americano Bennett Miller per il suo Foxcatcher, drammatica storia tra sport e ossessioni personali ispirata alla vera vicenda che portò in carcere il milionario americano John du Pont, condannato per l'assassinio di Dave Schultz, olimpionico di lotta grecoromana. Strameritato poi il premio di miglior attore al veterano Timothy Spall per la sua incarnazione del celebre pittore in Mr. Turner.
Finiscono qui i motivi di soddisfazione. Stona il riconoscimento per la miglior interpretazione femminile a Julianne Moore (tra l'altro assente al galà) per il farsesco Maps to the stars di David Cronenberg: lei è brava ma ha offerto prove migliori di questa in cui la scena clou si svolge su una tazza del gabinetto. Avrebbero meritato Marion Cotillard o Juliette Binoche o ancora Bérénice Bejo. Altrettanto farsesco il Prix du Jury ex-aequo assegnato a Jean Luc Godard (pure lui assente) per Adieu au language, pasticcio di immagini e pretenziosi aforismi spacciato per opera d'arte.
Incomprensibile, infine, la Palma d'oro assegnata al turco Nuri Bilge Ceylan per Winter sleep, il film più lungo e noioso visto sulla Croisette. Tutto si svolge nell'isolamento di un piccolo hotel, nel cuore dell'Anatolia, tra tre personaggi: Aydin, il maturo gestore nonché attore in pensione, la sua giovane sposa in crisi e la di lui sorella, che soffre per il recente divorzio. E' inverno, la neve ricopre la steppa e la noia attizza i rancori... Epopea a metà tra Cechov e Bergman, ha commentato un dotto critico. Peccato, non lo sapevamo. Come non devono essersene accorti i tanti che sono usciti stremati dalla sala dopo tre ore e un quarto di proiezione. E' troppo chiedere di premiare un film che la gente veda con piacere? Tipo Pulp fiction di Quentin Tarantino, a cui è stato offerto l'onore di consegnare la Palma di quest'anno, ma che dubitiamo andrà mai a vedere il film turco.