«Abbiamo anzitutto rafforzato
la collaborazione
tra i Paesi dell’Unione
per lo scambio
di informazioni sensibili
e confidiamo che
il Parlamento europeo
approvi presto la direttiva sul Pnr
(Passenger name record) per ottenere
dalle compagnie aeree la lista dei passeggeri
che viaggiano da e per l’Europa,
arrivando ad un compromesso
possibile come, per esempio, sul numero
degli anni per la conservazione
dei dati. La privacy è certamente un
valore al pari della sicurezza. Ritengo
che un punto di equilibrio tra questi
due valori si possa trovare adeguandolo
all’attualità».
Sono giorni frenetici per Angelino
Alfano. Tra un vertice internazionale
e l’altro, il ministro degli Interni fa il
punto con Famiglia Cristiana sulla sicurezza
nel nostro Paese contro la minaccia
del terrorismo islamico.
- Ministro, dopo Parigi, quali sono i
rischi concreti per noi?
«Non esiste, oggi, un Paese a rischio
zero. In Italia le nostre migliori
energie sono tutte in campo per combattere
il terrorismo jihadista nelle
sue nuove articolazioni. Oltre a individuare
le cellule operative o dormienti,
i nostri servizi, le nostre forze di polizia
a tutti i livelli lavorano per scovare
i cosiddetti “lupi solitari”: persone che
si autofinanziano, si autoaddestrano
e si armano per andare a combattere
nei principali teatri di guerra per poi
ritornare nei Paesi di provenienza con lo scopo di organizzare attentati.
Questi “foreign fighters” sono
spesso immigrati di seconda o terza
generazione che vestono abiti europei
e con passaporto europeo. La loro strategia
è disorganica e imprevedibile».
- Quanto è elevato il rischio emulazione
dei killer di Parigi in Italia?
«Il rischio emulazione può essere
incentivato soprattutto da Internet
che è il principale veicolo di propaganda
utilizzato dall’Isis. Per questo,
ho incontrato, prima a Bruxelles e poi
a Roma, i colossi del Web come Microsoft,
Twitter, Facebook e Google. Il loro
contributo è prezioso per l’individuazione
e l’oscuramento di quei siti che
inneggiano alla violenza. In questo
quadro, prevediamo di offrire strumenti
potenziati anche alla Polizia e
ai magistrati, perché lavorino efficacemente
in questo solco. Ma il deterrente
più forte di tutti è la fine che hanno
fatto i killer di Parigi. Chi s’avventura
su questa strada sciagurata deve mettere
nel conto di morire».
- L’allarme di un imminente attentato
contro il Vaticano è stato ridimensionato
nei giorni scorsi. Che
pericolo c’è? C’è un monitoraggio
particolare?
«In Italia l’allerta è altissima. Anche
se, finora, non sono state individuate
progettualità terroristiche
mirate a un particolare obiettivo. Ma
spesso il Vaticano è apparso come
obiettivo simbolico. Siamo consapevoli
che la minaccia alla cristianità
esiste al di là del simbolo di San Pietro.
Non si tratta ovviamente solo dei
“foreign fighters” ma di tutti coloro i
quali agendo in proprio ( “lone actors”)
possono avere intenzione di realizzare
la cosiddetta strategia dei “mille tagli”
per dissanguare il “nemico”».
- Quali sono le principali misure
che il Governo intende varare per
contrastare il terrorismo?
«Abbiamo predisposto un pacchetto
che mira principalmente a colpire
coloro i quali vanno a combattere
nei teatri di guerra stranieri e che finora
non sarebbero punibili perché è
punibile solo il reclutatore. Rafforzeremo
il potere dell’autorità pubblica
di ritirare il passaporto e, come dicevo
prima, quello del controllo di polizia
preventivo e di spegnimento dei siti
che incitano alla violenza».
- Internet, come ha detto, è il principale
luogo di propaganda e reclutamento.
I sindacati di Polizia hanno
denunciato che per la spending review
sono stati chiusi 70 uffici della
Polizia postale e 251 presidi di Polizia
sul territorio.
«Da quando sono ministro sono
stati stanziati più di 700 milioni di
euro e finalmente c’è stato lo sblocco
del turn over, dei tetti stipendiali
e salariali, rimediando a blocchi che
erano stati decisi negli anni precedenti.
Quindi la lotta al cybercrime è una
nostra priorità sulla quale andremo
avanti investendo le migliori risorse».
- Secondo l’Antiterrorismo esistono
migliaia di luoghi di culto islamici
in Italia non censiti. Solo a Roma se
ne contano un centinaio. Che tipo di
controllo è possibile in questi casi?
«Il controllo è massimo. Il quadro è
molto chiaro: in Italia ci sono quattro
moschee e numerosi luoghi di culto.
Sono tutti conosciuti e monitorati con
grande attenzione. Bisogna distinguere
chi prega da chi spara ed è quello che
stiamo facendo».
- Per combattere questo terrorismo
“liquido” dobbiamo rinunciare a
una parte delle nostre libertà in nome
della sicurezza? Si parla ad esempio di
un giro di vite su Schengen.
«Il Trattato di Schengen è una straordinaria
conquista di libertà cui non
si deve rinunciare. Nell’ambito del
Trattato ci sono state delle eccezioni
temporanee in casi eccezionali. Oggi è
importante rafforzare i confini esterni
a presidio dell’Europa. Su questo lavoriamo.
Sospendere Schengen sarebbe
un pericolosissimo regalo al populismo.
Altra cosa invece è utilizzare le
clausole dell’accordo come già fatto in
alcune circostanze».
- Una Procura nazionale antiterrorismo
ad hoc è utile o rischia di creare
ulteriore burocrazia?
«Può essere utile anche se bisogna
tener conto che la maggior parte del
lavoro viene svolto a livello di intelligence
e di prevenzione e che fin qui
le ricadute processuali non sono state
enormi. Occorrerebbe inoltre coordinare
bene il lavoro dell’eventuale vertice
centrale con quello delle Procure
distrettuali per evitare di complicarci
la vita anziché semplificarla».
- Siamo il principale Paese di approdo
degli immigrati provenienti da
zone di guerra. Serve una stretta sugli
accessi per evitare il rischio di far entrare
terroristi infiltrati?
«Finora non abbiamo trovato nessun
nesso tra immigrazione e terrorismo.
Ma poiché nessuno può escludere
nulla la nostra vigilanza è altissima
per distinguere i profughi dagli immigrati
irregolari».