Questa è una storia di discesa agli inferi e risurrezione. Una giovane donna straniera (che chiameremo Elisa), degli schiavisti e infine, dopo la notte, la carezza del Signore che arriva, incarnata nell’aiuto di un sacerdote e di una comunità.
Tutto è cominciato un’estate di sei anni fa quando Elisa era ancora nel suo Paese nell’Europa dell’Est. Viveva in una piccola cittadina e lavorava in un ristorante per pagarsi gli studi ma i soldi erano sempre meno. La sua famiglia era sempre più in difficoltà perché la mamma aveva problemi di salute. «Un giorno, un ragazzo che conoscevo abbastanza bene e che era della mia città mi ha detto: ma perché non vai in Nord Europa, lì il lavoro si trova, ci sono delle agenzie che organizzano tutto, potresti guadagnare di più, magari lavorare in un supermercato, fare un po’ di soldi per qualche anno e aiutare così anche i tuoi genitori. All’inizio io ho detto no, non ero mai uscita dal mio Paese, ma quando la situazione è peggiorata, dopo qualche mese, l’ho ricercato e gli ho chiesto se mi poteva aiutare a partire, avrei dovuto fare i documenti internazionali e tutto e non sapevo da dove cominciare».
VERSO IL BARATRO
Elisa, 29 anni, bionda, capelli raccolti e impermeabile chiuso, stretto, quasi a volersi proteggere, è emozionata, e una parola dopo l’altra la sua commozione cresce, le si velano gli occhi di lacrime, con dignità.
«Così sono partita e, visto che il viaggio era lungo, ci siamo fermati in una città del Nord dove dovevamo incontrare anche altre persone che sarebbero venute con noi. Siamo entrati in un appartamento e appena si è chiusa la porta alle nostre spalle mi ha buttato per terra e mi ha strappato i vestiti di dosso. Io non capivo. Urlavo: cosa stai facendo? E lui lì ha fatto cadere la maschera e mi ha detto: che ti urli? Che ti importa, tanto uno in più che ti cambia? È questa la tua destinazione, stai andando in Italia a fare la prostituta». Un pugno nello stomaco. Forse due. Fisicamente ma anche emotivamente. Elisa urla, si dimena, ma ormai non serve a niente. Il suo calvario è iniziato. L’uomo chiama i rinforzi, arrivano altri uomini. La legano, la drogano e per due settimane abusano di lei. Poi, quando ormai anche la sua dignità è in pezzi, la mandano in Italia sulla strada. Sulle nostre strade dove questo succede ogni sera.
NUOVA SCHIAVITÙ
Elisa infatti è una delle vittime della tratta dello sfruttamento sessuale, una nuova forma di schiavitù che coinvolge ogni anno circa 100 mila donne, soprattutto straniere, solo quelle stimate, e solo nel nostro Paese. Picchiate e vendute, sono costrette a prostituirsi e non possono scappare perché gli schiavisti minacciano di colpire le famiglie di origine che conoscono bene.
Nove milioni di italiani, nel Paese culla del cattolicesimo, alimentano da clienti questo “mercato” del sesso, che uccide. Uccide donne che urlano in silenzio, ogni notte, davanti all’indifferenza di chi passa oltre pensando che sia una loro scelta.
Ma su queste stesse strade a volte qualcuno si ferma a pregare. È il caso della Comunità Giovanni XXIII che, con don Oreste Benzi prima, e oggi con tanti suoi “discepoli”, tra cui il responsabile della comunità Giovanni Ramonda e don Aldo Buonaiuto, ha fatto della lotta alla tratta una missione di vita e in 25 anni ha salvato più di 7 mila donne accogliendole in case famiglia di recupero.
IN PRIMA LINEA
«La nostra è una battaglia in prima linea», racconta don Aldo, «lavoriamo in collaborazione con le forze di polizia e andiamo noi stessi sulle strade a pregare con le ragazze, come ci ha insegnato don Benzi, a dire loro che possono uscirne se hanno coraggio. Spesso le ragazze hanno molta paura ma chi riesce a fidarsi di noi comincia una strada verso l’uscita dal tunnel. Tutti siamo coinvolti, anche chi passa oltre quando le vede, e tutti dobbiamo fare qualcosa. Per questo ogni anno per combattere l’indifferenza organizziamo una Via Crucis a Roma per dire no a questa nuova forma di schiavitù che continua a crescere».
Elisa dopo anni di vita sulle strade dove era costretta ad avere anche venti rapporti a sera, quando ormai era sfinita e voleva solo morire, è riuscita a prendere la mano della Comunità Giovanni XXIII e ce l’ha fatta. «In questa casa dove mi hanno accolta, ho sentito l’amore del Signore e ho capito che non mi aveva mai abbandonato. Gli operatori e le sorelle e chi mi è stato vicino nel recupero fisico e psicologico mi hanno dato la forza di rialzarmi e poi sono voluta rimanere ad aiutare le altre donne vittime come me».
IL SOGNO DI UNA NUOVA VITA
Durante il periodo del suo servizio, Elisa ha conosciuto Giulio, 30 anni, un giovane che, dopo aver fatto il percorso dei Dieci comandamenti di don Fabio Rosini, ha voluto fare un anno di servizio con gli ultimi e ha trovato la sua occasione in una delle case della Comunità Giovanni XXIII. Giulio ed Elisa si sono conosciuti, si sono innamorati e poco tempo fa don Aldo li ha sposati. «Non avrei mai pensato che un giorno sarei riuscita ad avere una vita normale», dice Elisa, «considero il mio matrimonio un dono di Dio, e oggi continuo a battermi per aiutare le altre sorelle, quelle che sono ancora sulla strada e chiedo a tutti di fare qualcosa per loro». Come dice don Aldo: «Questa è una storia a lieto fine e per questo ringraziamo Dio ma purtroppo ce ne sono anche tante altre che finiscono molto male».
L’INIZIATIVA: DONNE CROCIFISSE
Per sensibilizzare sulla piaga della tratta e per pregare per la liberazione, il 26 febbraio alle 20 si è tenuta a Roma la Via Crucis «per le donne crocifisse» organizzata dalla Comunità Giovanni XXIII con il Servizio vocazioni della diocesi di Roma. in cammino dalla chiesa giubilare di Santo Spirito in Sassia alla Chiesa Nuova si sono alternate preghiere a meditazioni e le 7 Stazioni messe in scena da attori professionisti. www.donnecrocifisse.org.