Sappiamo che Se questo è un uomo, il capolavoro di Primo Levi che raccontò senza risparmiare nulla la tragedia della deportazione e dell'Olocausto, non è fiction. È la più orribile delle realtà. Sappiamo che tutte le donne, gli uomini, i bambini che appaiono, spesso con nome e cognome, in quelle pagine sono esseri umani che hanno avuta una vita, proprio come la nostra, prima di essere spazzati dalla crudeltà delle leggi razziali e dalla guerra. Levi, nel primo capitolo, ci racconta il viaggio del suo convoglio, 12 vagoni con 650 persone. Del suo vagone, che trasportava 45 persone verso Auschwitz, solo 4 tornarono indietro.
Ma pian piano i loro nomi, troppo a lungo dimenticati, ritornano dall'oblio apparendo sulle pietre d'inciampo, quei piccoli blocchi quadrati di pietra ricoperti di ottone, che dal 1992 vengono posti, per intuizione e volere dell'artista tedesco Gunter Demnig, in tutta Europa davanti alla porta di casa dove per l'ultima volta, tanti esseri umani, hanno visto la libertà prima di venire deportati nei campi di sterminio.
Quest'anno a Milano, in occasione della giornata della memoria, "spuntano" le nuove pietre d'inciampo (in tutto al momento sono 224, oltre 100.000 in Europa) e in via Donatello 26/a, anche quella di una bambina e della sua famiglia. Venne uccisa appena giunta ad Auschwitz quando le SS decidevano chi mandare a lavorare nei campi e chi eliminare immediatamente perché ritenuto inutile per quello scopo. Si chiamava Emilia Levi e parla di lei lo scrittore, nel primo capitolo, raccontando l'arrivo al lager alla fine di quattro giorni di viaggio e del momento in cui gli uomini validi, scesi dal vagone, vennero, in dieci munuti, radunati da una parte. Ma di tutte le altre persone del convoglio, non seppero più nulla: «quello che accadde degli altri, delle donne, dei bambini, dei vecchi, noi non potemmo stabilire allora né dopo: la notte gli inghiottì, puramente e semplicemente».
La bambina scomparve per sempre insieme alla sua mamma e a suo fratello Italo un ragazzino di tredici anni: «Cosi morí Emilia, che aveva tre anni; poiché ai tedeschi appariva palese la necessità storica di mettere a morte i bambini degli ebrei» racconta lo scrittore «Emilia, figlia dell’ingegner Aldo Levi di Milano, che era una bambina curiosa, ambiziosa, allegra e intelligente; alla quale, durante il viaggio nel vagone gremito, il padre e la madre erano riusciti a fare il bagno in un mastello di zinco, in acqua tiepida che il degenere macchinista tedesco aveva acconsentito a spillare dalla locomotiva che ci trascinava tutti alla morte».