"Giulia, vuoi davvero frequentare le persone del mondo?", chiede la
madre alla figlia che vuole andare all'Università. E il padre rincara la
dose: "Vuoi andare all'Università per la Congregazione o per la tua
vanità?" Marco Danieli, regista di "La ragazza del mondo", nelle sale da novembre, ci tiene a sottolineare che il suo film "non è un'opera di denuncia, ma un romanzo di formazione sulla costruzione di un'identità di una ragazza costretta a crescere in un contesto, come quello dei Testimoni di Geova, in cui la rigidità delle regole della comunità tende a soffocare questa crescita".
E proprio questo il pregio maggiore del film. Sarebbe stato facile raccontare i Testimoni di Geova come una setta di fanatici che rifiutano le trasfusioni di sangue anche se questo comporta la morte di sè stessi o dei propri cari. E invece, i genitori di Giulia (Sara Serraiocco) vengono descritti come delle brave persone, nel lavoro come in famiglia. Il padre accetta persino di fare assumere nella sua azienda Libero (Michele Riondino, con lei vincitore del Premio Pasinetti come miglior attore), uno spacciatore appena uscito di prigione a cui vuole offrire una seconda possibilità. Ma quando i due si innamorano e la cosa viene scoperta, tutto cambia. Da quel momento Giulia, proprio come aveva fatto lei quando aveva incontrato per caso una sua vecchia amica, viene semplicemente cancellata dalla comunità, genitori e sorella compresi. In più Giulia è una ragazza, e in quanto tale sconta una pena più severa perché, come diceva lei stessa quando andava a predicare "è giusto che la donna sia sottomessa all'uomo"
"I Testimoni di Geova sono contro l'individualismo e l'edonismo imperanti nella nostra società, posizioni che per quanto mi riguarda mi trovano assolutamente d'accordo", spiega il regista. "Ma un conto è se qualcuno mi chiede se far carriera debba essere il primo obiettivo di un uomo e un altro è il modo in cui loro cercano di affermare questi valori".
"Siamo partiti dal racconto di una mia amica, ex Testimone di Geova", aggiunge il regista. "Poi con l'altro sceneggiatore Antonio Manca abbiamo frequentato per un certo periodo una comunità durante le loro adunanze, con l'idea di girare un documentario. Devo dire che ci hanno accolto con grande calore, sorprendendoci. Poi, dopo un po', abbiamo compreso che a loro del documentario non importava nulla. Erano solo interessanti a convertirci".
Sì, perché come si sente dire nel film, i testimoni di Geova si considerano dei "soldati in guerra contro il Maligno" e che in quanto tali hanno una missione precisa da compiere: salvare chi non appartiene alla Congregazione dalla dannazione eterna. Il proselitismo dunque è la propria ragione di vita e in nome di esso si possono, anzi si devono, sacrificare le proprie aspirazioni individuali. Ecco perché Giulia, anche se è un asso in matematica, è caldamente invitata ad accontentarsi di un lavoro modesto nell'azienda di famiglia: così può andare a suonare porta a porta per diffondere il suo messaggio di salvezza.
Anche perché, all'Università, ci sarebbero maggiori pericoli di venire traviati dalla retta via: "Per queste famiglie è meglio che il proprio figlio non prosegua gli studi o, se proprio vuole farlo, è meglio che eviti le materie umanistiche, giudicate "più pericolose". E, in generale, è bene evitare il più possibile i contatti con chi non fa parte della Congregazione al massimo all'ambiente di lavoro. Anche partecipare a una partita di calcetto per un giovane può essere un problema".
Ma Giulia, dopo aver scoperto l'amore, si sente "una ragazza del mondo". E a nulla serve l'umiliante processo davanti al Consiglio degli anziani in cui, nella scena più scioccante del film, è costretta a rivelare tutti i particolari più intimi della sua relazione con Libero. "La mia amica mi ha raccontato che per lei è stata anche peggio di come abbiamo fatto vedere nel film. E ha aggiunto di essersi ritrovata anche molto nel senso di spaesamento nei confronti della propria fede che, come Giulia, ha provato lei da "disassociata". Quando si viene espulsi dalla Congregazione, c'è chi torna o ritorna al cattolicesimo e chi, pur non tornando più sui propri passi, mantiene la propria fede anche se in modo più confuso". Più confuso, ma di sicuro più libero.