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domenica 18 maggio 2025
 
 

Concordia, l'incubo un anno dopo

12/01/2013  Il 13 gennaio la nave da crociera naufragava all'Isola del Giglio e 32 persone perdevano la vita. Il relitto non è ancora stato rimosso e gli ambientalisti lanciano l'allarme.

Saranno incrementate domenica le corse dei traghetti tra Porto Santo Stefano e l'Isola del Giglio in vista delle celebrazioni del primo anniversario del naufragio di Costa Concordia, nel quale persero la vita 32 persone. Le cerimonie inizieranno la mattina con il riposizionamento, alle Scole, dello scoglio su cui la nave andò a urtare. Quindi una corona di fiori sarà deposta a Punta Gabbianara. La Santa Messa in suffragio delle vittime sarà celebrata dal vescovo di Pitigliano-Sovana-Orbetello Guglielmo Borghetti con il coro dell'Isola del Giglio, nella Chiesa dei Santi Lorenzo e Mamiliano, la stessa dove la notte del 13 gennaio dello scorso anno trovarono rifugio molti dei naufraghi. Sempre nella stessa chiesa si terrà la commemorazione, la consegna di onorificenze «Alla carità e solidarietà» e l'attribuzione delle cittadinanze onorarie ai soccorritori che operarono quella notte e nei giorni seguenti. Il premio alla solidarietà sarà assegnato, tra gli altri, al capo della Protezione civile Franco Gabrielli.

Saranno premiati anche Elio Vincenzi e Kevin Rebello, rispettivamente marito e fratello delle due vittime ancora disperse, la passeggera Maria Grazia Trecarichi e il membro dell'equipaggio Russel Rebello. Alle 21.45, ora della collisione, un minuto di silenzio sarà seguito dal suono delle sirene delle imbarcazioni in porto e dal lancio di lanterne luminose. La tragedia della Concordia, però, non sarà ricordata solo al Giglio. A Genova, dove Costa Crociere ha sede, sarà celebrata una messa in suffragio nella Basilica di Santa Maria Assunta di Carignano, alla quale prenderanno parte anche i dipendenti di terra. Nel rispetto delle diverse religioni, saranno anche effettuate una cerimonia indù a Mumbay e Bali, una musulmana a Giacarta, una buddhista a Shanghai e una cattolica a Goa, Jakarta, Manila e Lima.

Difficile dimenticare quel 13 gennaio 2012. Nella sala ristorante si festeggia: l'equipaggio e i passeggeri cantano. All'improvviso la luce salta, i piatti cadono per terra e qualcuno comincia a urlare. Così inizia il dramma: per circa quattromila persone una vacanza da sogno si trasforma in un incubo. Il relitto è sempre lì a ricordarcelo e rimarrà immobile, si spera, fino a settembre del 2013, quando è stato posticipato il rigalleggiamento della nave. “Oramai siamo alla fine del commissariamento in testa al prefetto Franco Gabrielli - ha detto detto il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi - quindi bisogna capire come si esce da questa situazione. Questo comporterà una verifica del progetto e sull'avanzamento dei lavori, progetto che è stato in parte realizzato ma non in maniera ancora adeguata”.

L'ipotesi di trasporto del relitto a Piombino, il porto più vicino, è fortemente caldeggiata dalla Toscana
e dal ministero dell’Ambiente, per ridurre i possibili rischi di trasporto del relitto. Secondo gli esperti la rimozione del relitto costerà 303 milioni di euro. Sarà l'operazione di recupero più costosa e impegnativa mai tentata. Per sollevare la nave tutta intera, e impedire che scivoli sul fondale e sprofondi, bisogna installare 24 enormi catene. Quindi sotto la Concordia saranno versate 20 mila tonnellate di cemento. Verrà costruita un'enorme piattaforma su cui far poggiare il relitto e allo scafo saranno attaccati 15 enormi serbatoi di acciaio mentre la piattaforma sotterranea sarà collegata con dei cavi a dei potenti martinetti saldati ai serbatoi. Nel giro di due giorni i martinetti solleveranno lentamente la nave, finché non si raddrizzerà sulla piattaforma. Infine verranno attaccati allo scafo altri serbatoi che finalmente rimetteranno a galla la nave.

Un anno dopo il naufragio della grande nave da crociera Costa Concordia all'isola del Giglio, dove si trova tutt'ora adagiata su un fianco e con uno squarcio di 70 metri sul lato emerso, l'allarme per il possibile inquinamento dell'ambiente marino si riaffaccia. In realtà il delicato ecosistema ha resistito prima al rischio di sversamento in mare di idrocarburi e poi alla fuoriuscita di oli e miscele di prodotti civili. Il ministero dell’Ambiente è intervenuto con i battelli anti-inquinamento già poche ore dopo l'incidente per monitorare lo stato delle acque, un’azione che ad oggi prosegue.

Il fatto che la Concordia avesse 15 serbatoi carichi, con 2.400 metri cubi di combustibile
, essendo appena partita da Civitavecchia, destava preoccupazione: “Le dimensioni di carico degli idrocarburi e dell'olio lubrificante sono tali da assimilarla a una piccola nave porta-petrolio” aveva detto il ministro dell'ambiente Corrado Clini, ricordando che lo svuotamento dei serbatoi richiedeva tempi relativamente lunghi e che comunque la prima cosa da fare era andare avanti con il salvataggio di vite umane.

Le associazioni ambientaliste - Legambiente, Wwf e Greenpeace - hanno messo in evidenza già all'indomani del naufragio i pericoli per quella zona ricchissima di biodiversità
, posta in area sensibile, all'interno del parco dell'Arcipelago Toscano e del Santuario dei cetacei. La richiesta principale rivolta al Governo ha riguardato la formulazione di un decreto per rotte sicure anti-inchini. “C’è stato bisogno invece di questo disastro per avere le prime regole sui trasporti marittimi nel Santuario: il famoso decreto “anti inchini” che tra l’altro prescrive norme per evitare la dispersione in mare di carichi pericolosi”, commenta Alessandro Giannì, direttore delle campagne di Greenpeace Italia.

“Un incidente di questo tipo era prevedibile e Greenpeace non è stata certo l’unica a lanciare un allarme sull’affollamento delle rotte marittime in un’area teoricamente protetta”. Il decreto è servito a ben poco: circa sei mesi fa un cargo turco, la Mersa2, si è arenato di fronte all’Isola d’Elba. A dicembre 2012, poi, un traghetto della Grimaldi ha perso al largo di Palermo (dopo aver attraversato il Santuario dei Cetacei), una decina di tir e semirimorchi.

Insomma, un’altra Costa Concordia è possibile. “La popolazione del Giglio, e tutti gli amanti di questo splendido mare, attendono la rimozione del relitto, che continua a essere rinviata. Le operazioni di recupero del carburante sono state fortunatamente condotte a termine senza incidenti ma la nave è comunque un contenitore di sostanze pericolose, come rilevato da un nostro rapporto”, continua Giannì.

Nonostante le proteste di cittadini e comitati, le grandi navi da crociera continuano a solcare la laguna nel centro di Venezia e a regalare ai turisti la vista ravvicinata (200 metri in linea d'aria!) di Palazzo Ducale. “Un passaggio 'obbligato' nel bacino di San Marco per quegli enormi bestioni che devono fare una serie di curve per attraversare la laguna dalla stazione Marittima a bocca di porto e, in alcuni casi di maltempo, non è da escludere la possibilità, ancorché remota, che ci possano essere problemi di rotta e di incidenti”.

 Parola di Antonio Rusconi, docente a contratto di assetto idrogeologico dell'Università di Venezia, già direttore del servizio idrografico nazionale. “Gli enormi scafi che attraversano il canale lagunare, le cui dimensioni sono appena superiori allo scafo, provocano una serie di problemi: i fondali si impoveriscono, la morfologia lagunare perde la sua caratteristica tipica e per processi di erosione assume le sembianze di un grande lago marino. Ma anche il rischio connesso con errori di manovra di enormi bestioni in canali davanti al centro storico. E poi, l'impatto paesaggistico é inaccettabile: per accontentare l'occhio bisogna vedere transitare a poca distanza da piazza San Marco un palazzo che è il doppio di Palazzo Ducale”. 

Rusconi ricorda che sono state “formulate diverse ipotesi per ovviare al problema pur mantenendo l'accesso all'interno della laguna”, ma Marghera è molto distante dal centro di Venezia e crea un disagio per i passeggeri delle grandi navi mentre la soluzione di scavare un canale che possa collegare il canale Malamocco con la stazione marittima di Venezia, ha scatenato un pandemonio.

L'ipotesi di farle fermare davanti all'isola di sant'Erasmo sarebbe forse la più vantaggiosa
sia perché distante solo 3-4 chilometri dal centro sia perché avrebbe meno costi e meno impatti. “Per millenni la laguna ha avuto i suoi equilibri - conclude l'esperto - e far passare queste navi è una violenza. Dal vecchio veliero si è passati a navi sempre più grandi e impattanti. E forse si sono superati i limiti accettabili. Lo stato in 30 anni ha speso una montagna di quattrini per salvaguardare la morfologia con i fondi salva laguna dal 1984 al 2006 1.200 milioni di euro in totale. Non dobbiamo con le nostre azioni incrementare il processo di degrado”.

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