I recenti dati Bankitalia sul costo dei figli riportano sotto i riflettori un problema che le famiglie italiane conoscono molto bene, ma che la politica non sembra comprendere con la stessa chiarezza. Il pur meritorio assegno unico appena introdotto infatti propone un contributo mensile per ogni figlio pari a 175 Euro (può salire fino a 220, in alcuni casi), a scalare secondo l’ISEE. Bankitalia segnala che allevare un figlio costa in media 640 euro al mese. Come si vede, la distanza tra i due valori è ancora molto alta, e lascia in carico alle famiglie oltre i due terzi del costo complessivo di un figlio.
Emerge quindi, con la forza dei dati di realtà (i dati Bankitalia, ma anche recenti fonti Istat e Neodemos riportano valori analoghi), una prima urgente linea di miglioramento: occorre rifinanziare l’assegno unico in modo consistente, per aumentarne il valore in modo che corrisponda meglio ai reali costi per la cura dei figli. Di fatto, se le politiche familiari volessero davvero sostenere adeguatamente le famiglie con figli – e la ripresa della natalità – l’obiettivo dovrebbe essere la totale sterilizzazione del costo dei figli. In altre parole i costi aggiuntivi della famiglia legati al costo del figlio dovrebbero essere assorbiti e sterilizzati (se non totalmente, almeno in misura preponderante) dal sostegno pubblico: un figlio ti costa 640 Euro in più? io ti sostengo fiscalmente al 100%, o almeno al 75-80%. Altrimenti, come capita tuttora, alla nascita del figlio la famiglia si impoverisce del 20-25%, perché i costi aumentano, ma gli stipendi ben poco – anzi, è più probabile che uno dei due debba lavorare meno (in genere la donna), per curare il figlio, diminuendo così ancora di più il reddito familiare. Insomma, come minimo l’assegno unico dovrebbe raddoppiare!
Ricordiamo anche che il finanziamento dell’assegno unico è stato garantito solo in parte con nuove risorse, mentre il grosso è stato ricavato cancellando le misure già esistenti; sui circa 22-24 miliardi annui previsti le risorse aggiuntive non superano i sette miliardi. Anche per questo alcune famiglie con l’assegno unico hanno percepito un sostegno minore meno di quanto ricevevano con il sistema precedente: e non si tratta di poche eccezioni, ma di una quota stimata almeno attorno al 5% sul totale delle famiglie. Né sono sufficienti le cosiddette clausole di salvaguardia, previste solo per tre anni, in misura decrescente, e solo per famiglie al di sotto di 25.000 Euro di ISEE. Limite incomprensibile, perché i figli costano per tutti, e si era sempre detto che “nessuno ci avrebbe perso nemmeno un euro”, nel passaggio all’assegno unico.
Infine, rimane sempre più intollerabile che molti provvedimenti di sostegno con denaro pubblico (rottamazione auto, incentivi per auto verdi, solo per fare un esempio) vengano erogati a tutti, senza distinzione, e invece le politiche familiari e il sostegno ai figli siano sempre sottoposti alla tagliola decrescente dell’ISEE, confondendo così – erroneamente - le politiche per la famiglia con le politiche sociali di contrasto alla povertà. Questo è tanto più urgente oggi, quando si è finalmente avviato un dibattito per ripensare l’ISEE, che penalizza in modo iniquo e contraddittorio proprio le famiglie più numerose. L’assegno unico è stato un primo decisivo passo verso la direzione giusta; ma è solo il primo: a questo punto non ci si può fermare!
* Direttore del Cisf (Centro internazionale studi famiglia)