Nel Pinerolese stop alla celebrazioni eucaristiche festive e prefestive per due domeniche (15 e 22 novembre). Diversamente dalla scorsa primavera, il Governo ha scelto, per ora, di non chiudere le chiese. Eppure il vescovo di Pinerolo, monsigno Derio Olivero, invita i fedeli a «fare volontariamente un passo indietro per contribuire ad un bene comune, cioè il contenimento del contagio». Parole che fanno riflettere, tanto più se pronunciate da una persona che ha patito sulla propria pelle il calvario del Coronavirus. Il 19 marzo scorso, infatti, monsignor Olivero è stato ricoverato in ospedale, ha fatto l’esperienza tremenda della terapia intensiva, ha vissuto giorni interi a un passo dalla morte (come lui stesso ha in seguito raccontato). «La scelta», spiega il presule a Famiglia Cristiana, «è il risultato di un percorso condiviso, che ha coinvolto tante persone: religiosi, laici, consulenti. La maggior parte di loro erano concordi. Ovviamente ci sono anche pareri contrari. Cercheremo di dialogare con tutti, di spiegare le ragioni che ci hanno condotto alla scelta».
La decisione nasce in una regione, il Piemonte, che attualmente è zona rossa, con livelli di contagi particolarmente preoccupanti. «Ho letto le indicazioni della Cei riguardo allo svolgimento delle liturgie» chiarisce Olivero. «Teniamo presente, però, che queste indicazioni valgono per tutto il territorio nazionale. E’ ovvio che sospendere le messe in “zona gialla” non avrebbe alcun senso, ma qui i medici ci dicono che, negli ospedali, siamo ritornati ai livelli di marzo-aprile. Almeno in alcune parrocchie, il rischio assembramento è reale». Le preoccupazioni sanitarie sono, dunque, al primo posto.
Ma nella richiesta del Vescovo c’è anche altro, come spiega lui stesso in un’accorata lettera ai cattolici della Diocesi. «So che è un sacrificio grande. Ma essere cristiani non significa innanzitutto difendere i propri diritti, quanto lottare per i diritti di tutti». Ed è proprio all’intera comunità che mons. Olivero vuole rivolgere lo sguardo: «A tante persone sono richiesti sacrifici gravi per contenere il contagio: penso ai nostri giovani che non possono andare a scuola, non possono trovarsi per fare sport o per chiacchierare la sera; penso ai ristoratori e a quanti hanno dovuto chiudere le loro attività lavorative. Sono sforzi enormi, richiesti per ridurre le occasioni di contagio, anche là dove erano stati fatti sforzi grandi per adeguarsi alle normative». «Con questo» chiarisce il Vescovo, raggiunto al telefono da Famiglia Cristiana «non intendo assolutamente mettere sullo stesso piano liturgia e ristoranti o liturgia e sport. Tutt’altro. Intendo solo dire che i cristiani sono chiamati a prendersi a cuore anche i dolori e le sofferenze degli altri, facendosi loro vicini».
Il Vescovo sa bene che la decisione potrebbe far discutere: «Molti mi diranno che dobbiamo difendere la nostra identità, espressa soprattutto nella celebrazione eucaristica» scrive nella lettera. «Ma la nostra identità sta nella nostra capacità di seguire Gesù Cristo, che si è fatto dono per tutti, capace di santità ospitale». Ecco perché anche un sacrificio grande come quello della sospensione delle celebrazioni pubbliche può trasformarsi, secondo il Vescovo di Pinerolo, in un’occasione di preghiera. «Ve lo chiedo in ginocchio. Preghiamo di più, preghiamo incessantemente per noi e per tutti, in particolare per quelli che soffrono. Riscopriamo, nella necessità, la preghiera in casa. Troppi cristiani l’hanno dimenticata. Riscopriamo la lettura della Parola, nella quale ci viene incontro Cristo stesso. Non possiamo radunarci in chiesa, ma possiamo radunarci in casa». Quanto alla dimensione comunitaria «so che ci mancherà» scrive il prelato, «ma in questi giorni mi impegnerò io per primo a curare maggiormente i contatti e ad essere presente con video, streaming, messaggi, telefonate. Chiedo di fare altrettanto ai sacerdoti, ai diaconi, ai catechisti, agli animatori».
La scelta ha anche un risvolto ecumenico. Analoga decisione è stata assunta, infatti, dalla Chiesa valdese, realtà storicamente molto radicata e particolarmente viva nel territorio di Pinerolo. Anche la chiesa riformata sospenderà i culti per due settimane, come hanno annunciato, in un comunicato congiunto, mons. Olivero e il pastore valdese Giovanni Genre. «Lo sforzo di un percorso comune» conclude il presule «è indispensabile. In un mondo sempre più secolarizzato, è importante che, pur nella diversità dei cammini, la società veda i cristiani uniti nell’affrontare temi e momenti cruciali come quello che ora stiamo vivendo».