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lunedì 14 ottobre 2024
 
l'analisi
 

«Covid, inflazione e droga»: il gesuita Cristóbal Beytíag spiega il Cile e le sue sfide

23/12/2021  La pandemia (con l'accesso alla sanità difficile per chi è povero), i devastanti effetti economici della pandemia, il dilagare del narcotraffico: ecco il Paese che il nuovo Presidente, Gabriel Boric, il candidato di sinistra eletto a sorpresa, si trova a governare. Parla il gesuita padre Juan Cristóbal Beytía, direttore della rivista Mensaje, Messaggi

In Cile, con un’affluenza record al voto e una sorpresa per tutti, il leader della sinistra Gabrile Boric (55.9%) si è aggiudicato con un grande margine il ballottaggio presidenziale che lo opponeva al conservatore José Antonio Kast (44%). Le strade della capitale cilena si sono riempite di folla che danzava per una vittoria storica in un Paese che solo 2 anni fa aveva assistito a scontri contro il presidente Piñera per ingiustizie sociali e aumento del costo sproporzionato di molti beni.

Con un vantaggio di oltre undici punti e 4.600.000 voti che nessuno poteva prevedere, il più giovane dei presidenti cileni, 35 anni, è stato eletto da una importante fetta di popolazione. Secondo i dati ufficiali, infatti, l'affluenza è stata record per il Cile, superiore al 50%, una voglia di partecipazione grande, a fronte di realtà che invece registrano un calo di votanti preoccupante. Come accade in alcuni paesi latinoamericani, l’accesso al potere del neoeletto non è immediata e Boric dovrà aspettare l’11 marzo per assumere il governo del Paese, tristemente famoso per la dittatura militare di Pinochet che fece scappare tanti esuli anche in Italia, come ha raccontato il film di Nanni Moretti “Santiago, Italia”.

Il presidente della Repubblica uscente Sebastián Piñera e lo sconfitto leader del Frente social cristiano Kast, si sono congratulati con il neoletto presidente, augurandogli un buon lavoro.

Abbiamo rivolto a padre Juan Cristóbal Beytíag, gesuita e direttore della rivista fondata da san Alberto Hurtado nel 1951, Mensaje (Messaggi), alcune domande sulla realtà cilena.

Con la vittoria di Boric alle elezioni il Cile ha scelto un modello politico legato al passato?

«Dipende da come viene letto il modello politico. È chiaro che in questo secondo turno elettorale è stato necessario scegliere tra candidati che si trovavano agli estremi dello schieramento politico, sia di destra che di sinistra. Praticamente è stato escluso il candidato che rappresentava la successione dell'attuale presidente Sebastián Piñera, quello che riproduceva la linea della Concertación, e una parte importante della Nueva Mayoría, le coalizioni di centrosinistra che hanno governato buona parte degli anni dal ritorno della democrazia. Infatti, tra i candidati del secondo turno, non vi erano coloro che hanno governato il Cile negli ultimi 30 anni. Per il secondo turno Kast e Boric hanno dovuto integrare nelle loro squadre elementi delle coalizioni tradizionali. Hanno realizzato modifiche ai loro programmi, con posizioni più moderate, che potessero catturare quella parte dell'elettorato rimasta orfana di candidati».

C'è ancora una destra vicino a Pinochet?

Esiste ancora. Non credo però che sia un gruppo importante. L'eredità di Pinochet è molto ambigua. Da un lato ha posto le basi per un modello economico di successo, ma applicato in Cile in modo probabilmente più rigoroso che in qualsiasi altra parte del mondo, ed a costi elevatissimi per i più poveri. Ciò ha prodotto violazioni dei diritti umani con enormi costi nella vita delle persone.

Cosa ne pensa del nuovo presidente Gabriel Boris?

Penso che né Gabriel Boric né José A. Kast pensassero di arrivare al secondo turno elettorale. Boric può diventare un grande presidente, ma il suo successo dipenderà in gran parte dalla squadra che riuscirà a formare. Il Fronte Ampio non ha abbastanza persone in grado di affrontare le sfide del governo. L'inserimento di persone con esperienza di governo, potrà formulare proposte su obbiettivi realizzabili.

Quali sono i principali bisogni della popolazione cilena?

La pandemia ha creato situazioni difficili per il Cile. La disoccupazione è aumentata, le baraccopoli sono cresciute, l'attesa per essere curati nel sistema sanitario avanza e la risorsa di emergenza del prelievo dei soldi risparmiati per la pensione di vecchiaia, ha generato un aumento dell'inflazione che il Paese non vedeva da decenni. Inoltre la crescita del narcotraffico nelle periferie delle città, si è estesa.

Che posto occupano gli ultimi, amati da papa Francesco, poveri, migranti e indigeni nella società cilena?

Il Cile continua ad avere un enorme debito con ciascuno di questi gruppi. La pandemia ha aumentato la povertà. La situazione dei migranti, soprattutto nel nord, è molto precaria e la legge si è inasprita con gli irregolari. Abbiamo assistito a manifestazioni xenofobe e violente nei confronti degli immigrati, cosa che prima non esisteva almeno in modo così visibile. Abbiamo una gigantesca sfida in tema di carità nel nostro Paese. Finalmente i popoli originari oggi sono visibili e sono presenti nella Convenzione Costituzionale che sta preparando la nostra nuova Magna Carta.

 
 
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