È uno scrittore e poeta, è impegnato nel sociale e nella cultura, è un imprenditore. È marito e padre, è figlio di Nicoletta Mondadori e di Paolo Mosca. Arnoldo Mosca Mondadori è un innamorato di Cristo e dell’Eucaristia: «Fin da bambino», mi confida. Ci sentiamo in una calda mattinata di agosto: è appena uscito il suo ultimo libro, Cristo ovunque (Morcelliana), poco più di novanta pagine di riflessioni che, come scrive, sono nate da un’esperienza spirituale «tra il 26 maggio e il 3 giugno 2021». Prima di chiamarlo ho naturalmente letto tutto il libro e sono frastornata: sono pagine intense, quasi degli appunti che chiamano in causa chi legge, raccontano la gioia dell’Ineffabile e, soprattutto, trasmettono un incontro, ma non un incontro come tanti, bensì quello con Gesù crocifisso.
Arnoldo, come è avvenuto questo incontro?
«È stata una visione interiore, ho visto Gesù in croce. È un dono, non posso chiamarlo altrimenti, non c’è alcun merito, solo un dono. Ogni tanto, da anni, mi avvengono quando meno lo attendo, queste visioni nello spirito, come se l’anima, per pochi istanti, si aprisse e venisse rischiarata. Sono spiragli di infinito. Sono comunicazioni chiare, potenti nella loro semplicità: ovviamente non sono gli occhi umani che vedono, ma gli occhi dell’anima. Quando vedi, c’è la comunicazione. È successo una mattina, all’improvviso, in maniera molto forte, poi si è ripetuto: un vedere che non è intellettuale, ma di un amore che ti invade».
Ha scritto che tutto è nato da una domanda…
«In me c’era una domanda che cresceva nel tempo: guardando il crocifisso gli chiedevo sempre “Ma Tu dove sei?”. Di fronte al crocifisso non capivo dove fosse Gesù. Poi ho intuito qualcosa spiritualmente. Ho visto dov’è. Morendo in croce e poi risorgendo ha una discesa nell’umano. Questa discesa nell’umano è proprio la redenzione: il Crocifisso entra soprattutto dove l’umano è perso, e quindi “negli inferni” dell’uomo e in ciò che in noi stessi riteniamo disprezzabile. Lui sta lì, inchiodato. La croce è Lui che è inchiodato nei luoghi più oscuri dell’uomo, dove pensiamo che nessuno possa amarci. Questa cosa mi ha sconvolto, perché un conto è stare davanti alla croce e pensare che Gesù è morto duemila anni fa, e adorare questo uomo/Dio che ci ama, un conto è vedere e avere l’esperienza che Cristo è inchiodato a ogni essere umano è dentro l’uomo. Questo cambia completamente lo sguardo, perché se Dio è lì, ed è nella parte più antipatica del mio fratello, io sono chiamato da Lui ad amarlo. Quando ho sentito con lo spirito che Lui è inchiodato — come era inchiodato sulla croce— nell’inferno di ogni essere umano… ho percepito che è necessario cambiare il punto di vista».
Ci spieghi meglio…
«Ognuno di noi ha delle situazioni irrisolte — con familiari, amici —, delle situazioni di rancore, di difficoltà: se abbiamo la coscienza che Cristo è proprio lì, in quel prossimo che non riusciamo ad accettare, se noi non lo amiamo è come se togliessimo a Cristo la possibilità di risorgere. Se diciamo di essere cristiani — e qui mi viene in mente la Lettera di san Giacomo — e diciamo di amare Dio e non amiamo il fratello, siamo degli ipocriti. L’amare è la cosa più difficile. L’ipocrisia è dirsi credenti e avere anche un piccolo istante di rancore, di peso sul cuore verso un’altra persona: se non riusciamo a vivere d’amore verso l’altro, allora il cristianesimo che viviamo è completamente ipocrita. È meglio non andare in chiesa».
Questo sguardo ti cambia ogni cosa, ti pungola verso l’altro perché lì trovi Cristo: magari l’altro che ti è antipatico è una possibilità di incontro con Lui, non è così?
«È fondamentale esser consapevoli che Lui è lì, nel paradosso, con la follia del suo amore. Umanamente siamo portati a non perdonare noi stessi e a giudicare gli altri. I giudizi sono sia verso di noi sia verso gli altri. Cosa succede? Che la follia dell’amore di Dio, perché questa è proprio follia, ama proprio quel nostro punto peggiore, ama in quel punto lì. E Lui è crocifisso lì. Allora quel punto, che fino a un attimo fa era il peggiore, diventa il luogo più amabile e meraviglioso, e se guardi il fratello con uno sguardo diverso, lui sente e percepisce che c’è qualcosa di differente. E allora c’è l’amore che si risveglia».
Immagino non ci sia fine allo stupore: questo Gesù non finisce mai di stupire…
È uno stupore continuo, è commovente fino alle viscere, quando si intuisce qualcosa di questo amore tutto dentro piange. Tutto ciò che è divisione — di religioni, di culture — è qualcosa che non sta in piedi di fronte a questa verità che è un po’ nel titolo del libro, Cristo ovunque, una rivoluzione che Lui porta dentro l’umano, dentro la materia, dentro al corpo, a tutto».
Perché ha sentito l’esigenza di scrivere questo libro?
«Il mio sogno è che se un lettore scegliesse una sola persona con cui ha un rancore, una sola, e provasse a pensare che in quella persona c’è il Crocifisso che ama, se riuscisse a cambiare lo sguardo e così fosse capace di avvicinarsi a lui in un altro modo, cercando di capire anche le sue ragioni... ebbene, se accadesse, questo piccolo libretto avrebbe avuto un risultato enorme. Basta una sola persona, ed è già un mondo che cambia».
Foto di Fabrizio Annibali