Anche il Papa omaggia Dante Alighieri. In occasione dello scorso Dantedì – la giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri che ricorre ogni 25 marzo – papa Francesco ha firmato la lettera apostolica Candor lucis aeternae (Il candore della luce eterna) per commemorare i 700 anni dalla sua morte. Anche altri Pontefici, come Benedetto XV e più ancora Paolo VI, tributarono la loro ammirazione per il sommo poeta. In papa Francesco però l’ammirazione si fonde nell’affetto, come ci racconta Andrea Monda, direttore de L’Osservatore Romano.
A inizio pontificato lei ha scritto un libro dedicato al mondo letterario di papa Francesco (Fratelli e sorelle, buona lettura!, Àncora). Che posto occupa la Divina Commedia, nella biblioteca di Bergoglio?
«Ho la sensazione che il poema di Dante non stia in uno scaffale della biblioteca del Papa a fianco ad altri libri, ma stia sul comodino, o se possibile ancora più vicino, dalle parti del cuore. Questa mia intuizione, che potrebbe essere infondata, nasce però da alcuni colloqui che ho avuto con il Santo Padre. In queste occasioni ho visto come si scaldava nel parlare di autori a lui molto cari, come ad esempio Dostoevskij o Virgilio, ma quando il discorso è caduto su Dante il tono è cambiato e subito ha voluto raccontare il fatto che sua nonna – la tanto amata nonna Rosa – amava recitare a memoria alcuni versi del poema e anche insegnarli ai nipoti. Ecco, penso che tra gli autori del Papa quello di Dante sia un posto speciale, legato alla sua biografia personale, ai suoi affetti più profondi».
Chi è Dante Alighieri per il Papa?
«Dante è innanzitutto il sommo poeta, e questo già è grandioso, vista l’importanza che il Papa attribuisce alla poesia: ricordo quando, tornando dal viaggio in Thailandia e Giappone, espresse il suo dolore per il deficit di poesia proprio dell’Occidente. Ma Dante è anche “profeta di speranza” e “testimone della sete di infinito insita nel cuore dell’uomo”. Per Bergoglio Dante è l’artista che ha saputo “meglio di tanti altri, esprimere, con la bellezza della poesia, la profondità del mistero di Dio e dell’amore”».
Dante fu uomo di grandi ideali politici e civili, che però vennero delusi. Una condizione che interroga il presente dell’Italia?
«Dante senz’altro è un uomo profondamente deluso dalle vicende politiche del suo Paese, si potrebbe aggiungere che è un “fallito”: così lo definisce anche il Papa nella sua lettera. E non è un caso che la storia che egli racconta inizi nello smarrimento della selva oscura. Però è questa, paradossalmente, la sua forza. Ricordo di recente un’intervista in cui il Papa, parlando di sport, ha affermato che chi vince non sa quello che si perde, come a dire che è proprio la condizione di fragilità e di “fallimento” che contribuisce alla costruzione della grandezza di un uomo. Da fallito Dante diventa profeta di speranza, profeta cioè sempre vivo, perché, scrive il Papa, “il suo umanesimo è ancora valido e attuale e può certamente essere punto di riferimento per quello che vogliamo costruire nel nostro tempo”. Ritorniamo alle basi di ciò che significa “umani”, ci dice Dante, e ce lo mostra raccontando il suo viaggio in cui incontra tutta l’umanità nella sua infinita varietà, un’umanità che egli guarda con uno sguardo che tiene insieme il senso della responsabilità e della misericordia».
Dante interpella anche il presente della Chiesa?
«Anche qui direi una cosa simile: ritorniamo alle basi di ciò che significa “cristiani”. Che poi è la missione di papa Francesco. Quella di Dante allora e quella del Papa oggi non è una sterile denuncia nei confronti dei cristiani, ma l’adesione a una missione profetica. Nella Lettera, il Papa scrive che “attraverso le parole di san Pier Damiani, di san Benedetto e di san Pietro, il poeta, mentre denuncia la corruzione di alcuni settori della Chiesa, si fa portavoce di un rinnovamento profondo e invoca la Provvidenza perché lo favorisca e lo renda possibile”. La poesia per Dante non è un vezzo ma una vocazione, un’esigenza radicale, vitale, che finisce per confondersi con la preghiera».
Ai mali del suo tempo Dante indicò come rimedio san Francesco. Proprio come sta facendo oggi il Papa...
«Appunto, come dicevo prima: tornare alle basi del cristianesimo, ecco perché spunta fuori Francesco. Con una partecipazione così affettuosa che rivela quasi una identificazione. Sto parlando di Dante ma il discorso potrebbe andar bene anche per il Papa, che ha scelto proprio questo nome».
Nella lettera il Papa si congratula con gli insegnanti che appassionano gli studenti a Dante. Nella sua esperienza di insegnante di religione, prima di essere chiamato a dirigere L’Osservatore Romano, che ruolo ha avuto?
«Dante è spuntato molte volte, anche se non saprei indicare una scena particolare. È proprio il suo viaggio in generale, dalla selva oscura alle stelle, ad aver incrociato spesso le mie lezioni con i ragazzi. Quante volte ho citato l’incipit del poema, con quello “smarrimento”! Non è forse questo il sentimento più universale, più “umano” che esista? Forse è proprio da questo smarrimento che scaturisce la poesia, quasi come invocazione, preghiera che si lancia per ritrovare – o ricevere – la forza per alzarsi e proseguire l’avventuroso e misterioso viaggio della vita».
Anche la sua biografia personale è incastonata tra “due” Dante: è sia il nome di suo papà che di suo figlio. Un nome che riecheggia molta “poesia della vita”...
«Sì, ho dato a mio figlio il nome di mio padre, che forse ebbe questo nome in onore del grande poeta. Dante è senz’altro l’artista che riesce, meglio di chiunque altro, a mettere più vita nella sua poesia. Colpisce da questo punto di vista – il Papa lo sottolinea molto nella sua lettera – la scelta di Dante di usare il volgare, la lingua del popolo. Dante usa il “dialetto” per usare un’altra espressione cara al Papa... e senz’altro usava lo stesso dialetto che poi userà nonna Rosa con i suoi nipoti».
Le iniziative del Vaticano per l’anniversario
Per celebrare il VII centenario della morte di Dante, il Pontificio consiglio della cultura ha istituito un Comitato scientifico-organizzativo che, in collaborazione con la Biblioteca apostolica vaticana, i Musei vaticani, la Pontificia commissione di archeologia sacra e il «Cortile dei Gentili», organizzerà vari eventi. Il 28 maggio il cardinale Gianfranco Ravasi terrà a Firenze (basilica di Santa Croce, ore 17), la conferenza «“All’etterno dal tempo” (Paradiso XXXI, 38): la teologia di Dante». A metà giugno, nelle catacombe di San Callisto a Roma (su invito), Viaggio nella Commedia dantesca, con Carlo Verdone, Margherita Buy, Alessandro Haber e Nancy Brilli. Il 12 settembre ancora il cardinale Ravasi chiuderà, a Ravenna, le celebrazioni con una conferenza alle ore 11.30, preceduta dalla Celebrazione eucaristica alle ore 9.30. Dal 25 al 26 novembre è infine in programma il convegno scientifico all’Università Roma Tre sulla figura di Dante e sulle grandi questioni escatologiche. Ci sono poi due proposte in internet: la mostra virtuale Viaggiare con Dante (www.vaticanlibrary.va/it/viaggiare-con-dante.html), che permetterà di vedere per la prima volta manoscritti, libri antichi, incisioni, medaglie a tema dantesco, e il progetto didattico Dante nei Musei Vaticani.
V.P.