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domenica 15 settembre 2024
 
SOCIETA'
 

#crescereinsieme, mano tesa alle mamme sole

15/11/2018  Il progetto presentato a Roma intende soprattutto favorire l’autonomia delle mamme, offrendo loro nuove opportunità attraverso una serie di azioni strettamente collegate:  un’agenzia per la ricerca della casa e del lavoro; interventi di sostegno (visite domiciliari, supporto psicologico, promozione dell’allattamento materno, gruppi di mutuo-aiuto); attivazione di reti di famiglie solidali; consolidamento della Rete delle strutture e dei servizi per i nuclei vulnerabili mamma-bambino

Più della metà non può sostenere una spesa improvvisa di 800 euro.  Né può pensare di regalarsi una settimana di vacanza. Quasi una su 5 è in ritardo nel pagamento di bollette, affitto, muto. E non riesce a riscaldare adeguatamente l’abitazione. Parliamo delle madri sole con figli minori, che in Italia secondo i dati Istat (biennio 2015-2016) sono 893mila e rappresentano l’86,4 per cento dei nuclei monogenitore (141mila i padri). I dati sono stati diffusi questa mattina alla presentazione del progetto #crescereinsieme, che nel Lazio unisce 14 organizzazioni con un’esperienza pluriennale sul campo, per migliorare l’efficacia e l’efficienza degli interventi a sostegno dei nuclei fragili mamma/bambino e contrastare la povertà educativa. Il progetto, in media partnership con Famiglia cristiana e Dire e finanziato dell’Impresa Sociale “Con i Bambini”, è partito lo scorso mese di maggio e ha una durata di tre anni.

Sono 10mila le mamme sole nel Lazio e circa 15mila i bambini che vivono in condizione di grande fragilità. Secondo una recente ricerca (Oasi, 2016), nella regione si contano circa 50 strutture preposte all’accoglienza delle mamme con i loro bambini. Annualmente vengono accolte circa 550 donne e 700 bambini. Moltissimi altri nuclei ricevono supporto dai servizi sociali e dalle organizzazioni benefiche in diversi modi, dall’assistenza domiciliare al sostegno scolastico, fino all’aiuto materiale. Ma questo crescente impegno non basta. Uno dei problemi è il ritardo con cui questi nuclei sono individuati e presi in carico dai servizi territoriali, il che impedisce l’attivazione di interventi tempestivi per far fronte al disagio. Ciò ha conseguenze drammatiche sullo sviluppo del bambino, che assorbe anche inconsapevolmente i disagi della madre.

È questo il contesto da cui nasce il progetto #crescereinsieme. «Le difficoltà economiche, le difficili condizioni abitative, l’assenza di un lavoro e altri fattori personali e relazionali», spiega il responsabile del progetto Martino Rebonato, della cooperativa sociale Kairos, organizzazione capofila, «possono ostacolare l’accesso ai servizi educativi per le mamme e per il loro piccoli. Il nostro progetto affronta i problemi della povertà educativa in un’ottica integrata e multidimensionale, favorendo il lavoro in rete tra i servizi sociali, le agenzie educative e le organizzazioni del terzo settore».

Il progetto intende soprattutto favorire l’autonomia delle mamme, offrendo loro nuove opportunità attraverso una serie di azioni tra loro strettamente collegate:  un’agenzia per la ricerca della casa e del lavoro; interventi di sostegno alla genitorialità (visite domiciliari, supporto psicologico, promozione dell’allattamento materno, gruppi di mutuo-aiuto); attivazione di reti di famiglie solidali, che accompagnino le mamme nella loro quotidianità; consolidamento della Rete delle strutture e dei servizi per i nuclei vulnerabili mamma-bambino.

«Il modello di intervento che proponiamo mira alla costituzione di una comunità educante, in cui ciascuno faccia bene la sua parte. Dobbiamo essere consapevoli che il problema della monogenitorialità e della vulnerabilità sociale sono spesso interconnessi»,  sottolinea Salvatore Carbone, portavoce della Rete delle strutture e dei servizi per nuclei vulnerabili mamme-bambino, «e che il fenomeno delle mamme sole in condizioni di forte disagio sociale ha assunto una dimensione che non può più essere sottovalutata».

Allargando la prospettiva alla situazione italiana, il quadro dei nuclei familiari monogenitore, relativo a madri sole, è stato offerto da Miria Savioli dell’Istat, che ha integrato i risultati provenienti da sette indagini campionarie. Oltre la metà, il 52, 9 per cento, ha un figlio; il 38,2 ne ha due e l’8,9 tre o più. In totale i bambini che vivono fino a 17 anni con un solo genitore sono 1 milione e 401mila, quelli che stanno con la madre 1 milione e 215mila. «Negli ultimi venti anni le madri sole sono molto cambiate: rispetto al 1995-96», rileva Miria Savioli, «sono più grandi di età, più istruite e più frequentemente nubili. Il peso maggiore è infatti delle madri sole di 35-44 anni (45,3%), il 63,3 possiede laurea o diploma (18,5% laurea, 44,8% diploma).

Un altro dato che salta occhi, dice Savioli, «è che le madri sole hanno risentito maggiormente della crisi rispetto alle madri in coppia». Secondo i dati lavora il 63,8 per cento delle madri sole, l’11,8 è disoccupata, il 24,4 per cento inattiva. In venti anni l’aspetto che colpisce maggiormente è che mentre «la quota di madri sole occupata ha subito una forte riduzione abbassandosi di 7 punti (era al 71,2%), tra le madri in coppia la quota occupata è rimasta praticamente invariata rispetto al 2006».  Le madri sole, dunque, non se la passano bene, da un punto di vista economico: il 12 per cento dichiara le condizione economiche «assolutamente insufficienti», il 45 per cento «scarse». La situazione con maggiore criticità si registra al Sud, dove, «il 66,7 per cento delle madri sole dichiara risorse economiche scarse o insufficienti, quasi 10 punti in più rispetto alle media Italia e 14 punti in più rispetto alle madri sole del Centro nord (51%)». Le madri sole in povertà assoluta sono l’11, 8 per cento, rispetto al 7,9 per cento del totale degli individui. La maggioranza delle madri sole vive nel Centro Nord, un terzo nel Mezzogiorno. Le straniere sole sono 92mila, il 10,4 per cento del totale.

I dati Istat indicano un fenomeno in crescita, che richiede attenzione anche per il carico di insoddisfazione ed esclusione sociale che può comportare. «È centrale l’attenzione sul nucleo familiare, sono famiglie monogenitoriali. Non si può scindere la madre dal bambino, sono un unico soggetto», avverte Rebonato.Un approccio valido deve «agire contemporaneamente su versanti diversi: guardando in prospettiva all’autonomia della famiglia e costruendo una rete di solidarietà vera che possa continuare anche quando tra tre anni il progetto sarà concluso».  

Per quanto riguarda  #crescereinsieme  il progetto che parte nel Lazio, i riferimenti sono www.percorsiconbambini.it/crescereinsieme/

facebook.com/Crescereinsieme.Progetto/

Telefono 06 51600539

 

 

 
 
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