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lunedì 17 marzo 2025
 
 

Caso marò, perché l'India non scherza

23/03/2013  La "Caporetto diplomatica" sul caso dei marò Latorre e Girone mostra che è nato un mondo nuovo, con nuovi Paesi a dettare le regole.

La tragicomica vicenda dei marò Latorre e Girone, che in India sono assassini e in Italia martiri e intanto vengono spediti dall'uno all'altro Governo come pacchi postali, e la relativa "Caporetto diplomatica" italiana di cui ormai tutti parlano, ha tante spiegazioni parziali: le ambizioni di questo o quello, le rivalità nel Ministero, il progressivo sfrangiamento del Governo Monti, la confusione generale che regna nei palazzi della politica.

Ma sono, appunto, spiegazioni parziali. A noi pare invece che nel braccio di ferro tra Italia e India sia plasticamente rappresentato lo spostamento di equilibrio politico cui il pianeta intero è stato sottoposto negli due decenni, cioè nel periodo in cui Paesi come Brasile, Cina e India sono passati con un balzo dal sottosviluppo al massimo sviluppo. L’India per le cui carestie si organizzavano regolari collette quand’eravamo ragazzi, vanta oggi il quinto Prodotto interno lordo del mondo per valore assoluto (4.421 trilioni di dollari nel 2011) e un ruolo strategico (basta pensare ai suoi vicini Cina, Pakistan, Afghanistan…) di enorme significato.

Sono quei Paesi, oggi, i giganti. Sono loro i pezzo grossi, i "bulli del quartiere". Non certo l’Italia. Sgradevole verità ma pur sempre verità. Dimenticarlo serve tutt’al più a consolarci. Ricordarlo serve invece a valutare meglio successi e insuccessi e a riflettere su quanto ci costi, in ogni senso, l’assenza anche solo di un abbozzo di politica estera comune all’Europa. Il 2012 ci ha dato la perfetta rappresentazione di un continente che, sia pure tra mille difficoltà e polemiche, riesce comunque a compattarsi intorno alla moneta unica ma è rapido a dividersi su qualunque altra questione, dalla politica fiscale alla strategia di difesa. Mentre solo l’unione, nel quartiere chiamato mondo dove i bulli sono più numerosi e più aggressivi di prima, potrebbe fare la forza. E la forza, alla lunga, tramutarsi in potenza anche economica.

Quello che davvero stupisce, però, è che sia proprio un Paese come l'Italia a mostrare di non aver capito fino in fondo quanto sia cambiato il mondo. Ci sono ormai 400 imprese italiane attive in India. Per quanto riguarda gli investimenti diretti in India, l'Italia è il settimo tra i Paesi della Ue e il 17° a livello mondiale. Entro il 2015, l'interscambio commerciale Italia-India dovrebbe raggiungere un valore di 15 miliardi di euro.Per anni, fino alla grande crisi globale esplosa nel 2008-2009, l'Italia è stato il terzo approdo(dopo Germania e Gran Bretagna) degli investimenti indiani in Europa.

Questo ovviamente non significa che l'India possa dettarci la legge, farsi consegnare chi le pare. Vuol però dire che si tratta di un Paese che ha conquistato un rilievo internazionale a cui non vuole e non può rinunciare. Un Paese con cui è meglio (ed è pure giusto) non scherzare, annullando patti già sottoscritti e, di fatto, sfidandolo di fronte al mondo. Si è visto com'è finita: gli umiliati ora siamo noi, non loro. A dispetto di un "caso" affatto chiarito, di un'indagine confusa, di norme del diritto internazionale stiracchiate qua e là, di un tribunale "speciale" abbastanza imperscrutabile che sarà chiamato a processare i due soldati italiani. 

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