L'espressione “acqua e sapone” non
è sufficiente a definire la limpidezza
del suo viso, etereo, quasi trasparente.
Cristiana Capotondi, 35
anni (nata a Roma il 13 settembre
1980) si presenta così, al naturale, senza artifici
di trucco e disponibile a svelare la propria
interiorità di donna infaticabile, innamorata
della vita, consapevole e desiderosa
di conoscere e di crescere.
Un piccolo ritardo
sull’appuntamento per l’intervista la costringe
a non stare ferma neppure quando
risponde alle nostre domande.
«Faccio una vita con un grande dispendio di
energie, mi alzo presto, viaggio molto, pendolare
tra Milano, dove abito, e Roma, dove
lavoro. Con frequenti viaggi all’estero e sveglie
anche alle 4,30 del mattino».
- A vedere il suo curriculum non si stenta
a crederci. Film, fiction, e ora anche
la regia di un cortometraggio e di un
documentario. Dove trova le risorse fisiche
per tutto questo?
«Ho bisogno di un’alimentazione molto ricca
di proteine che mi permetta di supportare
i miei ritmi irregolari. Non riuscirei a
seguire una dieta vegetariana. Mangio molto
pesce, poca carne, prediligo i formaggi di
capra e pecora che sono più digeribili. Per
la vita che faccio è più semplice per me fare
una frittata piuttosto che cucinare un piatto
di lenticchie. Inoltre il gusto per me è molto
importante, farei davvero fatica a mangiare
sempre le stesse cose».
- Si fa consigliare da qualcuno nella
scelta degli alimenti?
«Nessun nutrizionista in particolare. Ho
un regime alimentare consapevole che ho
scoperto sulla mia pelle. Inoltre facendo
molto sport; ho un giro di amici e di istruttori
che mi consigliano. Per il resto non bado
molto alle calorie, sono golosa e non
pongo particolare attenzione a quanto
mangio».
- A che cosa non potrebbe mai rinunciare?
«Alla pasta, anche se evito di mangiare
quella a base di farina bianca, e scelgo
quella senza glutine o di grano saraceno.
Ho scoperto di avere un’intolleranza
incrociata. Ho un’allergia respiratoria
alle graminacee che ha generato
un’intolleranza alimentare al grano
e al glutine, oltre che alle fragole
e ai frutti di bosco, al pomodoro
e ai peperoni, che ho dovuto
eliminare totalmente dalla
mia dieta».
- E per quanto riguarda
le bevande?
«Non bevo né caffè né
tè, adoro i centrifugati
di frutta e mi piace molto sorseggiare
tè verde, anche se devo stare
attenta a quanto ne assumo perché contiene
comunque caffeina e poi ho difficoltà
a dormire».
- A quale tipo di attività fisica si dedica
di solito?
«Il mio grande amore è il calcio, prima
di tutto come tifosa (della Roma) e poi,
da qualche anno, anche come giocatrice.
Con un gruppo di amici qui a Milano abbiamo
messo su una squadra di calcetto e
ci vediamo tutte le settimane per giocare.
Uno sport divertente, ma che ha qualche
danno collaterale sul fisico: colpi, strappi,
contusioni. Per rimediare ai danni che
faccio con il gioco al piede, mi dedico al
nuoto. Quando ho poco tempo mi limito
a un chilometro in piscina, altrimenti arrivo
fino a due chilometri di bracciate. Il
nuoto è importante anche per tonificare
la mia schiena: sono affetta da lordosi di
compensazione per una scoliosi posturale,
frutto delle posizioni scorrette usate
quando studiavo. Ricorro spesso anche
ai massaggi per evitare di bloccarmi la
mattina quando mi alzo».
- Quanto è importante la bellezza?
«Lavoro con la mia faccia, ma non sono
ossessiva. Sono convinta che sia più
importante stare bene psicologicamente
che esteriormente. Durante la mia infanzia
ho provato un po’ di fastidio per
le mie lentiggini. Alcuni bambini mi
prendevano in giro chiedendomi se avevo
preso il sole con lo scolapasta. Un po’
con l’età sono andate via, ma devo comunque
fare i conti con un incarnato irregolare.
Malgrado questo nella vita di
tutti i giorni uso un trucco leggero e naturale,
e prodotti idratanti biologici. Il
mio dermatologo non vorrebbe neppure
che mi truccassi per esigenze di copione,
perché il make up non fa respirare
la pelle. So che non è possibile, anche
se ritengo che, oltre a essere dannoso,
limiti la mia espressività: non mi posso
grattare, toccare, e io utilizzo molto le
mani sul viso».
- Dal corpo allo spirito. Le va di parlare
di religione?
«Sono figlia di un matrimonio misto, e
ho fatto una sintesi di due religioni cardine
del monoteismo, il cristianesimo e l’ebraismo.
Io non posso dire di appartenere a nessuna delle due. Credo esista una
dimensione più eletta della nostra, che ci
ha voluti, immaginati e creati. Di questo
Dio non mi interessa come si chiama. Ho
un’idea laica di Gesù, che è per me un’ispirazione
quotidiana, e penso che la sua
esistenza e il suo esempio siano ancora
più forti se lo immaginiamo come uomo
in mezzo a noi».
- In uno dei suoi film, Amori elementari,
lei è una maestra molto dolce
di un gruppo di ragazzini alle prese
con i primi sentimenti. Le piacciono
i bambini?
«Certo, ne conosco molti, ho tante amiche
con figli con cui trascorro anche le
vacanze. Credo che Dio sia molto più
presente nei bambini perché hanno vissuto
meno e sbagliato meno. Ma non ho
particolare indulgenza nei loro confronti solo perché sono bambini. Li tratto come
gli adulti, e mi piacciono solo se sono
interessanti. Ce ne sono di simpatici
e di antipatici. La spontaneità nei bambini,
il loro entusiasmo, la trasparenza,
sono un dono della natura, mentre negli
adulti sono caratteristiche che vanno
conservate con intelligenza. Trovo molto
interessante chi mantiene una sorta
di fanciullezza, mette la gioia, il gusto
per la scoperta nelle sue attività quotidiane.
Come il mio compagno (Andrea
Pezzi, ndr.) che, anche quando si tratta
del suo lavoro di imprenditore, ha lo spirito
del giocatore, e fa bene le cose che
lo fanno stare bene».
- Lei sembra non fermarsi mai…
«È solo facendo che si impara, chi si ferma
è perduto, e io voglio vivere in un flusso
di crescita continua. Mi piace studiare.
Dopo il liceo scientifico avrei voluto laurearmi
in ingegneria navale: ero attratta
dall’idea di lavorare nei cantieri, progettare
navi, vivere sul mare. La facoltà richiedeva
una frequenza a tempo pieno
e io avevo già cominciato la mia carriera
di attrice. Mi sono quindi laureata in
Scienze della comunicazione. Per un certo
periodo ho pensato di prendere una
seconda laurea, ma ho capito che si può
continuare a studiare anche senza avere
l’obbligo degli esami. Io leggo moltissimo,
biografie, romanzi storici, saggi di filosofia,
e cerco di crescere in ambito professionale
misurandomi con altri ruoli
come quello recente della regia».
- Tra i suoi vari impegni c’è anche
quello a favore dell’Airc. L’Associazione
italiana per la ricerca sul
cancro…
«L’Airc è una delle realtà che ha i numeri
più interessanti sia per quanto riguarda
i ricercatori, sia per il numero di volontari
coinvolti. Apprezzo molto i progressi
che ha permesso nell’ambito della cura e
il fatto che dia l’opportunità ai ricercatori
di lavorare in Italia. C’è una filiera virtuosa
che mette in relazione il volontario
che opera nei banchetti, il semplice donatore
e i destinatari dei finanziamenti,
cioè i medici; un fil rouge che poi torna
alla gente comune, la diretta beneficiaria
di questa catena. Io non ho motivi personali
per aderire con la mia immagine
a questo progetto: di personale c’è il mio
Paese, la mia gente. E credo che tutti dovremmo
impegnarci in questa direzione,
non tanto pensando all’ipotesi di essere
noi ad ammalarci, ma proprio in vista di
un bene comune».