Papa Francesco e il patriarca Bartolomeo (Reuters).
«Piena comunione», «piena unità», «calice comune». Nei due discorsi conclusivi e nella dichiarazione congiunta firmata da papa Francesco e dal patriarca Bartolomeo c'è la sintesi di questi tre giorni di viaggio in Turchia. Più volte il Papa e il Patriarca sono tornati sull'importanza di un autentico dialogo. Un dialogo fatto di amicizia e di gesti fraterni, ma anche di studio. Papa Francesco parla espressamente del «dialogo teologico», come «dimensione essenziale», insieme con quella «dell'abbraccio di pace, del pregare l'uno per l'altro».
Nel suo lungo discorso Bartolomeo, al termine della Divina liturgia in onore di sant'Andrea, primo dei chiamati e patrono della Chiesa ortodossa, ha più volte sottolineato l'importanza del cammino comune verso l'unità. Una unità che non è fine a se stessa, ma che guarda al mondo: «Per tutto il tempo che noi siamo impegnati nelle nostre dispute, il mondo vive la paura della sopravvivenza e l'ansia del domani. Come sopravviverà l'umanità dilaniata oggi da svariate divisioni, scontri, inimicizie, molte volte addirittura nel nome di Dio? Come sarà distribuita la ricchezza della terra in modo più equo, cosicché domani l'umanità non viva la schiavitù più esecrabile che abbia mai conosciuto? Quale pianeta troveranno le prossime generazioni per abitarvi quando l'uomo contemporaneo nella sua cupidigia lo distrugge senza pietà e in modo irrimediabile?».
I temi cari a Bartolomeo sono anche quelli che papa Francesco continua a sottolineare dall'inizio del suo Pontificato. E che, anche a Istanbul sono risuonati in ogni discorso ufficiale. Dalla chiesa patriarcale di San Giorgio, nel quartiere greco del Fanar, papa Francesco parla dopo Bartolomeo e riprende il tema delle guerre e dei conflitti. Ricorda le vittime dell'attentato in Nigeria, la strage di musulmani che ha insanguinato il Paese. E, insieme con la voce delle vittime dei conflitti, ricorda anche quella dei poveri, delle donne e degli uomini che soffrono per grave malnutrizione, ricorda i disoccupati e i giovani «senza speranza, vinti dalla sfiducia e dalla rassegnazione».
«Le nuove generazioni», spiega Francesco, «non potranno mai acquisire la vera saggezza e mantenere viva la speranza se noi non saremo capaci di valorizzare e trasmettere l’autentico umanesimo, che sgorga dal Vangelo e dall’esperienza millenaria della Chiesa. Sono proprio i giovani – penso ad esempio alle moltitudini di giovani ortodossi, cattolici e protestanti che si incontrano nei raduni internazionali organizzati dalla comunità di Taizé – che oggi ci sollecitano a fare passi in avanti verso la piena comunione. E ciò non perché essi ignorino il significato delle differenze che ancora ci separano, ma perché sanno vedere oltre, sono capaci di cogliere l’essenziale che già ci unisce».
«Siamo già in cammino verso la piena comunione e già possiamo vivere segni eloquenti di un’unità reale, anche se ancora parziale», dice papa Francesco prima di recarsi, con Bartolomeo a benedire, insieme, i fedeli che attendono sotto la loggia della Basilica. Abbracciati, entrambi benedicenti dal balcone, il Papa e il Patriarca si sono recati poi nella Sala del trono per la firma della Dichiarazione comune nella quale si ripercorrono i passi in avanti fatti dallo storico abbraccio tra Paolo VI e Atenagora e si guarda al futuro. In particolare viene sottolineata l'importanza della Commissione mista internaizonale, istituita 35 anni fa al Fanar da Giovanni Paolo II e dal patriarca Dimitrios. Ma si esprime anche la «comune preoccupazione per la situazione in Iraq, in Siria e in tutto il Medio Oriente. Siamo uniti nel desiderio di pace e di stabilità e nella volontà di promuovere la risoluzione dei conflitti attraverso il dialogo e la riconciliazione».
«Non possiamo rassegnarci a un Medio Oriente senza i cristiani, che lì hanno professato il nome di Gesù per duemila anni», scrivono nella Dichiarazione. Uno sguardo anche alla situaizone in Ucraina, per la quale Papa e Patriarca invocano insieme la pace. E, soprattutto, l'apertura al dialogo con l'Islam: «Riconosciamo l’importanza anche della promozione di un dialogo costruttivo con l’Islam, basato sul mutuo rispetto e sull’amicizia. Ispirati da comuni valori e rafforzati da un genuino sentimento fraterno, musulmani e cristiani sono chiamati a lavorare insieme per amore della giustizia, della pace e del rispetto della dignità e dei diritti di ogni persona, specialmente nelle regioni dove essi, un tempo, vissero per secoli in una coesistenza pacifica e adesso soffrono insieme tragicamente per gli orrori della guerra. Inoltre, come leader cristiani, esortiamo tutti i leader religiosi a proseguire e a rafforzare il dialogo interreligioso e a compiere ogni sforzo per costruire una cultura di pace e di solidarietà fra le persone e fra i popoli».