C’è la settantenne che decide di lanciarsi con il paracadute; le ospiti novantenni di una casa di riposo che vengono truccate e acconciate come non era mai accaduto in tutta la loro vita; la ragazzina Down che corona il suo sogno ballando con il suo idolo, il ballerino Raimondo Todaro... Tutte storie raccontate da Cristina Parodi nel programma La prima volta, che va in onda su Rai 1 la domenica pomeriggio.
In una delle scorse puntate la conduttrice si era interrogata sulla situazione politica, accennando alle paure e alle conseguenti scelte della gente. Alcuni parlamentari erano intervenuti chiedendo alla conduttrice di lasciare la Rai, perché avrebbe abusato del servizio pubblico. Sulla vicenda la Parodi non vuole tornare: «Ho scelto di non commentare questa infelice presa di posizione». Torniamo allora a parlare di La prima volta.
La sua lunga esperienza a Verissimo e poi a La vita in diretta l’ha aiutata nella conduzione del programma?
«Ogni lavoro che fai in ambito televisivo aggiunge qualcosa al tuo mestiere. La vita in diretta è stata un’esperienza intensa. Quello che mi interessa è raccontare storie che arrivino dritte al cuore della gente e dimostrare che anche nel dolore si ha sempre qualcosa da insegnare».
Che cosa vuol dire la prima volta?
«È quella a cui diamo un grande valore, della meraviglia, dello stupore. Sono tre storie per puntata, che vengono sviluppate attraverso dei filmati e con la presenza degli ospiti in studio. E per ogni storia c’è l’effetto sorpresa».
Com’è andato il debutto?
«Molto bene. In quella fascia oraria, 13,60 di ascolti è un ottimo risultato».
Quali sono le storie che l’hanno più emozionata?
«Quella di una donna di 37 anni, soldatessa in Afghanistan, che voleva essere presente al primo giorno di scuola del figlio di 6 anni. Ha chiesto una licenza, e ce l’ha fatta, all’insaputa del bambino. Un esempio di dolcezza e amore, coraggio e rigore. Quando ci penso mi viene ancora da piangere. E poi la storia di Nicola Bossini che, giovanissimo, aveva iniziato una carriera di modello. A causa di un terribile incidente è rimasto in coma 30 giorni, con gli amici che non lasciavano neanche di notte in ospedale e gli facevano ascoltare le sue canzoni preferite. Arrivò anche un messaggio del Papa. Poi, inaspettatamente, si è risvegliato e dopo un lungo percorso di riabilitazione sta bene e ha solo una lieve difficoltà nella parola. In trasmissione abbiamo invitato i suoi amici, che si sono fatti tatuare l’elettrocardiogramma del momento del risveglio, e Tomaso Trussardi che lo ha invitato a sfilare per lui».
Ci racconta una sua prima volta?
«La prima diretta tv su Canale 5. Avevo 27 anni ed ero arrivata alla redazione delle news dallo sport. Ero agitata, mi ero preparata alla perfezione, ma non avevo previsto che al mio fianco si sarebbe seduto il direttore Emilio Fede».
Le manca la conduzione del Tg?
«È stato un periodo fantastico, far parte della redazione di un Tg diretto da Enrico Mentana! Condurre un telegiornale ti apre la mente, poi inevitabilmente viene la voglia di fare altro».
Che cosa le è rimasto dell’esperienza di Domenica in con sua sorella?
«Fare un programma insieme era e resta il nostro sogno. Non è andata bene, c’erano tensioni in Rai e il volto di Benedetta non era noto al pubblico. Ma l’edizione si è chiusa con buoni ascolti».
È molto legata a sua sorella? Ha dato il suo nome alla sua primogenita.
«Sì, siamo molto legate, io ricordo il giorno in cui è nata, avevo 8 anni. E quando è venuto il momento di scegliere il nome per mia figlia ne ho voluto uno di famiglia. E poi mi piace il significato di Benedetta, mi sembrava un buon augurio per una bambina».
Che ricordo conserva del concerto di Natale in Vaticano?
«Era un appuntamento che aspettavo con gioia. Quando Wojtyla partecipava, riceveva in udienza i cantanti e me. Ricordo che mia figlia Benedetta era piccola, gattonava e il Papa la prese in braccio e le diede un bacio».
Francesco lo ha mai incontrato?
«Sono appena stata ospite del programma di TV2000 Ave Maria e il Papa ha dato un’udienza a chi vi partecipava».
Se potesse cambiare la sua vita, che lavoro sceglierebbe di fare?
«Per me uno dei lavori più belli del mondo è insegnare. Insegnare permette di trasmettere qualcosa di tuo, formare le giovani menti. Questa professione andrebbe valorizzata».
Lei ha una bella famiglia, unita, degna di ammirazione. Il segreto?
«Si basa sull’unione tra me e Giorgio (Gori, ndr): siamo una coppia rodata e affiatata, due parti della stessa mela. Non c’è nessun altro con cui sto meglio. Grazie a Dio i miei tre figli sono cresciuti bene, anche se mi sono dedicata molto al lavoro, e mi sono fatta talvolta prendere da crisi di colpa e di ansia perché non ci potevo essere nella loro quotidianità. Ma sono bravi, sereni, stanno cercando la loro strada nel mondo, e questa è la cosa che mi rende più orgogliosa. Molto più del migliore indice di ascolto».
Vogliono seguire le sue orme?
«Si occupano di tutt’altro. La più grande studia all’Università del gusto di Pollenzo. Non le interessa la cucina in sé, ma la sostenibilità, vorrebbe lavorare alla Fao e farà la tesi nello Zimbabwe seguendo un progetto del Cesvi. Alessandro studia a Siena Scienze ambientali e naturali. Entrambi sono sensibili all’ecologia e guai se sbaglio la raccolta differenziata o spreco l’acqua. La più piccola, Angelica, è una rockettara. Per ora fa il liceo in un college inglese, ma suona la chitarra, scrive canzoni ed è riuscita anche a pubblicarne su Internet».
Tutti fuori casa quindi?
«Ma poi finiscono sempre per tornare. Anche se a casa per ora mi aspettano solo un gatto e… mio marito!».
E con l’attività politica di suo marito, sindaco di Bergamo, come va?
«Fino a quando stavo a Roma, ero poco presente, ma ora spero di potergli stare più vicina. Dopo l’esperienza delle regionali ha appena deciso di ricandidarsi a sindaco. È fatto così, è un guerriero e si butta. Sono orgogliosa di lui».