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venerdì 04 ottobre 2024
 
 

Dossier - Il viaggio del Papa a Cuba

27/03/2012  Conclusa la visita in Messico, Papa Benedetto XVI è arrivato a Santiago. Cuba è terra di missioni. E il punto centrale della presenza del Santo Padre è la libertà di religione.

Concluso il viaggio in Messico, Papa Benedetto XVI sbarca lunedì 26 marzo a Cuba, “nell'anno 53 della Rivoluzione”, come ricordano ossessivamente i murales sull'isola. La sua presenza ha un importante significato mariano nel contesto dell'Anno giubilare in corso per celebrare i 400 anni della scoperta della statua della Madonna della Caridad del Cobre, patrona dell'isola. Per questo, dopo la messa celebrata a Santiago de Cuba, la seconda città del Paese, il Papa si trasferirà il giorno dopo al Santuario, dove si trova la piccola statua della Madonna tornata alla sua sede originale dopo un pellegrinaggio nazionale di un anno e mezzo nel quale ha percorso complessivamente oltre 30 mila chilometri.

A Plaza de la Revoluciòn, all'Avana, intanto, è pronto il palco bianco e giallo dove il Papa celebrerà la messa il 28 marzo. Qui è stato commemorato nel 1967 Che Guevara, dopo la sua morte, mentre l'ultimo grande evento è stato il concerto per la pace del 2009 con 15 artisti internazionali, tra cui Jovanotti. Ratzinger avrà alle spalle una sorta di obelisco dedicato a José Martí, poeta e scrittore, considerato il primo eroe della patria, che si batté per la sua indipendenza. Ai lati della piazza, come le casse dello stereo, due edifici governativi con le gigantografie del Che e di Camillo Cienfuegos, i leader della Rivoluzione cubana.

Nella stessa piazza celebrò la messa Giovanni Paolo II nel 1998 davanti a un milione di persone, in una storica visita di una settimana che cambiò i rapporti tra Cuba e la Chiesa, in cui il Pontefice percorse l'intera isola. Il settimanale Time uscì con in copertina l'immagine di Giovanni Paolo II e di Fidel Castro: “Due giganti del secolo mettono alla prova le loro fedi”. L'aspettativa nei confronti del Papa è così elevata anche perché la visita di Giovanni Paolo II, percepito qui come un “Papa operaio” e quindi vicino alla gente, è rimasta nella memoria di tutti: “Mai avevo visto né avrei potuto immaginare che a Cuba, il paese della musica e dei balli, si potesse mantenere un lutto così stretto per una settimana, come quello che c'è stato per la morte di Giovanni Paolo II” racconta Antonio Paulato, accompagnatore di Viaggi Solidali, una Onlus di Torino che da anni organizza tour a Cuba.

Secondo un'analisi pubblicata sulla rivista Foreign Policy, “la visita papale contribuisce all'agenda del governo cubano in tre modi: consolida il dialogo istituzionale tra il governo di Raul Castro e la Chiesa Cattolica, offrendo incentivi perché quest'ultima partecipi, nella forma prevista, al rinnovamento del sistema attuale; contribuisce a creare un ambiente internazionale favorevole ai progetti di apertura e riforma senza abbandonare il monopartitismo, e rafforza l'immagine di un paese in transizione che paga i costi della rigida posizione statunitense di isolamento nei confronti di Cuba”.


Dal 1992, quando il Paese è passato da “ateo” a “laico”, la Chiesa è cresciuta molto e in questa fase si aprono spazi nuovi, anche se Foreign Policy invita a un sano realismo: “Il punto centrale della visita papale nell'area dei diritti umani è la libertà di religione, sulla quale si sono fatti importanti progressi, però molto rimane da fare per quanto riguarda la presenza sociale delle comunità di fede. La cosa migliore, tanto per la Chiesa quanto per il progresso generale dei diritti umani, è di concentrare l'attenzione là dove i progressi sono più probabili”.

Alcuni dissidenti politici hanno occupato una settimana fa una Chiesa all'Avana, con una serie di rivendicazioni sociali, ma l'Arcivescovato di Cuba è stato molto chiaro: “La Chiesa ascolta e accoglie tutti, e intercede per tutti ma nessuno ha il diritto di trasformare le chiese in trincee politiche. Nessuno ha il diritto di distruggere lo spirito celebrativo dei fedeli cubani e di molti altri cittadini che attendono con gioia e speranza la visita di Papa Benedetto XVI a Cuba”.

Visitando Cuba una delle prime scoperte che si fanno è che le immagini religiose abbondano nelle case e sembrano a prima vista santi e madonne così come li conosciamo noi. A uno sguardo più attento notiamo però che la Madonna è quasi sempre la Virgen del Cobre, riconosciuta patrona della nazione da Giovanni Paolo II, mentre i santi sono soprattutto due, Santa Barbara e San Lazzaro. Santa Barbara è l’equivalente di Orisha Changò, signore del fuoco e del fulmine, nonché signore della guerra. E San Lazzaro è come Orsiha Babalù Ayè, la divinità dei lebbrosi e delle malattie della pelle.


Si tratta del cosiddetto sincretismo, la sovrapposizione di alcune tradizioni e divinità africane, gli “orisha” con alcuni riti ed alcuni santi della religione cristiana. Con l’inizio della evangelizzazione di Cuba nacque la Santeria, di cui ancora oggi è intrisa gran parte della popolazione di origine africana. Per entrare nella Santeria bisogna essere battezzati nella Chiesa cattolica (non in quella metodista o evangelica, anch'esse presenti a Cuba) e poi un santero individua le persone che hanno delle caratteristiche tali per essere avviate a un cammino spirituale. Dovranno vestirsi di bianco per un determinato periodo stabilito dal loro padrino, non esporsi ai raggi solari e seguire una serie di altri dettami.

La particolarità di questa religione è che si pratica andando a casa del santero o realizzando altari casalinghi. Anche i cattolici cubani hanno, in molti casi, la tradizione di fare lunghe veglie di preghiera in casa durante le quali si dedica un altare a un santo o alla Madonna. Si passa la notte tra canti e balli e ad officiare sono delle persone dette “oranti”. Certo non si può parlare di cattolici nel momento in cui venerano delle immagini, ma non siamo neanche in presenza della santeria. L'altare che viene offerto è come un ex voto e rappresenta una forma di religiosità popolare verso la quale la Chiesa dimostra grande rispetto.

Cuba è terra di missione, un Paese povero di vocazioni, dove si incontrano molti sacerdoti che vengono dall'Europa o da altri Paesi latinoamericani. Tra questi il bresciano don Valentino Ferrari, parroco di Baracoa, la città del nordest del Paese dove sbarcò Cristoforo Colombo, come ricorda una statua sul lungomare, il malecòn. La Chiesa, un gioiello del Barocco, è in restauro da tre anni, per mancanza di fondi. Quelli disponibili arrivano in gran parte dall'Italia (Diocesi di Bergamo) e anche in piccola parte da esuli cubani a Miami che contribuiscono al restauro delle vetrate.


Molte cose sono cambiate negli ultimi anni. Nel 2006 ho potuto organizzare la prima processione alla quale sono riuscito a far partecipare anche la banda municipale” racconta Don Valentino. “La svolta vera è stato il permesso di acquistare un'automobile, l'anno successivo. Da allora riesco a raggiungere 23 comunità che vivono sulle montagne e il lavoro si è decuplicato”. Un'esperienza umana unica se si pensa che in questo modo è possibile raggiungere cristiani che per 50 anni non hanno potuto incontrare un sacerdote. “Mi ha colpito una signora di 84 anni che ha battezzato da sola tutta la popolazione della montagna con l'acqua e la formula corretta, ricordando a tutti di recarsi in Chiesa una volta che questo fosse stato nuovamente possibile”.

In attesa che terminino i lavori, la Messa si celebra nella casa parrocchiale, dove viene anche conservata la preziosa croce che avrebbe piantato Cristoforo Colombo stesso. Accanto un'immagine sorridente del Papa. Ora che siamo in Quaresima tutti portano all'altare durante l'offertorio dei pomodori o un po' di riso, prodotti che poi saranno distribuiti tra le persone bisognose della parrocchia. C'è il tempo anche per la festa, una coppia ha insistito a sposarsi finalmente in Chiesa dopo 30 anni di matrimonio civile.

Don Valentino risparmia loro una lunga omelia sulla fedeltà coniugale data la situazione e la musica inizia già a sentirsi dal piano di sopra. Bisogna far presto, perché ci sono anche da raccogliere i soldi per il pullman che porterà i fedeli alla messa del Papa, un bel sacrificio ma capita probabilmente una volta sola nella vita. Fuori intanto, nella notte, qualcuno ha scritto “W Gesù, W Fidel” perché non li vede in contraddizione, mentre su un cartellone che inneggia ai due fratelli Castro, proprio sulla strada che porta alla fabbrica di cioccolato inaugurata da Che Guevara, una mano anonima ha aggiunto col gessetto bianco: “Dio li perdoni”.

Un nuovo rapporto di Amnesty International denuncia il profondo aumento dei casi di persecuzione e di detenzione ai danni di attivisti politici, giornalisti e blogger cubani. Secondo la Commissione cubana per i diritti umani e la riconciliazione nazionale, da gennaio a settembre del 2011 vi sono state 2784 violazioni, per lo più brevi periodi di carcere per i dissidenti, 710 casi in più rispetto all’intera durata del 2010. Negli ultimi 12 mesi, oltre 65 giornalisti indipendenti sono stati imprigionati, nella maggior parte dei casi più di una volta.


Il rapporto di Amnesty International descrive alcuni casi di “prigionieri di coscienza” come quello dei fratelli Antonio Michel e Marcos Máiquel Lima Cruz, attivisti per i diritti umani. Sono in carcere dal 25 dicembre 2010, quando vennero arrestati da funzionari del dipartimento per la Sicurezza dello stato nella città di Holguín per aver cantato brani del gruppo rap Los Aldeanos, che criticavano la mancanza di libertà d’espressione nel paese.

Nel maggio 2011, dopo un processo sommario, i due fratelli sono stati condannati a due e a tre anni per avere, rispettivamente, “insultato i simboli della madrepatria” e “disordini pubblici”. Antonio Michel Lima Cruz ha problemi alla prostata e non starebbe ricevendo cure mediche adeguate. Dovrebbe beneficiare della libertà condizionata, poiché ha già scontato oltre la metà della condanna, ma le autorità non hanno risposto alle richieste dell’avvocato e della famiglia.

Il caso più assurdo pare essere quello di José Alberto Alvarez Bravo, un giornalista dell’Avana imprigionato 15 volte dall’aprile all’ottobre 2011. In uno di questi arresti, il 12 luglio, i funzionari della Sicurezza hanno sequestrato il suo computer, una chiavetta Usb, una camera digitale, libri e documenti. È rimasto in prigione oltre 72 ore. “Insomma, le tattiche sono cambiate ma la repressione del dissenso è sempre dura: non più lunghe condanne al termine di processi irregolari, piuttosto brevi e ripetuti periodi di carcere” spiega Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia.

Le autorità cubane continuano a non tollerare alcuna critica alla linea politica ufficiale, al di fuori degli spazi istituzionali che sono sotto il controllo del governo. Le leggi in materia di “disordini pubblici”, “disprezzo”, “mancanza di rispetto”, “pericolosità” e “aggressione” sono usate per perseguitare gli oppositori. Nessuna organizzazione politica o per i diritti umani può ottenere il riconoscimento legale. C’è da sperare che la visita del Papa sortisca qualche effetto e che Benedetto XVI possa, con la sua influenza, fare la sua parte per ottenere il rispetto del diritto alla libertà d’espressione e di associazione, la fine delle persecuzioni e il rilascio di tutti i prigionieri di coscienza”.

Il turismo è la prima risorsa di Cuba (la seconda sono le rimesse dall'estero) e ormai sono 2 milioni e mezzo i turisti che lo visitano ogni anno, di cui 125 mila dall'Italia, che rappresenta il terzo mercato mondiale. Secondo alcuni dati le strutture alberghiere sono aumentate in 10 anni del 300%. Anche i ristoranti privati spuntano ora come funghi e mentre prima erano attività consentite solo nelle case e per un massimo di 20 posti, ora possono accogliere anche 50 persone. Chi lavora con i turisti è un privilegiato, perché viene pagato in Cuc, una valuta che vale 22 volte la moneta nazionale e dà accesso a beni negati ai normali cubani.

“Ora i cubani sembrano molto più felici rispetto a qualche anno fa quando sono venuta l'ultima volta” mi racconta una ricercatrice italiana. “Hanno un obiettivo, uno stimolo, li vedi che sistemano casa e si ingegnano con nuove attività”. Nell'ultimo avamposto del socialismo reale, sta così emergendo una classe media, grazie anche alle recenti riforme per cui vengono rilasciate licenze per l'apertura di alcune attività commerciali private, si può finalmente permutare o vendere casa, acquistare un'auto. Certo, il processo è lento, perché per avviare un'attività occorrono capitali e cultura imprenditoriale.

Da tre anni anche i cubani possono entrare negli alberghi che prima erano riservati solo agli stranieri. Una vacanza al Varadero possono permettersela in pochi economicamente, ma prima era comunque vietato loro. Anche solo per turismo è ancora molto difficile uscire dal Paese, occorre una carta d'invito da parte di un cittadino straniero e bisogna chiedere un permesso d'uscita ufficiale, oltre a seguire un lungo e costoso iter burocratico. Una legge annunciata da Raul Castro un anno fa dovrebbe presto eliminare questi ostacoli. Il turismo a Cuba ha portato risorse ma anche un aumento della prostituzione e dell'Aids, prima sconosciuto sull'isola.

Le contrattazioni si svolgono in spiaggia o nei bar e molti clienti del sesso fanno su e giù dall'Italia da anni, trattenendosi con alcuni stratagemmi anche più del mese concesso come visto turistico. Nonostante i murales di Fidel sulle strade esaltino la Rivoluzione anche come rinascita morale, le famiglie cubane sono molto disgregate. Complice anche il sistema educativo che, per consentire a tutti di studiare, anche nei villaggi più lontani, ha implicato la creazione di collegi, per cui i figli spesso tornavano a casa solo il fine settimana.

Nel paese dove divorziare costa quanto una bottiglia di rum e bastano 24 ore, le unioni durano a volte il tempo di una sbronza, anche perché l'alcol porta molte famiglie alla rottura. La gente a Cuba è comunque sempre molto ospitale e capita di entrare nelle case e scambiare due parole. “Voi parlate tanto di crisi oggi, ma Cuba è da sempre in crisi!” oppure “Da noi ci sono solo due tipi di formaggio, quello bianco e quello giallo, quest'ultimo è quello bianco quando ha passato i tre giorni” o ancora “Dividere la ricchezza del Paese tra tutti è una buona idea, ma qui si sta ripartendo povertà!”.

Al cubano, insomma, non manca mai lo spirito giusto per andare avanti e altrimenti non si spiegherebbe il miracolo di quest'isola dove eccezionali meccanici fanno camminare le auto americane degli anni Cinquanta o quelle russe degli anni Sessanta. Medici straordinari curano anche nella scarsità dei mezzi e un buon piatto di congri (riso e fagioli neri) non manca quasi a nessuno.

Dal 30 marzo al 1 aprile Roma ospita “Timbalaye”, il Forum Internazionale sulla Rumba Cubana, a sostegno della candidatura della rumba cubana a Patrimonio Orale e Immateriale dell’Umanità dell’Unesco. Con il termine “rumba” si identifica un insieme di ritmi musicali e di danze portate a Cuba dagli schiavi africani. Essendo un ballo afro-cubano molto sensuale, la rumba fu spesso repressa e bandita poiché considerata oscena, ma oggi è considerata Patrimonio culturale di Cuba.

L’influenza africana a Cuba ha un’importanza straordinaria, sia come principio e fondamento della cultura cubana sia in sé stessa come cultura originale fortemente radicata che, contrariamente a quanto accaduto in altri Paesi dell’America Latina coinvolti nelle deportazioni di schiavi, mantiene qui inalterate le sue connotazioni e caratteristiche. Se la musica è una delle espressioni culturali più sentite, anche la letteratura è naturalmente molto importante, anche se nel caso di Cuba dobbiamo parlare di due letterature che procedono parallele dopo l'avvento di Fidel Castro: quella di chi rimane in patria e quella della diaspora. Sono molti gli scrittori di rilievo che hanno deciso di rimanere a Cuba e continuare in patria la propria attività.

Tra questi, Alejo Carpentier, uno dei più grandi narratori contemporanei in lingua spagnola, la cui casa natale all'Avana è oggi sede di una fondazione ed è aperta alle visite. Si trova proprio a pochi passi dalla Cattedrale e sullo stesso marciapiede de la Bodeguita del Medio, il bar preferito da Hemingway per bere il mojito. “A mio parere la vera letteratura cubana è quella della diaspora perché è la sola libera” spiega Gordiano Lupi, che collabora con La Stampa come traduttore del blog della dissidente cubana Yoani Sánchez (http://www.desdecuba.com/generaciony/).

In patria va di gran moda il romanzo poliziesco, la novela negra, come un po' in tutto il mondo, e il suo rappresentante più importante è Leonardo Padura Fuentes con il personaggio del Conde, un originale detective scrittore. Ricorderei anche il tema della vita quotidiana, approfondito dagli autori che vivono all'estero o che hanno il loro pubblico fuori dai confini della patria”. Per immergerci invece nell'Avana pre Rivoluzione nulla di meglio di “Chico e Rita”, di Javier Mariscal e Fernando Trueba che si è infatti aggiudicato il Goya 2011 come miglior film d'animazione.

Si tratta di una coproduzione anglo-spagnola, che ha richiesto la realizzazione, prima, di tutte le riprese del film dal vivo, con attori reali in location di Cuba, Spagna, Ungheria e Isola di Man, e poi un'enorme lavorazione per la trasformazione in cartone animato! Il film si apre con l'ambientazione all'Avana, anno 1948, e racconta la storia di Chico, giovane pianista, che sogna di diventare qualcuno nel jazz cubano, mentre Rita è una cantante. La musica è la protagonista della travagliata storia d'amore, che li vede passare dall'Avana ai palcoscenici di New York.

Fece discutere qualche anno fa un rapporto del Wwf Internazionale secondo cui Cuba era l'unico Paese al mondo in cui si poteva parlare di “sviluppo sostenibile”. L'assunto si basava sull'incrocio in un grafico di due dati, l'indice di sviluppo umano (elaborato dalle Nazioni Unite) e la cosiddetta “impronta ecologica”, ovvero quanta energia e risorse consuma un individuo. A sorpresa solo Cuba risultava vincente in entrambi i casi, grazie anche all'elevata aspettativa di vita e all'istruzione per tutti, che sono due primati della politica di Castro.


I bravi medici (ben uno ogni 170 abitanti) sono uno dei vanti dell'isola, così come l'istruzione, obbligatoria e assicurata a tutti fino ai 16 anni. Vero è che l'agricoltura biologica che caratterizza l'isola, più che una scelta è una necessità imposta dall'embargo statunitense che non consente l'arrivo di fertilizzanti e pesticidi. Cosa accadrà quando (speriamo presto) la situazione cambierà? Diverso è il discorso degli orti urbani, molto comuni anche all'Avana, che in alcuni quartieri forniscono fino al 30% dei consumi di frutta e verdura. Si tratta di una realtà molto importante, necessaria anche questa per sopperire alle mancanze dell'agricoltura su larga scala.

Viaggiando per il Paese si nota purtroppo l'esito dell'abbandono della monocoltura della canna da zucchero. Quando, 10 anni fa, hanno chiuso metà delle fabbriche di zucchero, questi campi sono stati in gran parte abbandonati e ora sono “desertificati” e invasi da un arbusto invasivo che è molto difficile tenere sotto controllo. In America centrale c'è un altro Paese che fa concorrenza a Cuba sul fronte ambientale, il Costa Rica, che sta lavorando per diventare entro il 2012 il primo Paese a emissioni zero.

In Costa Rica più del 95% dell'energia elettrica che si consuma viene prodotta da fonti rinnovabili e, secondo il World Database of Happiness, questo è il Paese più felice del mondo. Il Costa Rica è il terzo Paese con l'aria più pulita del mondo e l'unico ad aver protetto la maggior parte del proprio territorio, dato che circa il 30% è rappresentato da parchi naturali e riserve statali e più del 5% da aree protette private. Non a caso il X Forum internazionale dell'Informazione per la Salvaguardia della Natura, organizzato dall'associazione culturale di ispirazione cristiana Greenaccord, quest'anno avrà sede proprio a San José, la capitale, dal 30 ottobre al 3 novembre.

Il tema dell'incontro sarà il rapporto tra “capitale umano e capitale naturale”, in vista della costruzione di un'economia capace di futuro. “Ci auguriamo di essere all'altezza delle aspettative – afferma Alfonso Cauteruccio, presidente di Greenaccord - e di dar modo ai giornalisti invitati di sperimentare come realmente un'intera nazione possa porsi l'obiettivo il diventare “green”, valorizzando il proprio immenso capitale naturale, la propria biodiversità, la propria legislazione all'avanguardia”.

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