Se l'Italia sapesse almeno copiare, prendere esempio da chi sa fare meglio di noi... Come nel caso della cultura e della Francia. La Siae (la società che rappresenta gli autori e e gli editori) d'Oltralpe ha commissionato all'ente di ricerca EY uno studio sul valore economico del comparto cultura. Ha voluto sapere, cioè, quanto rende, in termini di fatturato, l'industria culturale nazionale presa nel suo complesso.
Il risultato è di enorme interesse: la cultura, in Francia, fattura 74 miliardi di euro l'anno, corrispondente al 4 per cento della ricchezza prodotta. Una cifra impressionante e sorprendente. Ma per coglierne appieno il valore, bisogna confrontarla con il fatturato di altri comparti, di altri settori industriali: quello dell'auto, ad esempio, fattura 60, 4 miliardi, quello delle telecomunicazioni 66,2, quello della chimica 68,7. Quindi: la cultura "vale", anche in termini economici, più di auto, telecomunicazioni, chimica...
Anche dal punto di vista occupazionale, i numeri sono notevoli: il comparto cultura impiega 7,1 milioni di persone, il 5 per cento della popolazione.
Per arrivare a queste cifre sono state considerate, come mai era stato fatto prima, tutte le imprese culturali, dall'editoria al cinema, dal teatro all'architettura, dall'arte ai videogiochi.
Qualche breve riflessione. Per realizzare un tale fatturato, occorre che ci sia anzitutto la consapevolezza del valore della cultura, in primis da parte dei cittadini tutti e delle classi dirigenti. È impensabile un risultato del genere senza investimenti e un'adeguata politica culturale.
Se questo studio è la più bella e netta smentita del luogo comune, secondo cui "con la cultura non si mangia", non bisogna dimenticare i riflessi sociali di un buon funzionamento del settore culturale in un Paese: la cultura fa crescere, apre la mente, crea occasioni d'incontro, ci apre al futuro radicandoci nella tradizione, insegna a dialogare, ci rende cittadini migliori, è una gioia della vita... E ci dà pure da mangiare! Più delle auto!