Gentile direttore, ho letto la lettera che avete pubblicato sul n. 16 di Famiglia Cristiana e online. Condivido il contenuto dalla prima a ll’ultima riga. Aggiungo soltanto che i Consigli pastorali e quelli economici soffrono, non poche volte, del “mal del clericalismo” e che poco o nulla sanno dei diritti- doveri che competono loro. In alcuni casi i nomi dei membri di ciascun Consiglio vengono comunicati alla fine della Messa, cogliendo di sorpresa gli stessi eletti, in quanto mai candidatura fu da essi presentata o più in generale richiesta (ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere...). Ritengo, pertanto, di poter affermare che le motivazioni ben espresse dalla lettrice abbiano spinto papa Francesco, con le sue catechesi del mercoledì, a ri-evangelizzarci per poter poi a nostra volta impegnarci in una Nuova Evangelizzazione. La Chiesa ha perso negli anni la spiritualità, che è l’elemento che la contraddistingue e le dà forza. Ha smarrito, cammin facendo, di conoscere lo Spirito Santo, «che è Signore e dà la vita». Prova ne è che la Pentecoste è una solennità che passa in assoluta assenza di rilevanza.
VANIA SANTILLI
Caro don Stefano, vorrei esprimere un mio parere sulla crisi della Chiesa. Qual è la molla, oltre alla fede nella Risurrezione di Gesù, che ha fatto sì che il Cristianesimo si diffondesse fra la popolazione nei primi secoli nonostante le persecuzioni romane e le invasioni barbariche? La carità, ossia l’onestà e la coerenza. L’onestà di comportarsi secondo i princìpi ispirati da questa nuova religione e la coerenza di non rinnegarli di fronte al pericolo delle persecuzioni, affrontando addirittura la morte. È questo che ha conquistato i Romani, prima, e i barbari, poi. Ed è all’onestà e alla coerenza che dobbiamo ritornare: portare il Cristianesimo fuori dai muri della Chiesa. La fede senza le opere è morta.
STEFANO MAGLIONE
Due lettere che danno benzina al nostro desiderio di dar voce ai lettori su questo scorcio di secolo che mette in mostra, insieme a tante forme innovative di essere Chiesa (di cui cerchiamo di darvi conto nella rubrica “Sinodo nelle comunità”), anche aspetti del vivere ecclesiale in profonda crisi. È indispensabile che ognuno maturi una propria riflessione e la condivida. È il senso del cammino sinodale che trova accoglienza nelle nostre pagine. Aggiungo solo due considerazioni. L’autoreferenzialità, e il clericalismo che ne deriva, è una forma di malattia spirituale, una vera piaga, che solo il Signore può curare. Ma bisogna volerlo Invocare lo Spirito Santo, “che è Signore” come recitiamo nel Credo, è solo il primo passo verso quella conversione pastorale a cui papa Francesco richiama soprattutto sacerdoti e vescovi. Ma occorre invocarlo per davvero, accettando che ci sconvolga la vita, che ci spogli dai privilegi per entrare nell’ottica del servizio. Una forma attuale e aggiornata di vivere la Pasqua come occasione di vita nuova. Da parte dei laici è necessario, invece, che si facciano presenti situazioni irregolari, come quelle citate da Vania. Riguardo a quanto scrive Stefano, aggiungo solo che ci fu un fattore, politico, che fu decisivo e che favorì il diffondersi del Cristianesimo: l’editto di Costantino del 313 d.C., che pose fine alle persecuzioni contro i cristiani e aprì al libero culto, dando inizio a quel lunghissimo tempo di “cristianità” che sta conoscendo in questo tempo la sua fine. Siamo in un’epoca nuova. Si apre un tempo pieno di novità.