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martedì 10 settembre 2024
 
 

Monsignor Silvagni: «si sta imponendo una dittatura culturale»

18/09/2013  Si vuole colpire la differenza sessuale. Quelle due parole, mamma e papà, madre e padre, in altri tempi considerate le più belle del mondo, sottintendono che per fare un figlio ci vogliono un uomo e una donna, che una famiglia è formata da marito e moglie.

«E’ solo il primo passo di un progetto coerente e lucido, che punta a cambiare la mentalità attraverso la modifica del linguaggio». Non si fa illusioni monsignor Giovanni Silvagni, vicario generale della Chiesa di Bologna. Altro che «tanto clamore per nulla». Cambiare due righe della modulistica della scuola dell’infanzia di per sé avrebbe ben poco rilievo. L’obiettivo è un altro.

«Si arriverà a dettare linee guida agli insegnanti, e i bambini che utilizzeranno un linguaggio inadeguato, parlando della mamma o del papà, verranno prima corretti poi redarguiti», continua don Giovanni, «col pretesto di evitare discriminazioni nei confronti di chi non ha la mamma o il papà o perché è orfano o per altri motivi».

In realtà si vuole colpire la differenza sessuale. Quelle due parole, mamma e papà, madre e padre, in altri tempi considerate le più belle del mondo, sottintendono che per fare un figlio ci vogliono un uomo e una donna, che una famiglia è formata da marito e moglie. Ed è questo che si vuole mettere in discussione, cominciando a cambiare il linguaggio, per far passare il concetto che ci possono essere due genitori dello stesso sesso.

«La tendenza purtroppo è questa, e lo dico da semplice cittadino», continua, «l’idea che si va affermando è che la differenza vada negata, come se non fosse una ricchezza». Arrivando all’assurdo che un bambino non possa parlare in classe del papà per non offendere un compagno che magari non ce l’ha.
«E’ persino ovvio che chi non ha il papà non deve sentirsi discriminato così come chi invece ce l’ha non deve considerare la cosa come un privilegio. E’ una questione di semplice rispetto dell’altro che non implica affatto il disconoscimento di se stessi».

«Questa mentalità è destinata a creare un impoverimento valoriale dalle conseguenze imprevedibili», conclude, «in modo strisciante si sta imponendo una dittatura culturale, a cominciare dalle aule frequentate dai più piccoli, e chi non si adeguerà sarà considerato fuori dalle regole».

 
 
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