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mercoledì 12 febbraio 2025
 
 

«Liberate Cutolo dal 41 bis»

05/08/2013  Il boss della Camorra è in carcere da 50 anni, da 21 in isolamento. Ora una petizione al ministro della Giustizia chiede che venga sottrato dal regime del carcere duro e gli siano applicate misure alternative più lievi. E scoppia la polemica

Niente più carcere speciale per il boss della camorra Raffaele Cutolo? Lo chiede una petizione online indirizzata al ministro di Grazia e Giustizia. L’iniziativa ha raccolto solo una manciata di adesioni, ma molte polemiche.

«La revisione del carcere duro per il boss sarebbe non solo la resa dello Stato, ma offrirebbe la possibilità della ricostruzione di un pericolo criminale vero, effettivo, concreto», ha subito dichiarato il procuratore Federico Cafiero De Raho, già magistrato dell'antimafia di Napoli.

Secondo il magistrato, infatti, Cutolo, nonostante i quasi 50 anni di carcere (di cui 21 in regime di 41 bis) «è in grado di ricostruire un assetto criminale nella camorra campana, e non solo. Farlo tornare in libertà significherebbe ipotecare pesantemente il futuro del contrasto alle mafie». Il procuratore fa riferimento anche al patto tra camorra, Br e pezzi dello Stato che si è saldato a partire dal sequestro del politico democristiano Ciro Cirillo. Chi sostiene la sospensione del carcere duro per Cutolo richiama le norme della nostra Costituzione sul valore rieducativo della pena e riapre il dibattito – mai sopito – sulle condizioni carcerarie di chi è sottoposto al 41 bis.

Una delle ultime denunce era arrivata anche dal carcere sardo Badu ‘e Carros (Nuoro): il boss dei casalesi, Antonio Iovine, lamentava di passare 20 ore su 24 segregato in una stanza tre metri per quattro con un gabinetto alla turca accanto al letto. Non è la prima volta che i criteri di applicazione del 41 bis (che sospende molte delle garanzie del regolamento carcerario) suscitano perplessità.

E dall’8 giugno 1992, quando all’indomani della strage di Capaci, il 41 bis è entrato in vigore, che l’opinione pubblica si divide tra quanti ritengono che sia uno degli strumenti più efficaci per combattere la criminalità organizzata e quanti invece lo ritengono una violazione dei diritti umani. Al 31 dicembre 2012, i detenuti sottoposti a questo regime erano 699, di cui 279 esponenti della camorra, 215 di Cosa nostra, 124 della ‘ndrangheta e il resto di altre organizzazioni criminali.

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