E’ morto a 60 anni, nella sua Napoli, Marcello D’Orta, l’autore di Io speriamo che me la cavo. Sessanta temi di bambini napoletani. Il libro che lo rese famoso nel 1990, vendendo oltre un milione di copie, da cui due anni dopo venne tratto il bellissimo film diretto da Lina Wertmuller e interpretato da un inedito Paolo Villaggio nei panni di un maestro del nNord trasferito, per sbaglio, in una scuola dell’ hinterland di Napoli.
Marcello d’Orta aveva insegnato per anni nelle scuole elementari delle zone più “sgarrupate” del napoletano, per dirla col linguaggio colorito e calzante dei suoi allievi. Proprio a una sessantina di temi degli alunni delle elementari di Arzano si era ispirato per il libro che, di colpo, portò sotto i riflettori il tema drammatico dell’abbandono scolastico.
Con le parole dei bambini e attraverso il loro sguardo il libro parla di tutti i mali del Sud, dalla camorra alla prostituzione, con un’ironia innata e con autentici squarci di poesia. Il titolo, tratto da uno dei temi, si riferisce a un’originalissima interpretazione dell’ Apocalisse, “la parabola di Gesù che io preferisco”. Il ragazzino racconta con un linguaggio sgrammaticato ma efficacissimo di quando “il mondo scoppierà, il cielo scoppierà e le stelle scoppieranno”. Quanto a lui, spera appunto di cavarsela, con quel misto di saggezza e di rassegnazione antica che ha reso il libro un classico della letteratura.
Dopo quel successo, il maestro D’Orta lasciò la cattedra ma continuò a considerarsi un insegnante, perché “quando lo si è fatto con passione maestro si rimane per tutta la vita”.
Marcello D’Orta era nato a Napoli il 25 gennaio del 1953. Veniva da una famiglia numerosa, aveva sette fratelli. Dal ’90 si è dedicato completamente al mestiere di scrittore. Tra i titoli pubblicati Dio ci ha creato gratis, Romeo e Giulietta si fidanzarono dal basso, I nonni se non ci fossero bisognerebbe inventarli.
Ha scritto fino alla fine. L’opera che stava ultimando era dedicata a Gesù.
“Mio padre è stato un credente che ha approfondito la sua fede in una maniera meravigliosa”, ha dichiarato il figlio Giacomo, sacerdote della congregazione dei Minimi di San Francesco.
Nel 2010 gli era stato diagnosticato un tumore. “Quasi certamente la colpa è della monnezza e quindi della mia malattia devo ringraziare la camorra”, dichiarò allora lo scrittore. Puntando il dito contro un’altra, attualissima, emergenza.