«La bancarotta della solidarietà e dell'umanità». Sono parole dure quelle che arrivano da Lesbo. Il primo a parlare è l'arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia Hieronymos: «Soltanto quelli che hanno incrociato lo sguardo di quei piccoli bambini che abbiamo incontrato nei campi dei rifugiati, potranno immediatamente riconoscere, nella sua totalità, la “bancarotta” dell’umanità e della solidarietà che l’Europa ha dimostrato in questi ultimi anni a queste persone e non soltanto a loro». E aggiunge: «Sono orgoglioso del popolo greco, che, anche se alle prese con le proprie difficoltà, sta contribuendo a rendere il Calvario dei rifugiati un po’ meno pesante, il loro cammino in salita un po’ meno duro».
Papa Francesco li chiama «fratelli e sorelle» e li rassicura: «Non siete soli. In questi mesi e settimane, avete patito molte sofferenze nella vostra ricerca di una vita migliore. Molti di voi si sono sentiti costretti a fuggire da situazioni di conflitto e di persecuzione, soprattutto per i vostri figli, per i vostri piccoli. Avete fatto grandi sacrifici per le vostre famiglie. Conoscete il dolore di aver lasciato dietro di voi tutto ciò che vi era caro e – quel che è forse più difficile – senza sapere che cosa il futuro avrebbe portato con sé. Anche molti altri, come voi, si trovano in campi di rifugio o in città, nell’attesa, sperando di costruire una nuova vita in questo continente».
Bergoglio ricorda lo scopo del viaggio: «Stare con voi e per ascoltare le vostre storie. Siamo venuti per richiamare l’attenzione del mondo su questa grave crisi umanitaria e per implorarne la risoluzione. Come uomini di fede, desideriamo unire le nostre voci per parlare apertamente a nome vostro. Speriamo che il mondo si faccia attento a queste situazioni di bisogno tragico e veramente disperato, e risponda in modo degno della nostra comune umanità».
Richiama la parabola del
buon samaritano, per sottolineare la misericordia di Dio, che si manifesta anche attraverso tutti coloro che in questi mesi si sono spesi per l'accoglienza. E chiede di non perdere la speranza: «Non perdete la speranza! Il più grande dono che possiamo offrirci a vicenda è l’amore: uno sguardo misericordioso, la premura di ascoltarci e comprenderci, una parola di incoraggiamento, una preghiera. Possiate condividere questo dono gli uni con gli altri».
Anche il patriarca Bartolomeo aveva ricordato che «Abbiamo viaggiato fin qui per guardar nei vostri occhi, sentire le vostre voci e tenere le vostre mani nelle nostre. Abbiamo viaggiato fin qui per dirvi che ci preoccupiamo di voi. Abbiamo viaggiato fin qui perché il mondo non vi ha dimenticato. Con i nostri fratelli, Papa Francesco e l’Arcivescovo Hieronymos, oggi siamo qui per esprimere la nostra solidarietà e il sostegno al popolo greco che vi ha accolto e si è preso cura di voi. E noi siamo qui per ricordarvi che - anche quando le persone ci voltano le spalle – “Dio è per noi rifugio e fortezza, nostro aiuto nelle angosce. E perciò non dobbiamo avere paura "».
Bartolomeo ricorda le guerre, la fame, le sofferenze, ricorda che «abbiamo pianto mentre vedevamo il Mediterraneo diventare una tomba per i vostri cari. Abbiamo pianto vedendo la simpatia e la sensibilità del popolo di Lesbo e delle altre isole. Ma abbiamo pianto anche quando abbiamo visto la durezza dei cuori dei nostri fratelli e sorelle - i vostri fratelli e sorelle – chiudere le frontiere e voltare le spalle. Coloro che hanno paura di voi non hanno guardato nei vostri occhi. Coloro che hanno paura di voi non vedono i vostri volti. Coloro che hanno paura di voi non vedono i vostri figli».
L'emigrazione è un problema del mondo, dice il patriarca e «il mondo sarà giudicato dal modo in cui vi ha trattato. Saremo tutti responsabili per il modo in cui rispondiamo alla crisi e al conflitto nelle vostre regioni di origine».
Al termine i tre leader hanno firmato una dichiarazione congiunta nella quale si riafferma l'impegno dei cristiani per aiutare tutti coloro che fuggono da guerre, fame, paure, che hanno bisogno di accoglienza.