Ero sul passante con mio figlio, 7 anni. Andavamo alla sua partita di calcio, ridevamo e facevamo pronostici. Poi un signore anziano e la figlia mi hanno chiesto la fermata per l’ospedale.
Lui mi ha appoggiato una mano rugosa sul ginocchio e mi ha detto: “Sa… mia figlia è un angelo. Sempre affettuosa, sempre attenta… quanto sono fortunato ad avere lei”. Lei si schermiva: “Me lo dice sempre, ma non deve. I genitori hanno fatto tutto per noi”. Mi scendevano le lacrime, io che non piango mai. Ma le ho detto: “Si prenda il grazie, signora, se lo tenga stretto”.
Mio figlio continuava a chiedermi che cosa era successo… Cercavo di far finta di niente ma pensavo a quanto avrei voluto sentire quella frase da mio padre, una volta nella mia vita. Adesso non c’è più tempo e tanto non l’avrebbe fatto. Duro, preso da sé stesso, convinto di aver fatto chissà che sacrifici. Ma ho paura di chiedermi: e se anche noi fossimo ricordati così?
BENIAMINO
Leggi la risposta di Renata Maderna
– Caro Beniamino, vorrei ricordarti che è Natale. Con tutte le differenze possibili, ci obbliga almeno a fare un pensiero nuovo, come accade – e tu lo sai bene – quando nasce un bambino. Non posso entrare nel tuo dolore ma proporti di lavorare sulla tua domanda sì. Neanche fosse facile, dirai tu. Ma alcuni passi si possono fare, ad esempio chiedendosi: qual è l’ultima volta che ho ringraziato mio figlio?
Oppure: se mi aspetto che un giorno abbia un pensiero di gratitudine nei miei confronti, a che cosa lo dovrò? Dimenticati le ore di sonno perse e il denaro speso. Loro, giustamente, non ricordano le prime e danno per scontato il secondo.
Direi che assolversi facilmente non serve, anche se avere in mente un esempio negativo, talvolta, aiuta, ma nemmeno esagerare con i dubbi. Soprattutto quando si ha un figlio di 7 anni che, ti assicuro, almeno delle risate prepartita si ricorderà per sempre.