«È angosciante che il mondo stia imparando la geografia dell’Ucraina attraverso nomi come Bucha, Irpin, Mariupol, Izium, Zaporizhzhia e altre località, che sono diventate luoghi di sofferenze e paure indescrivibili. E che dire del fatto che l’umanità si trova nuovamente davanti alla minaccia atomica? È assurdo». L'Angelus di domenica 2 ottobre, che papa Francesco ha voluto dedicare tutto alla sanguinosa guerra nell'Europa orientale, richiama alla mente numerosi interventi fatti dai Pontefici nel recente passato. Tanti gli interventi della Chiesa cattolica, scritti o a voce, fatti contro quella che rappresenta l'arma di distruzione di massa per eccellenza.
Pio XII
Il primo a intervenire con decisione, come ebbe modo di ricordare oltre un anno e mezzo fa il sito Vatican News fu Eugenio Pacelli. La bomba atomica, disse Pio XII l’8 febbraio 1948, «è la più terribile arma che la mente umana abbia, fino ad oggi, ideata». Il 24 dicembre del 1955, nel radiomessaggio a tutto il mondo in occasione del Natale, papa Pacelli descrisse così i «processi di disintegrazione nucleare»: «questa energia si trasmette all’atmosfera, e nel giro di millesimi di secondo eleva di centinaia di gradi la temperatura delle masse d’aria circostanti, producendo un loro spostamento violento, che si propaga con la velocità del suono. Si hanno sulla superficie della terra, nella estensione di molti chilometri quadrati, processi di inimmaginabile violenza, con la volatilizzazione di materiali e distruzioni totali dovute all’irraggiamento diretto, alla temperatura, all’azione meccanica, mentre una enorme quantità di materiali radioattivi di vita media diversa completano e continuano la rovina con la loro attività».
«Non vi sarà alcun grido di vittoria, ma soltanto l’inconsolabile pianto della umanità», concluse Pacelli, «che desolatamente contemplerà la catastrofe dovuta alla sua stessa follia».
GIOVANNI XXIII
Il 25 ottobre del 1962, pochi giorni dopo l’apertura del Concilio Vaticano II, il mondo fu sull’orlo della terza guerra mondiale. Mosca e Washington sembravano ad un passo dall’utilizzo della bomba atomica. Papa Giovanni XXIII lanciò un appello per scongiurare l'apocalisse in seguito alla crisi dei missili di Cuba: «Nubi minacciose - afferma il Pontefice dai microfoni della Radio Vaticana - oscurano nuovamente l’orizzonte internazionale e seminano la paura in milioni di famiglie».
La crisi venne superata, ma la minaccia nucleare rimase un cielo chiuso da nubi nere che oscurava il presente e il futuro dell’umanità. Nella lettera enciclica Pacem in terris (11 aprile 1963), papa Roncalli ricordò che “gli esseri umani vivono sotto l’incubo di un uragano che potrebbe scatenarsi ad ogni istante con una travolgenza inimmaginabile”.” La sola continuazione degli esperimenti nucleari a scopi bellici” può avere “conseguenze fatali per la vita sulla terra”. “Per cui giustizia, saggezza ed umanità domandano che venga arrestata la corsa agli armamenti, si riducano simultaneamente e reciprocamente gli armamenti già esistenti; si mettano al bando le armi nucleari; e si pervenga finalmente al disarmo integrato da controlli efficaci”.
PAOLO VI
«Mai più la guerra». Indelebile il ricordo di Paolo VI all'Onu. Era il 4 ottobre 1965. Giovanni Battista Montini parlò in francese. «Non si può amare con armi offensive in pugno. Le armi, quelle terribili. specialmente, che la scienza moderna vi ha date, ancor prima che produrre vittime e rovine, generano cattivi sogni, alimentano sentimenti cattivi, creano incubi, diffidenze e propositi tristi, esigono enormi spese, arrestano progetti di solidarietà e di utile lavoro, falsano la psicologia dei popoli». Il Pontefice esortò a "cambiare la storia futura del mondo" e pronuncia parole purtroppo ancora attuali:
Una data incoraggiante ma non risolutiva fu quella del primo luglio del 1968. Venne approvato il Trattato di non proliferazione nucleare. Prevede che gli Stati in possesso di armamenti nucleari si impegnino a non cedere a terzi materiale fissile e tecnologia nucleare. Pochi giorni prima dell’approvazione del Trattato, il 24 giugno del 1968, rivolgendosi al Sacro Collegio , nella festa di San Giovanni Battista, Paolo VI ribadisce l’urgenza di “arrestare la corsa agli armamenti nucleari”. «Sappiamo che l’Accordo, a giudizio di molti, ha in sé numerose limitazioni, che trattengono alcuni Governi dal darvi la loro incondizionata adesione. Ma esso si presenta pur sempre come un primo passo, indispensabile, verso ulteriori misure nel campo del disarmo, fino - Noi lo auspichiamo e lo imploriamo di nuovo, a nome dell’umanità intera - al bando totale delle armi nucleari ed al disarmo generale e completo". Nel 1978 alcuni passi sono stati compiuti, ma il mondo è ancora minacciato dai venti della “guerra fredda”».
Papa Montini inviò un messaggio al Presidente e ai delegati delle Nazioni Unite riuniti in assemblea plenaria a New York. «L'armamento nucleare - si leggeva nel documento - è la minaccia più paurosa che grava sull'umanità. Mentre apprezziamo altamente le iniziative prese sinora in questo settore, non possiamo che incoraggiare tutti, e in particolare i Paesi che ne hanno maggiore responsabilità, a continuarle ed ampliarle, avendo come scopo finale l'eliminazione totale dell'arsenale atomico».
GIOVANNI PAOLO II
Ed ecco Karol Wojtyla. Nel 1980 Giovanni Paolo II, rivolgendosi all’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (Unesco), ricordò che “ragioni geopolitiche, problemi economici di dimensione mondiale, terribili incomprensioni, orgogli nazionali feriti, il materialismo e la decadenza dei valori morali hanno condotto il nostro mondo ad una situazione d'instabilità, a un equilibrio fragile”. Un anno dopo, il 25 febbraio del 1981, papa Wojtyła incontrò scienziati e rappresentanti dell’Università dell’Onu a Hiroshima, dove “i fatti parlano da sé, e in maniera drammatica, indimenticabile e unica”. "Hiroshima e Nagasaki: pochi avvenimenti nella storia - sottolineò - hanno avuto le stesse conseguenze sulla coscienza dell’uomo".
«La mente umana fece, in realtà, una scoperta terribile. Noi ci rendemmo conto con orrore che l’energia nucleare sarebbe stata, da allora in poi, disponibile come arma di devastazione; e di fatto allora apprendemmo che questo terribile strumento era stato usato, per la prima volta, a scopi militari».
«Il nostro futuro su questo pianeta, esposto com’è al rischio dell’annientamento nucleare, dipende da un solo fattore: l’umanità deve attuare un rivolgimento morale. Nell’attuale momento storico ci deve essere una mobilitazione generale di tutti gli uomini e donne di buona volontà. L’umanità è chiamata a fare un ulteriore passo in avanti, un passo verso la civiltà e la saggezza».
BENEDETTO XVI
È “funesta” e “fallace” la prospettiva di quei governi che misurano la loro forza e la loro sicurezza sulle armi atomiche. È invece la strada del disarmo quella che il mondo deve perseguire. Anche Benedetto XVI ebbe modo di sottolineare, in diverse occasioni, che le armi nucleari condizionano il futuro dell’umanità. Durante l’udienza generale del 5 maggio del 2010, ricordò, ad esempio, che due giorni prima, il 3 maggio, si sono aperti a New York i lavori dell'ottava Conferenza di Esame del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari. E lancia un appello affinché si realizzi una vera era di pace, libera dalla minaccia atomica.
«Il processo verso un disarmo nucleare concertato e sicuro è strettamente connesso con il pieno e sollecito adempimento dei relativi impegni internazionali. La pace, infatti, riposa sulla fiducia e sul rispetto degli obblighi assunti, e non soltanto sull'equilibrio delle forze. In tale spirito, incoraggio le iniziative che perseguono un progressivo disarmo e la creazione di zone libere dalle armi nucleari, nella prospettiva della loro completa eliminazione dal pianeta. Esorto, infine, tutti i partecipanti alla riunione di New York a superare i condizionamenti della storia e a tessere pazientemente la trama politica ed economica della pace, per aiutare lo sviluppo umano integrale e le autentiche aspirazioni dei Popoli».
Setsuko Thurlow, sopravvissuta alla bomba atomica sganciata dagli Stati Uniti d'America a Nagasaki, incontra papa Francesco in Vaticano il 20 marzo 2019. Foto Ansa.
FRANCESCO
Seguendo le orme dei suoi predecessori, papa Francesco ha più volte indicato la strada del disarmo. Il 2017 è stato un punto di svolta. Il 7 luglio di quell'anno una Conferenza delle Nazioni Unite adottò un Trattato, primo accordo legalmente vincolante che vieta lo sviluppo, i test, la produzione, l'immagazzinamento, il trasferimento, l'uso e la minaccia delle armi nucleari. Nel novembre 2017, in Vaticano, si svolse un incontro sul disarmo.
«È un dato di fatto», disse in quell'occasione Jorge Mario Bergoglio, «che la spirale della corsa agli armamenti non conosce sosta e che i costi di ammodernamento e sviluppo delle armi, non solo nucleari, rappresentano una considerevole voce di spesa per le nazioni, al punto da dover mettere in secondo piano le priorità reali dell’umanità sofferente: la lotta contro la povertà, la promozione della pace, la realizzazione di progetti educativi, ecologici e sanitari e lo sviluppo dei diritti umani. Non possiamo poi non provare un vivo senso di inquietudine se consideriamo le catastrofiche conseguenze umanitarie e ambientali che derivano da qualsiasi utilizzo degli ordigni nucleari. Pertanto, anche considerando il rischio di una detonazione accidentale di tali armi per un errore di qualsiasi genere, è da condannare con fermezza la minaccia del loro uso, nonché il loro stesso possesso, proprio perché la loro esistenza è funzionale a una logica di paura che non riguarda solo le parti in conflitto, ma l’intero genere umano. Le relazioni internazionali non possono essere dominate dalla forza militare, dalle intimidazioni reciproche, dall’ostentazione degli arsenali bellici. Le armi di distruzione di massa, in particolare quelle atomiche, altro non generano che un ingannevole senso di sicurezza e non possono costituire la base della pacifica convivenza fra i membri della famiglia umana, che deve invece ispirarsi ad un’etica di solidarietà. Insostituibile da questo punto di vista è la testimonianza degli Hibakusha, cioè le persone colpite dalle esplosioni di Hiroshima e Nagasaki, come pure quella delle altre vittime degli esperimenti delle armi nucleari: che la loro voce profetica sia un monito soprattutto per le nuove generazioni!».
Sempre nel 2017 il Premio Nobel per la pace fu assegnato all'Ican (International campaign to abolish nuclear weapons), la Campagna internazionale per la messa al bando delle armi nucleari fondata a Melbourne nel 2007, alla quale hanno via via aderito oltre 400 organizzazioni. La sua coordinatrice, Beatrice Fihn, partecipò al simposio a Roma, in Vaticano. Circa due anni dopo, papa Francesco andò in Giapppone. Durante quel suo viaggio apostolico, in occasione del discorso al Memoriale della Pace ad Hiroshima del 24 novembre 2019, Jorge Mario Bergoglio ricordò che «l’uso dell’energia atomica per fini di guerra è, oggi più che mai, un crimine non solo contro l’uomo e la sua dignità, ma contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune”.
«L’uso dell’energia atomica per fini di guerra è immorale, come allo stesso modo è immorale il possesso delle armi atomiche, come ho già detto due anni fa. Saremo giudicati per questo. Le nuove generazioni si alzeranno come giudici della nostra disfatta se abbiamo parlato di pace ma non l’abbiamo realizzata con le nostre azioni tra i popoli della terra. Come possiamo parlare di pace mentre costruiamo nuove e formidabili armi di guerra? Come possiamo parlare di pace mentre giustifichiamo determinate azioni illegittime con discorsi di discriminazione e di odio?»
Domande che ancora oggi, nonostante i tragici giorni vissuti ad Hiroshima e Nagasaki, continuano ad interpellare l’uomo e la sua coscienza. Come l’immagine ritratta in una foto scattata nel 1945 che papa Francesco ha voluto farla riprodurre su un cartoncino. Ritrae un bambino di 10 anni che trasporta sulle spalle il cadavere del fratellino rimasto ucciso dopo lo scoppio della bomba atomica a Nagasaki.
Dopo la tragedia della bomba atomica vissuta nel 1945 a Nagasaki ed Hiroshima "non possiamo permettere che le attuali e le nuove generazioni perdano la memoria di quanto accaduto, memoria che è garanzia e stimolo per costruire un futuro più giusto e fraterno". "In un'unica supplica, aperta a Dio e a tutti gli uomini e donne di buona volontà, a nome di tutte le vittime dei bombardamenti, degli esperimenti atomici e di tutti i conflitti, eleviamo insieme un grido - fu l'appello lanciato in Giappone nel 2019 da papa Francesco -: Mai più la guerra, ma più il boato delle armi, mai più tanta sofferenza! Venga la pace nei nostri giorni, in questo nostro mondo". Ma il pontefice lancia un monito diretto alle grandi potenze che stanno abbandonando il multilateralismo e che cercano di sfilarsi dai Trattati, come quello sul divieto delle armi nucleari. "Con convinzione desidero ribadire che l'uso dell'energia atomica per fini di guerra è, oggi più che mai, un crimine"; "l'uso dell'energia atomica per fini di guerra è immorale ma anche il possesso è immorale, come avevo detto due anni fa", ha sottolineato Bergoglio riferendosi allo storico appello lanciato in Vaticano nel 2017.
"Saremo giudicati per questo", avvertì Francesco. A Nagasaki, in particolare, le immagini del Pontefice in silenzio sotto il monumento dedicato alle vittime fecero il giro del mondo, Una pioggia incessante aveva investito il luogo delle celebrazioni ma questo non fece desistere i tanti giapponesi che avevano voluto essere presenti a quel momento storico. Nagasaki è un luogo che "ci rende più consapevoli del dolore e dell'orrore che come esseri umani siamo in grado di infliggerci", aveva detto il Papa nella cittadina giapponese che subì, dopo solo tre giorni, il destino di Hiroshima. Francesco definì l'orrore vissuto da questa gente "indicibile". Nel parco c'è anche quella foto che lui stesso ha 'adottato' da diversi anni, distribuendola in diverse occasioni: un bambino con il fratellino morto sulle spalle che aspetta il suo turno al forno crematorio. Papa Francesco ha salutato la moglie e il figlio del fotografo Joe O'Donnell, autore della foto-simbolo della tragedia. "Il frutto della guerra" è il commento apposto da Bergoglio a quell'immagine. Ad Hiroshima il momento più commovente è il rintocco lento delle campane in un silenzio toccante, di rispetto per le vittime ma anche tuttora intriso del dolore di una tragedia che ha toccato profondamente l'umanità. "Faccio memoria qui di tutte le vittime e mi inchino davanti alla forza e alla dignità di coloro che, essendo sopravvissuti a quei primi momenti, hanno sopportato nei propri corpi per molti anni le sofferenze più acute e, nelle loro menti, i germi della morte che hanno continuato a consumare la loro energia vitale. Ho sentito il dovere - usa questa parola il Papa - di venire in questo luogo come pellegrino di pace".
Una pace che adesso è l'obiettivo principale degli interventi che punteggiano l'evolvevrsi dellaguerra in Ucraina. Fino all'Angelus del 2 ottobre.