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mercoledì 09 ottobre 2024
 
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A Parigi la guerra dei barbari e dei mercenari

14/11/2015  Sullo sfondo degli attacchi terroristici rivendicati dall'Isis il mai risolto problema delle banlieues, con frange giovanili allo sbando e tentate dalle sirene dell’Islam violento e un modello di società che non aiuta l'integrazione

Da Parigi. «Fluctuat nec mergitur», hanno scritto sui muri di Place de la République dopo i massacri del Bataclan e del Boulevard Voltaire. «È sballottata, ma non affonda» : il vecchio motto della città – che i parigini ripetono ora come un mantra – suona però troppo ottimistico. Perché, se non affondata, Parigi questa volta è stata colpita al cuore, con attentati di una gravità senza precedenti. Come senza precedenti, negli ultimi cinquant’anni, è lo stato di emergenza decretato in tutto il Paese dal presidente Hollande. «Siamo in guerra», si ripete nei palazzi della politica.

Una guerra che Daech ha dichiarato non solo allo stato francese (e all’Europa), ma ai francesi inermi, ai cittadini che un venerdì sera si divertono allo stadio, in pizzeria o in una sala da concerti. Non ci sono luoghi simbolici questa volta tra i bersagli colpiti dai terroristi. Non ci sono personalità pubbliche. L’intento è di seminare terrore indiscriminato, tra cittadini «normali»: un salto di qualità, un passo in più nell’inferno della barbarie. E un messaggio sinistro ai dirigenti del mondo occidentale a non intromettersi nella faccende siriane, a non ostacolare l’avanzata dell’Esercito Islamico nel Medio Oriente in fiamme. Sullo sfondo, il mai risolto problema delle banlieues, con frange giovanili allo sbando e tentate dalle sirene dell’Islam violento, tra orgoglio identitario e odio per un modello di società che non facilita più l’integrazione di chi proviene da altre culture. Perché questo è il bacino in cui pesca Daech. Ed è questa nebulosa vasta a imprevedibile a fare oggi paura. E a fornire un solido alibi al rigetto dell’Islam e dei musulmani. Il Front National e i propagandisti dell’apocalisse soffiano sul fuoco di questa paura per miseri tornaconti elettorali. Ma non è una guerra di civiltà. E men che mai guerra di poveri. È la guerra di barbari e di mercenari che godono di mezzi, coperture, complicità da parte di regimi «rispettabili» e con i quali l’Occidente dovrà prima o poi confrontarsi se, come diceva il generale de Gaulle, vorrà capire qualcosa del complicato Oriente. E sfuggire così alla spirale dell’odio. E del terrore.      

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